Vince il Sì al referendum, e ora quale legge elettorale?

Referendum costituzionale. Vittoria annunciata per la riforma definita “taglia poltrone” di un Parlamento che sarà definito dalla legge elettorale, vecchia o nuova che sia
Referendum Foto Valerio Portelli/LaPresse

Referendum. Con una affluenza di oltre il 53% degli aventi diritto, il verdetto delle urne ha confermato la legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari da 945 a 600 ( 400 alla Camera e 200 al Senato).

Le indicazioni degli exit poll sembrano fugare ogni dubbio sulla vittoria dei Sì che sfiora il 70%. La campagna dei sostenitori del No è partita molto in ritardo, impugnando un causa che appariva già persa in partenza. D’altra parte anche il parlamento ha votato a favore della riforma, addirittura con un voto quasi unanime nella seconda votazione alla Camera.

I distinguo e i ragionamenti complessi sono arrivati con difficoltà nel dibattito pubblico che tuttavia si è svolto in alcuni territoti e ambienti più attivi e consapevoli.

Il fronte del No, che aveva vinto nel 2016 contro la complessa riforma Renzi Boschi, si è spaccato al suo interno anche a livello di dottrina giuridica, come dimostra la presa di posizione inaspettata di noti costituzionalisti come Valerio Onida e Gustavo Zagrebelski.

È una vittoria culturale del M5S, fuori gioco politicamente nelle elezioni che si sono svolte in alcune regioni nella stessa data del 20 e 21 settembre.

Potrà vantare la propria coerenza al programma di governo Conte 2 la direzione del Pd che pure ha avuto forti dissensi al proprio interno. Ha inciso sul risultato l’aperta presa posizione per il Sì del presidente del Consiglio, se è vero che raccoglie la fiducia di una grande percentuale di  italiani.

Ma è difficile capire chi potrà realmente trarre  vantaggio da una tale riduzione del numero dei parlamentari. Tutto dipenderà dal destino della legge elettorale “germanicum” a impianto proporzionale che rientrerebbe negli accordi di maggioranza.

Un patto ancora da definire nei particolari e che potrebbe saltare con la conseguenza di andare al voto per il nuovo parlamento con l’attuale “legge Rosato” che combina elementi di maggioritario e proporzionale. Un meccanismo che porterebbe, secondo alcune simulazioni, a far prevalere, nella configurazione ridotta di Camera e Senato, una forza politica a discapito dell’altra. Con effetti a catena nell’introduzione di ulteriori riforme costituzionali.

La scelta del Sì di costituzionalisti come Quagliariello o della destra di Fratelli d’Italia si è associata, ad esempio, ad un progetto che prevede come sito naturale la nascita di una repubblica presidenziale.

Chiuso il capitolo referendum si apre il cantiere e il dibattito sulla legge elettorale che alcuni autorevoli costituenti, primo tra tutti Costantino Mortati, avrebbero voluto definita, nella forma proporzionale introdotta dopo il fascismo, in Costituzione.

Sarà, invece, questo Parlamento, pieno di senatori e deputati incerti sulla loro rielezione, che dovrà decidere su una questione così centrale per la nostra democrazia.  Una materia troppo seria per restare affidata alle cucine delle segreterie di partiti, cioè di soggetti sempre più svuotati di partecipazione democratica, se non espressione di leadership personali.

È questo il momento, si può sperare, in una ripresa di quel dibattito appena iniziato in occasione di un referendum che si è tenuto proprio il 20 settembre 2020, a 150 anni dalla controversa “breccia di Porta Pia” del 1870, il compimento militare di un’unità nazionale che resta sempre da conquistare.

 

 

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