Un’universo bio-amichevole

La vita risulta già iscritta in un “ordine soggiacente” segreto a dimensione universale? La connessione globale di tutte le cose

(“La natura ha perfezioni per mostrare che è l’immagine di Dio,

e difetti per mostrare che ne è soltanto l’immagine”. Pascal, Pensieri)

 

 

Negli ultimi venti anni, grazie ad alcune scoperte davvero sorprendenti, si è verificata una nuova rivoluzione nella scienza, favorita da una “scossa” vigorosa avvenuta nella cosmologia. L’effetto, in molti scienziati e nelle persone comuni, sembra destinato a trasformare la concezione dell’universo e del posto che l’umanità occupa in esso, ben oltre i confini dello scientismo materialistico e riduzionistico. I fatti accertati si riferiscono al carattere più misterioso del cosmo, prima dato come scontato: perché la sua organizzazione in evoluzione, fin dalle strutture più intime ed elementari, si mostra “stranamente” così adatta e idonea alla vita e alla vita intelligente, autocosciente?

 

L’idoneità intrinseca dell’universo alla vita diventa, dopo le recenti scoperte,l’interrogativo più grande anche per la scienza. Se le leggi del nostro universo, infatti, “fossero state anche leggermente diverse da come ci si presentano, la vita non sarebbe stata possibile e l’universo non sarebbe stato oggetto di osservazione” (P. Davies).

 

La connessione della vita con le intime strutture dell’universo  La nostra esistenza risulta strettamente connessa alla presenza inspiegabile nell’universo di certi prerequisiti strutturali. Il loro numero, dalle dimensioni più piccole (leggi della microfisica) a quelle più sconfinate, controllate da un ordine soggiacente a tutte le cose, è così alto e correlato che supera qualsiasi ipotetico “colpo di fortuna cosmica”, dovuto al solo caso. In tale numero di prerequisiti indispensabili rientrano specialmente la  “regolazione fine” delle leggi e delle costanti cosmiche. Queste, con la loro misura matematica, risultano proprio adatte e “giuste” per la vita, non accidentali ed “estranee” a essa (J. Monod).

 

Per avere un’idea di “quanta casualità possiamo accettare nella spiegazione scientifica” di una costante cosmica, si è calcolata la probabilità che si ha, lanciando una moneta, “di fare testa non meno di quattrocento volte di seguito…Un simile livello di aleatorietà sembra difficile da mandar giù”.  Ecco allora perché la vita e la coscienza umana costituiscono i fatti cosmologici più impressionanti: vita e coscienza diventano possibili solo se vengono “soddisfatte certe condizioni” esatte ed estremamente sottili. Queste condizioni presuppongono appunto la presenza e l’azione sincronica interconnessa di molti “prerequisiti necessari” in rapporto con un ambiente idoneo (la biosfera). Tale rete incalcolabile di connessioni poi si deve sviluppare in equilibrio dinamico per miliardi di anni, nella tensione  bilanciata tra costanza delle strutture e il loro mutamento secondo leggi coerenti e creative, aperte a forme sempre “nuove” e a una complessità crescente (rapporto dinamico tra “regola” e sua “variazione” nel processo evolutivo).

 

Ora, perché l’insieme di questi requisiti sia realizzato, si rende necessaria una “informazione”, nei dettagli minimi (microcosmo) e nella totalità (macrocosmo), non caotica e del tutto casuale, bensì organizzata.  In concreto, nelle particelle elementari devono operare leggi adatte a rendere “stabili” gli atomi, le molecole, le strutture, i pianeti, le stelle, le cellule e i corpi viventi, in stretta connessione e collaborazione tra di loro, anche a distanze cosmiche sterminate e inimmaginabili. Se una qualsiasi delle strutture basilari dell’universo, dalle proprietà delle forme atomiche e degli elementi chimici alla distribuzione delle galassie, si presentasse anche leggermente diversa, “la vita sarebbe con ogni probabilità impossibile”, nella sua configurazione reale che conosciamo. Ora, “chi dà l’informazione e la vita” ai campi cosmici di energia, ai fotoni e alle equazioni matematiche?   

 

Il codice cosmico e la vita Le ricerche ulteriori hanno confermato e reso più evidente la regolazione raffinata dell’universo, con la scoperta di un “codice cosmico”, ossia di una struttura matematica cifrata, segreta e invisibile, ma che guida, con una potenza universale unitaria, la varietà dei fenomeni osservabili nel mondo. La percezione che sotto la complessità visibile in superficie dei fenomeni ci fosse una trama nascosta, un testo segreto invisibile, era già emersa nelle forme di pensiero più penetrante di tipo religioso, artistico, simbolico e filosofico. Oggi questa chiave segreta, questo codice cosmico nascosto alla conoscenza diretta dei sensi, viene svelato proprio dalla scienza, che si trova di fronte a interrogativi ai quali essa non si può sottrarre.

 

Perché l’universo si mostra strutturato secondo un codice matematico intelligibile? Perché gli esseri umani sono addirittura in grado di comprendere, almeno fino a un certo punto, questo codice cosmico e di intervenire su di esso? La sfida più grande per la scienza consiste proprio nel fatto che il cosmo, nella sua evoluzione creativa, contiene esseri capaci non solo di osservare lo spettacolo più grandioso che  quotidianamente ci sta davanti, ma anche di indagare e comprendere la sua trama segreta, il suo codice “informativo”.

 

Universo e coscienza umana  Che cosa permette a una struttura così piccola e delicata come il nostro cervello-mente “di entrare in rapporto con la totalità del cosmo e con la silenziosa melodia matematica sulle cui note esso danza”? Rispetto alla vastità sterminata dell’universo la nostra mente  appare  vistosamente minuscola. Eppure non può essere spiegata  come un evento “marginale”, né tanto meno liquidata come un “sottoprodotto accidentale e dannoso” di un’evoluzione nei fatti tanto prodigiosa. Anche perché l’universo stesso prende coscienza di sé proprio attraverso la nostra mente, la struttura più complessa ed enigmatica dell’intero creato, davanti alla quale l’impresa scientifica si trova disarmata.

 

Se nel cosmo non fosse comparsa la mente cosciente, esso per l’intera sua durata sarebbe rimasto del tutto ignoto: come se non fosse mai esistito. L’esperienza poi di una corrispondenza profonda e per nulla “scontata” fra le strutture matematiche invisibili del codice cosmico e le nostre facoltà mentali non può essere sottovalutata tanto facilmente. In primo luogo dalla stessa scienza, il cui presupposto  si basa  sul riconoscimento che i fenomeni dell’universo e della natura non sono “soltanto” arbitrari, bensì risultano anche governati da un ordine “soggiacente” coerente (leggi e costanti matematiche intelligibili). Non, dunque, la sola casualità insensata, ma il caso governato dalle leggi, che per questo diventa “passaggio al nuovo”, evoluzione “creativa” e libertà.

 

Si comprende allora la necessità di un’apertura della ragione e diventa efficace la collaborazione tra le varie forme di conoscenza, nel rispetto reciproco dell’autonomia e del campo specifico di competenza. Di fronte alla grande connessione cosmica, infatti,  “anche gli scienziati atei diventano poetici quando parlano della misura, della maestà, dell’armonia, dell’eleganza, dell’assoluta ingegnosità dell’universo, di cui essi sono una parte così piccola e fragile”. Tutti motivi stimolanti per sviluppare un dialogo tra discipline, culture e fedi religiose alla ricerca di ciò che unisce contro tutto ciò che divide e accresce contrasti e sofferenze.

  

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