Voglia di nuova classe politica

Le elezioni amministrative hanno evidenziato la volontà di cambiamento degli italiani. Serve una nuova classe politica, capace di cogliere davvero le necessità della gente
Elezioni amministrative

Vittoria (o boom?) dei “grillini”, crollo del Pdl, tenuta del Pd, evanescenza del Terzo polo, successi personali sganciati dai partiti (vedi Tosi e Orlando). Tutto è stato detto sul risultato delle elezioni amministrative ma lo scandaglio andrà avanti ancora a lungo perché sono praticamente inesauribili le prospettive da cui avviare l’analisi. Un punto fermo che non andrebbe mai accantonato è che si tratta di elezioni di amministrazioni locali, dove gioca un ruolo decisivo la persona del singolo candidato, dove la partecipazione – a volte il protagonismo – della cittadinanza è presente nelle tante liste civiche (il 61 per cento del totale), dove il rapporto con i candidati ancora ha un peso, così come, per dirla tutta, ancora ha un peso anche il partito-apparato.
 
Non si può quindi proiettare sul generale il risultato particolare. Le elezioni politiche, cioè, sono sempre un’altra storia. Detto questo, sarebbe sciocco negare che anche queste elezioni, pur nella loro limitata portata, contengono chiari messaggi alla politica nazionale. Il più negativo riguarda il vuoto spaventoso in cui di colpo si ritrova l’area di centrodestra. Per un Paese come l’Italia, che tendenzialmente “guarda a destra” (per quel che può ancora significare questa parola),è un problema sistemico: vuol dire spostare innaturalmente la rappresentanza politica verso l’area opposta, come frutto cioè di astensionismo o scelte di ripiego, anziché di regolare competizione. È quindi necessario colmare quel vuoto, ma è molto difficile che ce la possa fare il Pdl. L’Udc, dal canto suo, con la lucida analisi del leader Pierferdinando Casini, ha già mostrato di capire che l’opera non è alla sua portata: una diagnosi precisa; che manca però di terapia.
 
E in effetti la cura non è facile, perché l’altro messaggio, che sta dietro il crollo del centrodestra, riguarda la sfiducia nella classe politica attuale, intesa come personale (ormai usurato) e organizzazione partitica che ne deriva. La critica naturalmente si estende un po’ a tutti i partiti: sarebbe un’illusione per il Pd pensare di essersela cavata e di poter affrontare le elezioni politiche con l’assetto attuale o presentare agli italiani la “foto di Vasto” (l’alleanza Bersani-Di Pietro-Vendola) come proposta di governo.
 
Dalla società sale un’altra domanda, che è poi quella attorno alla quale si sono determinate vittorie e sconfitte anche alle amministrative. Essa riguarda la capacità dei politici di essere un tutt’uno con il loro popolo, ora chiamato a grandi sofferenze e sacrifici e che vorrebbe da chi li governa una leadership capace di empatia e condivisione. Elementi che, per quanto superficialmente, si ravvisano con immediatezza in figure “normali” e dal linguaggio diretto come i candidati del Movimento 5 Stelle (per lo più lontani dalle smodatezze di Grillo), o il sindaco senza spocchia Tosi, o il sindaco rieletto con larga maggioranza a Lecce, un pidiellino dallo stile partecipativo e dialogante.
 
E invece, al posto dell’empatia e della condivisione, cosa mostra nei fatti (altra cosa sono le parole) la gran parte dei partiti tradizionali? Denaro che cade – copioso – a pioggia, incapacità di approvare le riforme, ostentazione di privilegi… Non può più andare. Ce ne siamo accorti definitivamente, credo, la sera stessa dello spoglio, quando l’irruzione dell’aria nuova spazzava via la vecchia e i volti dei soliti noti che pontificavano in tv, suscitando non poco imbarazzo, apparivano di colpo nella loro irrimediabile vecchiezza.
 
Capiranno questa volta? Non è detto. Ma il Parlamento è ancora lì con i suoi poteri e deve esercitarli fino in fondo. Con molta probabilità è tardi perché questa classe politica si salvi, ma almeno che cada in piedi. Portare avanti la riforma elettorale resta una assoluta priorità, gravata da una responsabilità ancora più grande. Francia e Grecia ci dicono quanto può essere importante un sistema elettorale: la Grecia rischia di essere vicina anche per l’ingovernabilità politica, che va scongiurata. Quindi, bando agli accordi che puntano alla sopravvivenza di questo o quello e si pensi alla vita dell’Italia e dei suoi giovani. Ripartiamo di buona lena anche noi cittadini, dando nuovo slancio anche all’iniziativa “EleggiAMOl’Italia”, che può essere un contributo prezioso per uscire da questa sofferta transizione.

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