Vite di scarto

Una riflessione dopo la sentenza sul contestato risarcimento all’operaio albanese, vittima di un incidente sul lavoro    
Sicurezza sul lavoro

Sono ostinatamente tifoso del tentare di capire le cose e ancora il mio vaccino, contro l’indignazione compulsiva da cronaca, regge. Ovviamente l’indignazione contro le vere ingiustizie è altra cosa e del resto ho compagni di viaggio più che attendibili, se ricordo bene i famosi mercanti del tempio …. Ma anche lì occorre ricordarsi che poi non ci si ferma: è necessario costruire qualcosa che ripari e rimedi. Ed il mio Amico “scaccia mercanti” ha ben insegnato e operato a tal proposito!

 

Ora, per venire al fatto, a leggerla così la notizia è assolutamente shock: il tribunale civile di Torino ha attribuito un risarcimento dieci volte inferiore rispetto a quello che toccherebbe ai familiari di un operaio italiano, solo perché l’operaio in questione era albanese e i suoi parenti vivono in Albania, "area ad economia depressa".

Sembra che il giudice civile in questione abbia ragionato sul fatto che era necessario "equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell’economia del paese ove risiedono i danneggiati" onde evitare "un ingiustificato arricchimento".

 

Ma seguendo il ragionamento, come ha commentato uno dei massimi esperti di diritto civile, se il lavoratore fosse stato degli Emirati Arabi e del Principato di Monaco il risarcimento ai genitori sarebbe stato doppio o triplo rispetto a quello per un italiano. Appunto, ribadisco, a leggerla così è una sentenza che lascia senza parole. Ora i magistrati, tra crisi del sistema, crisi economica che porta a lavoro più che straordinario, per mancanza di personale ed attacchi da più parti non hanno bisogno del nostro rimbrotto, tutt’altro.

 

Ma oserei pensare che la normativa, probabilmente, dava a disposizione altre strade di scelta. Quella intrapresa, forse, non è stata la migliore, ispirata al criterio del risarcimento a seconda del Paese di provenienza del deceduto sul lavoro, via già percorsa dalla Cassazione dieci anni fa. Ma forse sarebbe stato più opportuno seguire, ci permettiamo di argomentare, una sentenza di un anno fa, sempre della Cassazione, che aveva stabilito che «la tutela dei diritti dei lavoratori va assicurata senza alcuna disparità di trattamento a tutte le persone indipendentemente dalla cittadinanza, italiana, comunitaria o extracomunitaria». Ripeto che le notizie, specie quelle concernenti le persone di fronte ad una sofferenza di ogni specie, vanno lette e rilette e soprattutto comprese nella loro complessità e quindi lasciamo ai nostri lettori la possibilità di approfondirla e capirla.

 

A noi piccole domande e qualche commento. Ma non sarà più facile evitare ai giudici ulteriore lavoro straordinario, magari percorrendo strade a volte impervie, battendosi tutti e meglio perché ci sia sicurezza e salute nei luoghi di lavoro? Laura Boldrini, giornalista italiana e attualmente portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ricordava che «l’Italia è stata richiamata formalmente, unico paese dell’Europa a 25, e si trova sotto osservazione per la non ottemperanza, dall’International Labour Organization per aver violato, nel trattamento degli immigrati, norme internazionali sul lavoro che impongono di non discriminarli, dar loro accesso ai posti pubblici e garantire vari altri diritti cui non sembriamo dare tanta importanza.  Del resto il terzo rapporto Inps – Caritas metteva invece per iscritto che, in media e a parità di mansioni, un extracomunitario percepisce uno stipendio di oltre un terzo (36,4 %) inferiore rispetto agli italiani».

 

Forse, senza alzare il tiro della polemica, la sentenza di Torino non aiuta certo a rasserenare il clima che oggi in Italia sembra sempre più diffuso, di scarsa attenzione, diciamo così …, delle persone provenienti dall’Estero, specie d Paesi a maggior disagio economico.

 

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