Verso nuove terre dopo il Covid-19

Dal bollettino del 7 aprile sappiamo che 135.586 persone hanno contratto il coronavirus. I soggetti positivi sono 94.067. I ricoverati con sintomi sono 28.718; 3.792 (-106, -2,7%) in terapia intensiva. Ogni volta che si ampliano i controlli, scopriamo che l'orizzonte del contagio è grande. Un po' come Colombo ha scoperto la presenza di terre emerse quando non se l'aspettava...

Verso la fine del 1400 un navigatore e commerciante genovese, poco conosciuto anche nel suo ambiente, bussò alle porte dei sovrani di Castiglia e Aragona: proponeva il progetto rivoluzionario di tracciare una rotta attraverso l’Atlantico per buscare il levante per il ponente, e fu accolto con perplessità. Un adagio popolare imputa la causa dei tentennamenti dei regnanti alla convinzione diffusa che la terra fosse piatta. Nulla di più falso: che la terra è sferica lo sapevano tutti già dai tempi antichi, quando Eratostene ne misurò la circonferenza, e non lo avevano dimenticato né i Romani, né gli uomini delle epoche che seguirono alla fine dell’impero d’Occidente. Del concetto della rotondità del globo parlano, come esempio di cosa lampante e ovvia, sant’Agostino, il venerabile Beda, i consiglieri della corte Carolingia e tutti gli intellettuali delle epoche successive. Se ne fa uso quotidiano in centinaia di documenti pubblici e privati, atti notarili, sermoni, dissertazioni dotte e lettere commerciali: in genere si cita per esemplificare una cosa di senso comune, che potrebbe essere messa in dubbio soltanto da uno sciocco.

In effetti, dubitare della forma della terra è un vezzo molto più pardo: la fantasia della terra piatta si deve a un signore americano di nome William Carpenter, che nel 1885 pubblicò un discutibile opuscolo dal titolo “cento prove che la terra non è un globo”. Per inciso, la prima di queste è che se si sale in alto si vede benissimo che la forma è piatta: cosa che andava benissimo all’epoca dei primi palloni aerostatici, ma che oggi qualunque passeggero di un volo di linea può facilmente disconoscere da sé (ma come si sa alcuni non ci riescono lo stesso).

Wikipedia
Cristoforo Colombo

Il problema di Colombo e della commissione di inchiesta che dovette valutare il progetto (passata alla storia come “i saggi di Salamanca”) era un altro: nell’epoca precedente le grandi scoperte geografiche si pensava che la terra emersa fosse solo una piccola parte rispetto a quella ricoperta dalle acque. E che le distanze da compiere per giungere in India senza scali intermedi fossero incolmabili con i mezzi dell’epoca.

Lo scopo dell’impresa era andare a prendersi preziosissimi carichi di spezie, battendo sul tempo i portoghesi (che passavano da Sud, avendo scoperto la rotta del Capo di Buona Speranza) e tutti gli altri (che si affidavano alle antiche piste carovaniere e alle insidie della navigazione nel mediterraneo); la posta in gioco era alta e i costi per armare la spedizione dovevano essere bilanciati da una buona certezza di aver successo. I membri della commissione avevano il compito di verificare se i calcoli di Colombo, che stimava 5000 miglia per giungere da Palos al Giappone, erano giusti, e pensavano di no. I saggi avevano ragione.

I viaggi di Colombo
I viaggi di Colombo

Colombo aveva barato sui dati in ogni modo, sottile e grossolano, che gli fosse venuto in mente; cifre trascritte male, unità di misura diverse usate a piacere e convenienza, scelta arbitraria di stime sulla circonferenza terrestre… Insomma lo spregiudicato esploratore mise in atto ogni sorta di scorrettezza formale.

Oggi sappiamo che la sua stima era sbagliata di quasi 5 volte e che l’unico motivo per cui Colombo e i suoi se la cavarono (cambiando la storia dell’umanità) è che avevano torto anche sull’altra convinzione: le terre emerse sono molto più frequenti di quanto si aspettavano. E ben prima di metà strada le tre caravelle andarono a sbattere contro un nuovo mondo. Anche in questo modo, i chilometri da percorrere furono più di 6 mila e gli uomini giunsero a terra quando erano già al limite della sopravvivenza.

È chiaro il parallelo con quel che sta accadendo in questo periodi di coronavirus. Guardiamo i dati degli ultimi giorni e vediamo la stabilizzazione dei malati ospedalieri di Covid-19, che ormai sembra avviata verso un trend negativo. Noi ne traiamo un presagio positivo e questo è sensato: è il frutto, per ora ancora acerbo, dei nostri sforzi. Se lo coltiviamo e continuiamo a tener salda la barra del timone, questa rotta ci porterà in salvo. Allo stesso tempo la curva dei casi attualmente sintomatici e il numero di quelli nuovi, entrambe in lieve salita, descrivono l’altra faccia di uno scenario complesso: ogni volta che allarghiamo il cerchio della popolazione sottoposta a controlli, scopriamo che l’orizzonte del contagio è grande, più grande di quanto immaginiamo.

Come abbiamo detto altre volte commentando i numeri disponibili di malati di coronavirus, scoprire che i contagiati sono di più di quelli che conosciamo modifica le nostre conoscenze sulla gravità della malattia: uno studio piuttosto recente sulla prestigiosa rivista Lancet cerca di fare chiarezza sugli esiti attesi dell’infezione, basandosi sull’assunto che sono noti pochi casi rispetto a quelli reali. Il risultato è che la letalità, attualmente sovrastimata per la scarsa conoscenza del reale numero di infetti, è comunque molto elevata per le fasce d’età più alte della popolazione. E così l’impatto sui servizi sanitari, in particolare per una società come la nostra, caratterizzata da molti pazienti anziani e fragili.

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Ma nel vasto mare che non conosciamo abbiamo tanti soggetti asintomatici e contagiosi, disseminati in una popolazione composta per la grande maggioranza da persone ancora suscettibili al virus con tantissimi soggetti fragili e a rischio di complicazioni gravi: ci troviamo a navigare senza una chiara idea delle distanze da percorrere.

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Una cosa è certa: la rotta è questa e le nostre stelle ci guideranno a terra. Ma non sarà il mondo di prima, ciò che troveremo dopo la traversata: sarà un mondo nuovo dove dovremo re-imparare a gestire la nostra libertà, con valori e regole diverse; dove ci sarà la fortissima necessità di custodire tutti insieme il nostro bene comune. Forse possiamo sfruttare il tempo che ci separa da terra e pensare insieme a come lo vogliamo, questo futuro in cui toglieremo il fermo immagine dalle nostre vite, e volteremo pagina.

Che possa essere una pagina migliore.

 

Altri articoli dello stesso Autore: Il coronavirus non vola per aria Covid-19, come rotolare il masso su per la collina, Il coronavirus e gli iceberg, Coronavirus, i numeri dell’epidemia

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