W la diversità

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Una marea di bambini si accalcavano in Via Leogra, all’entrata della sede della seconda direzione didattica statale di Padova, provenienti da cinque diverse scuole della zona. Sorridevano eccitati, ma anche distesi, come sanno esserlo gli scolari quando la fine della scuola si preannuncia vicina e si raccolgono ormai i frutti di giorni di impegno, anche attraverso le parole accoglienti della loro dirigente scolastica. Anche gli insegnanti avevano un aspetto rilassato che accompagnava la soddisfazione per quel momento tanto atteso: la conclusione di un lungo lavoro di educazione interculturale, curato con passione dall’insegnante referente e realizzato con sensibilità da uno staff di docenti. Infatti il concorso, che aveva visto impegnati i bambini italiani e stranieri, dalla scuola dell’infanzia alla quinta elementare, era nato dopo aver guardato bene negli occhi quei bambini: occhi a mandorla, occhi nerissimi, su un incarnato chiaro, dolci sguardi dal sapore di altopiani asiatici, candidi sorrisi su un visetto scuro quanto luminoso come un’alba africana… E ancora dall’Europa dell’est treccioline biondissime, decoro di pupille curiose e dall’alfabeto così difficile, ricciolini fitti e neri a cornice di una voglia infinita di gioco, di musica araba e di canto, manine di tutte le gradazioni della fantasia della tavolozza dell’umanità. Ignorando le guerre, la fame, le malattie, le ingiustizie? No. La ricerca di questi bambini sulla realtà multiculturale delle loro scuole ha attraversato la realtà così com’è. Così era nato quel titolo: Nella pluralità l’unità. Dopo aver osservato il loro lavori pittorici, letto i loro pensieri, le loro elaborazioni fantastiche sulla esperienza dell’incontro con i compagni stranieri, mi ero accorta quanto fosse difficile scegliere dei vincitori, poiché tutti lì mi sembrava avessero vinto qualcosa di essenziale per la loro maturazione socio-affettiva. Ma non solo! Mi è balzato vivo all’animo quanto fosse facile seminare la pace nei bambini, recettivi osservatori della vita ma anche severi giudici dei comportamenti adulti. Per esempio: cosa serve a ciascun bambino che vede la luce del sole? È così semplice! Una mamma che lo difenda dalla paura e dalla solitudine, insomma che gli dia sollievo e sicurezza! È il tesoro che svela l’avventura di un amico di colore, illustrata dai bambini più piccoli della scuola dell’infanzia, dove la tenerezza che sprigionano quei segni- bambini si fonde con gli accostamenti di sfumature festose nella foresta… in cerca della mamma, qualunque sia il colore della sua carezza! Viva la diversità Dalla poesia dei piccoli si spazia ai temi dei più grandicelli che sperimentano la difficoltà di immersione nella lingua, anche scritta, dei loro compagni rumeni e cinesi appena arrivati a scuola. Provano simpaticamente a mettersi nei loro panni, tuffandosi poi comunque nella fiaba orientale, o nelle tradizioni legate al ciclo della semina e della raccolta, traducendo per loro la canzone Per fare un albero. O ancora si fanno raccontare dai loro compagni rom e da un loro mediatore culturale i misteri della cultura, e poi immaginano di essere loro stessi dei bambini rom, secondo le loro leggende più fantasiose, ma anche secondo la realtà di tutti i giorni. Ho cercato di individuare la retorica, ma niente è scontato: tutto è filtrato dalla quotidianità più concreta fatta di percezioni e di esperienze dense di umanità o problematiche, vissute sulla propria pelle. Acrostici, simbolismi e poesie caratterizzano i lavori di altri gruppi di bambini che si appassionano al tema della diversità come valore, fanno esplodere una notevole carica creativa, non senza qualche nota umoristica. Qualcuno anche si cimenta con le rime: Nel mondo ci sono bambini/ grandi, piccini, lontani, vicini./ Diverso è il nostro colore,/ ma tutti amiamo la pace e l’amore./ Diverse sono le nostre tradizioni,/ ma tutti proviamo le stesse emozioni,/ diverse sono le nostre religioni/ ma ovunque sogniamo/ che tutti sian più buoni./ Tanti bambini ci sono nel mondo/ che vorrebbero fare un gran girotondo,/ un arcobaleno di mille colori/ che insegni ai grandi i veri valori. Qualche lavoro ha la caratteristica di un articolo giornalistico o di un microtrattato di sociologia, in cui alcuni bambini di quarta e quinta si sono posti delle domande interessanti a cui poi hanno cercato delle risposte sensate e faceva meraviglia il loro buon senso, frutto del lavoro di confronto e di ricerca a scuola: perché il razzismo? Perché ci spaventa o ci piace la diversità? Perché è bello viaggiare e conoscere gli altri popoli? Come capire le altre religioni? le altre culture? E le ricette di cucina più