Vietnamiti e grandicelli

Quattro sconosciuti imparano a conoscersi ed amarsi.
Famiglia Carchio

«L’adozione di Dao e Hong ha comportato per noi un cambiamento radicale, ma soprattutto ha dato senso e completezza alla nostra famiglia: era come se ci stessero aspettando da sempre». Era il 27 marzo 2010 quando Matteo ed Elisabetta Carchio, entrambi insegnanti, sono partiti per Ho Chi Minh. In questa grande città del Vietnam, hanno incontrato per la prima volta Dao e Hong, fratello e sorella di otto e nove anni.
 
Per quanto si possa essere preparati mentalmente, affettivamente e psicologicamente all’arrivo di due figli adottivi, per di più stranieri, «il primo periodo di vita in comune è sempre un po’ traumatico. Inizialmente – spiegano Matteo ed Elisabetta – eravamo orientati, come altre coppie, verso l’adozione di uno o più bambini in età prescolare, perché ci pareva fondamentale, per il bene dei bambini stessi, che cominciassero il percorso scolastico in Italia. Tuttavia, poiché non volevamo porre ostacoli alla provvidenza e soprattutto ci sentivamo pronti ad accogliere bimbi anche più grandi, abbiamo chiesto al tribunale di integrare il decreto di adozione che avevamo già ottenuto, allargando l’età del bambino a quella scolare. Avremmo risolto le difficoltà legate all’età dei piccoli strada facendo, ma consapevoli di dover arrivare preparati, con l’ausilio delle persone di AFN che stavano curando il nostro percorso».
Infine è arrivata la bella notizia. Matteo ed Elisabetta hanno visto la foto, i grandi occhini neri, di quelli che sarebbero diventati i loro figli e sono partiti per il Vietnam. Lì hanno potuto vivere giorni preziosi con i bambini. Non sono mancate le difficoltà, ma per ognuna si è trovata una soluzione. I piccoli, tra l’altro, non erano abituati all’espansività tutta italiana dei genitori, i quali hanno atteso con pazienza che in loro «maturasse il desiderio di coccole, che non si è fatto attendere!».
«Sin dal primo giorno – aggiungono Matteo ed Elisabetta – i nostri figli hanno avuto il desiderio di raccontarci il loro Paese, la loro famiglia, le abitudini alimentari, i riti, le esperienze di vita. I primi tempi insieme sono stati quelli del “grande ascolto”: ci sembrava prezioso e importante tutto quello che ci veniva offerto con fiducia e sincerità. Mentre Dao e Hong si inserivano nel nostro mondo, ci donavano contemporaneamente il loro, con grande amore e rispetto reciproco. Per i bambini era anche un modo di elaborare la nostalgia e il dolore per il distacco dai parenti, che spesso faceva vagare il loro sguardo lontano e riempire i loro occhi di lacrime: eravamo quattro sconosciuti che imparavano a conoscersi e amarsi».

L’inserimento scolastico, preparato con cura, è stato sereno e gratificante. «I bambini sono stati accolti benissimo e hanno trovato la scuola italiana splendida. Pur avendo dovuto affrontare una notevole mole di lavoro, la frequentano con gioia. Per fortuna sono volitivi e orgogliosi, e lo hanno dimostrato anche nello studio».
Per i giochi non ci sono stati problemi: i bambini riescono sempre a trovare un modo per divertirsi. «Anche l’alimentazione – continuano i coniugi Carchio – era un’incognita; ma, per fortuna, sin dal primo momento entrambi sono andati matti per la pasta. Dao e Hong sono una grande ricchezza per la nostra famiglia. I primi tempi, quando dormivano, andavamo in punta di piedi nella loro camera per accertarci che la loro presenza fosse reale e che questo grande dono ricevuto non fosse solo un sogno».

Ma non chiedono mai di andare in Vietnam? «Proprio l’altra sera – confida Matteo – ci hanno chiesto di poter tornare nel loro Paese di origine per rivedere fratelli e sorelle, per poi ritornare in Italia. Quando si fa un’adozione internazionale si mettono in conto anche queste cose: essendo già grandicelli hanno un vissuto di legami affettivi forti. Il timore che possano decidere di restare in Vietnam c’è, ma è normale. Quando sarà il momento partiremo nonostante la paura. È giusto che sia così: il cuore vuole soprattutto il bene dell’altro, in una dimensione di libertà».

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