Un’adozione a distanza per “bambini ricchi”

Anche le famiglie dei Paesi in via di sviluppo possono «adottare a distanza» un ragazzo che soffre di povertà diverse da quella economica: a renderlo possibile, il sito ideato da una donna ruandese

Il sistema delle adozioni a distanza, lo sappiamo, è collaudato: un singolo o un gruppo inviano regolarmente una somma di denaro per consentire ad un bambino di un Paese in via di sviluppo di nutrirsi e frequentare la scuola, mantenendo poi una corrispondenza con lui o lei. Ciò che è meno collaudato e meno noto, però, è che la cosa può funzionare anche in senso inverso: perché i ragazzini del mondo occidentale sono «colpiti da una terribile povertà relazionale». Almeno così la pensa la trentottenne ruandese Marie-Solange Nyampundu, ideatrice e portavoce della campagna «Adotta un bambino ricco». L'idea, in sé, è semplice: bambini e adolescenti che soffrono di problemi relazionali – dalla semplice solitudine, a vere e proprie patologie – possono iscriversi al sito http://www.parrainez.org, sostenendo un «test» che ne certifica la situazione di difficoltà. Allo stesso modo, le famiglie dei Paesi in via di sviluppo segnalano la loro disponibilità ad «adottare». Ad abbinamento avvenuto, inizia uno scambio di messaggi di 280 caratteri tramite il software messo a disposizione dal sito: l'obiettivo è quello di «reinsegnare», condividendo quello che è il patrimonio di relazioni caratteristico di realtà come i villaggi e società in cui il modello sociale ed economico è basato sui rapporti personali con la comunità, a tessere e mantenere legami con chi sta loro attorno.

Al momento sono tredici i ragazzi già «adottati», e cinque quelli in attesa di una famiglia. Nessuna esperienza è già conclusa, ma quelle in corso e riportate sul sito sono comunque significative: ad esempio quella di Zachary, che soffre di una dipendenza da internet tale da non uscire quasi mai di casa all'età di tredici anni, e grazie ad una famiglia vietnamita – che ha portato tra l'altro, a lui appassionato di giochi di guerra sul web, l'esperienza del conflitto del Vietnam – sta rompendo il suo isolamento; o quella di Megan, a cui gli psicologi hanno diagnosticato una «sindrome da narcisismo cronico», che sta imparando a non mettere al centro soltanto sé stessa e riscoprire i rapporti con gli altri grazie ad una famiglia boliviana; o ancora quella di Kevin, che sta dimostrando come la miglior cura per l'ansia cronica sia la corrispondenza con una famiglia dalla Costa d'Avorio che gli insegna «a salutare tutti, soprattutto gli anziani, e ripararsi le cose in casa». I ragazzi coinvolti prendono l'impegno di tenere aggiornata la propria famiglia adottiva sui loro progressi almeno una volta a settimana, e alcuni di loro hanno anche condiviso i messaggi sul sito: l'intenzione è che parte della loro corrispondenza, unita ad un breve video, funzioni da esempio per chi sta iniziando il percorso.

Il progetto si sostiene grazie ad una campagna di crowdfunding su Indiegogo – attiva fino al 24 gennaio 2015 – e alle donazioni: gli organizzatori tengono infatti a sottolineare di essere del tutto indipendenti sia da enti governativi che da inserzionisti pubblicitari, e di appoggiarsi unicamente ai contributi volontari per coprire le spese. Per chi si fosse incuriosito, il sito dispone di una versione francese – http://www.parrainez.org/ – e di una inglese – http://www.sponsor-now.org/ : la partecipazione è aperta tutti i ragazzi del «mondo occidentale», purché abbiano meno di 21 anni e sostengano il test iniziale online.

Per ora nessun ragazzo è classificato come «saved», salvato – ossia ha terminato il percorso: ma c'è da sperare che, rivisitando il sito tra qualche tempo, qualcuno rientrerà in questa categoria.

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