particolari? E poi più nel concreto, si sono confrontati in carteggi con botta e risposta fra bambini di diversi continenti: Cara Keren, è solo una settimana che sei partita, ma già mi manchi! Anche se hai sempre desiderato tornare nel tuo paese, ti manca l’Italia? Ti manco io? Io non faccio che pensare a quanto sia ingiusto che non ci sia per tutti i bambini del mondo il rispetto per i loro diritti. Ed è per questo che altri scolari hanno elaborato manifesti, con cui tappezzare le strade, se fosse possibile, rispettosi delle regole pubblicitarie che fanno leva sui desideri più inconsci delle persone. Diciamoci la verità: vivere in una società interculturale, dove gli uomini, le famiglie, i bambini socializzano, è difficile se gli uomini rendono questa avventura sofferta con i loro comportamenti dettati dal pregiudizio e dalla cattiva volontà, ma diventa facile se da ambedue le parti si rispettano le regole di un gioco che vede l’uomo al centro delle azioni e degli interessi, a cominciare dalla realtà scolastica. Diversi da chi? Non senza qualche nostalgia per il paese lasciato alle spalle, che ispira ai bambini stranieri numerosi testi, ma anche versi di una inaspettata dolcezza: Mi trasporta la musica/ al ricordo del paese lontano/ dove io posso danzare libera nel vento…/ Là mi sento a casa,/ come i pesci che nuotano nel mare. E poi comunque sorridono a sentir raccontare le probabili avventure che i loro compagni hanno creato per giustificare come l’amicizia fa la forza, il mito delle varie razze, il mondo uguale nella diversità scomodando maghi, cavalieri e draghi… O per entrare in empatia immaginando di essere la mia compagna straniera o frugando nella magia di un amico. Con una puntata sulla diversità, vista con una tenerezza speciale e con un’accusa: non sempre il diverso (diverso da chi?) è ben accolto. Spesso denunciano i comportamenti difficili di coloro che, bambini o adulti, si difendono dalla diversità, con l’aggressione verbale o comportamentale, creando barriere e rifiuto e collaborando così essi stessi a preparare il terreno alla difficile integrazione dei diversi. I bambini stranieri di un altro gruppo raccontano nella loro lingua materna l’avventura del loro inserimento nella scuola italiana, accompagnando i fatti con le confidenze dei sentimenti provati e condividendo il cammino con il loro compagno diversamente abile: Quando sono arrivato in Italia il primo amico che mi sono fatto è stato lui. Io non sapevo i nomi dei miei compagni, allora lui mi ha detto il suo e mi ha aiutato a conoscere gli altri. Anche gli altri si soffermano su quella presenza ricca di vita: Quando devo aiutarlo all’inizio non ho voglia, poi apro la porta di me stesso e del mio cuore e ci veniamo incontro. Per me stare con lui è bello, anche se è impegnativo… Se litigo con qualcuno basta che vada da lui e mi tranquillizzo. È come un antistress. Cammina, cammina… Il concorso sulla pluralità come valore ha portato un altro gruppo ad incontrarsi con le emozioni, così comuni ai bambini e ai grandi di tutti i continenti e di tutte le razze. Saperle riconoscere ed esprimere, però, non è sempre facile. È necessario farsi attenti, spegnere la tv, il cellulare e quant’altro ci impedisca di ascoltarci e di ascoltare l’altro, qualsiasi espressione voglia comunicarci, in qualunque angolo del mondo voglia portarci con il suo pianto o il suo sorriso, per incontrarsi col noi che siamo e di cui diventiamo consapevoli. Questi bambini hanno avuto la possibilità di conoscere insieme le loro capacità o le loro debolezze, imparare l’importanza di saper individuare ed esprimere i loro sentimenti, le loro paure, i dubbi, le gioie o le delusioni, in qualsiasi lingua: in una parola farsi attenti ai messaggi, che spesso non si servono della parola, ma del gesto, dell’espressione del viso… Il sentiero è tracciato Chi ha vinto il concorso? Ormai non me lo ricordo più. A me pare che abbiano vinto proprio tutti. E i premi? Ai bambini sono stati regalati giochi? No. Cellulari? Neppure. Viaggi in luoghi esotici e lontani? No, a quelli penseranno proprio loro, i ragazzi, leggendo i numerosi libri vinti con il concorso stesso. In effetti avevo potuto già costatare quanto questi scolari fossero fortissimi lettori, capaci di mettere simpaticamente in imbarazzo anche gli autori che periodicamente ospitano. Dunque, il sentiero è stato ormai ben tracciato. Come in molte altre scuole italiane, anche nel Petrarca, Mazzini, Leopardi, Mantegna di Padova nulla potrà essere più come prima. Con il nuovo anno scolastico chissà quali avventure ancora attendono questi scolari e tutti gli altri che imparano fra i banchi cosa significhi saper vivere bene insieme.

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