Un riparo per venti famiglie

Da Living City arrivano gli ultimi aggiornamenti da Haiti, in parte già anticipati su Città Nuova online.
Haiti

 

«Siamo in difficoltà su tutti i fronti, ma non ci arrendiamo» scrive suor Marie Thé, un’amica del Movimento dei focolari di Carice, ad Haiti. «Crediamo in Dio, che ci ama immensamente. La nostra gente ce la farà». Dopo il terremoto, molti hanno lasciato Port-au-Prince per cercare aiuto e rifugio nel nord nel Paese, vicino al confine con la Repubblica Dominicana.

 

«Sono arrivati qui affamati, senza nulla, senza un posto dove andare» racconta Wilfrid Joachin, coordinatore locale del Movimento dei focolari a Mont-Organisé, nel nord dell’isola. «I bambini che seguiamo con le adozioni a distanza sono al sicuro, ma quais ogni famiglia ha avuto dei lutti, perché molti si trasferiscono nella capitale per studio o per lavoro». La comunità dei Focolari ha deciso di costruire un centro di accoglienza a Mont-Organisé su un terreno che era stato donato loro anni fa. In pochi giorni sono già stati raccolti i 47mila dollari necessari per ospitare venti famiglie. Nle frattempo è stata organizzata anche la distribuzione di cibo, vestiario e medicinali.

 

Gli aiuti sono gestiti dal Movimento tramite le comunità della Repubblica Dominicana. Superando anni di pregiudizi e malumori tra i due Paesi che condividono la stessa isola, i dominicani hanno subito aperto i loro confini per accogliere i feriti negli ospedali, e diversi volontari si sono recati ad Haiti per dare una mano. Gli aiuti internazionali arrivano a Santo Domingo per via aerea, e vengono poi trasportati ad Haiti. I numerosi episodi di solidarietà hanno ricevuto attenzione mediatica solo a livello locale.

 

«Forse Dio vuole che apriamo gli occhi e guardiamo a questi fratelli e sorelle che vivono accanto a noi» ha scritto mons Francisco Ozoria, presidente della Commissione pastorale haitiana a Santo Domingo. «Forse Dio vuole richiamare in particolare l’attenzione dei Paesi sviluppati, perché aprano le loro mani ad aiutino quest’isola ad uscire da una situazione di estrema povertà, così che una nuova vita nasca dalla rovine grazie alla solidarietà».

 

Il dottor Modesto Herrera si è recato da La Romana, nella Repubblica Dominicana, a Port-au-Prince insieme ad altri 150 medici, infermieri e volontari. «Abbiamo curato 300 persone al giorno – racconta – lavorando alcuni nei rifugi, altri negli ospedali. Ma la cosa più bella e importante è stata intessere relazioni con loro».

 

Gli stessi haitiani, pur nelle difficoltà, non esitano ad aiutarsi l’un l’altro. Nella risposta alla lettera dei terremotati abruzzesi, Wilfrid Joachim ha raccontato che, durante il consueto incontro del sabato, gli amici del Movimento «si sono divisi in quattro gruppi per condividere il poco che abbiamo, dare una mano con gli aiuti e visitare gli ammalati».

 

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