Uomo-donna

Quale è il rapporto ontologico tra i due sessi? Cosa ci insegna l'incarnazione?
Uomo-donna

Da Maria, la Donna, è nato Gesù, l’Uomo-Dio.

A partire da qui, occorre reinterpretare trinitariamente il dato biblico concernente il rapporto ontologico uomo-donna, in cui si radica la vera, profonda uguaglianza e distinzione dei due.

Si impone pertanto una inversione radicale al comune modo di intendere la presunta superiorità dell’uomo, evocata dal racconto genesiaco della creazione della donna (cf. Gn 2, 21-23).

Eva nasce da Adamo, la donna dall’uomo, ed in un certo senso è da meno di lui; ma, essendo meno dell’uomo, ella è capace – quale riflesso, in forma creaturale, di quel principio metafisico per cui è dal vuoto che si origina il pieno – di generare l’uomo, essendogli così superiore (cf. 1 Cor 11, 11-12).

Allora, perché la donna è inferiore all’uomo? Perché gli è superiore. E perché l’uomo è superiore alla donna? Perché le è inferiore.

Ora, il Verbo di Dio, incarnandosi in Gesù, riassume in sé, pur rimanendone anche distinto, tutto il cosmo e l’umanità intera, sì che anche Maria è riassunta in Gesù. Ma, poiché Gesù è nato da Maria, ella gli è, in certo modo, superiore, sebbene sia Gesù ad averla resa tale avendola fatta Madre sua, Madre di Dio.

Scrive il mariologo Roschini: «Mentre in tutte le altre maternità la madre preesiste al figlio e dà l’esistenza al figlio, nella maternità di Maria verso Cristo, invece, il Figlio, come Dio, preesiste alla Madre (…). È la divina persona preesistente del Figlio che sceglie per sé – cosa unica! – la propria madre (…) e si dà a lei come Figlio per essere rivestito da lei della natura umana; e Maria, liberamente accettando una tale scelta, si dà al Figlio – cosa unica – come Madre!» (1).

 

Gesù e Maria sono perciò due realtà ormai indisgiungibili, partecipando delle quali si realizza la presenza di Dio in noi, che è presenza di noi in Dio. Essere in Dio significa infatti essere capaci di generarlo – così come Maria ha fatto di Gesù –, di riamarlo cioè in quella forma trinitaria che ci dà di partecipare totalmente alla sua vita.

È questa, come abbiamo detto, la libertà di cui Dio ha fatto dono all’uomo e che Maria eleva alla sua massima grandezza, nonostante il peccato dell’uomo. Anzi, è proprio dopo l’ingresso del peccato nel mondo che avviene l’annuncio di Maria, prefigurata, secondo l’interpretazione tradizionale della Chiesa, nella donna, la cui stirpe avrebbe schiacciato la testa al serpente (cf. Gn 3, 15).

Stupefacente dinamica per cui è dall’umanità peccatrice – la «maculata» – che nasce l’Immacolata, la quale avrebbe generato Gesù.

Come mirabilmente scrive Chiara Lubich: «Maria è il Fiore dell’umanità. Ella, l’Immacolata, è il Fiore della Maculata. L’umanità peccatrice è fiorita in Maria, la tutta bella! (…)

«Che bella, Maria! È la creazione che va in fiore, la creazione che va in bellezza. Tutta la creazione fiorita, come la chioma di un albero, è Maria.

«Dal Cielo Dio si innamora di questo Fiore dei fiori, l’impollina di Spirito Santo e Maria dà al Cielo ed alla terra il Frutto dei frutti: Gesù» (2).

 

In riferimento a quanto detto, concludo queste mie riflessioni indicando una possibile pista di ricerca sulla identità e sul rapporto tra filosofia e teologia.

Che cos’è la filosofia? È Maria, in quanto è la natura umana elevata al piano divino, che pur rimane natura umana. E che cos’è la teologia? È Gesù, in quanto egli è la congiunzione perfetta di umano e di divino. Ma, come non si può separare Maria da Gesù, così non si può separare la filosofia dalla teologia, in quanto, pur dialetticamente disgiunte, risultano trinitariamente unite.

È una nuova comprensione teoretica resa anch’essa possibile dall’incarnazione del Verbo in Maria.

 

1) G. Roschini, Il mistero di Maria considerato alla luce del mistero di Cristo e della Chiesa, Roma 1973; 2) C. Lubich, Maria fiore dell’umanità, in Nuova Umanità 1996/1, pp. 16.17.

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