Zoltan Pesko

Infaticabile Pe?sko. Con un mix di cortesia, destrezza, umorismo e sicurezza, il direttore magiaro, all’Opera per la ripresa dell’Omaggio a Fokine-Nijinskij (Jeux di Debussy, le Sacre du printemps di Stravinskij, ma Shéhérazade è nuovo) sommuove l’orchestra. Si lucidano archi e legni, cantano senza urlare gli ottoni, mentre sul palco la danza dà figura e moto alla musica. Il Rimskji-Korsakov di Shéhrézade è un oriente sensuale senza erotismi, vola (lo fa realmente il giovane Nikolai Tsiskaridze) nell’esotico così caro al tardoromanticismo e alla impagabile tavolozza orchestrale di Rimskji; per poi passare al fluttuare di Debussy, vera aurora del Novecento e alla “brutalizzazione della storia” del Sacre, dai ritmi sanguinari che annientano millenni di civiltà. Pe?sko spinge l’orchestra ad ampie falcate, implacabile nell’equilibrio sonoro, attento alla vita “sul palco” dove la policromia musicale diventa insieme favola, riflessione, bellezza. E ci si convince ancora: siamo di fronte ad un grande interprete. Fuori, per fortuna, dalle adulazioni mediatiche. M.D.B.

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