Un recupero impossibile

Furti, violenze, estorsioni. Marco è un caso disperato. Un avvocato penalista lo difende tra vittorie e sconfitte
illustrazione di Valerio Spinelli

Un cliente chiede di incontrarmi urgentemente per una vicenda giudiziaria che riguarda Marco (nome di fantasia), il maggiore dei suoi figli. Avevo seguito in questi anni le tristi vicende familiari di Marco: la nascita di un fratellino affetto da sindrome di Down, la separazione dei genitori, le “cattive” amicizie che lo avevano coinvolto nella commissione di furti, le fughe da casa, le reazioni violente verso i genitori che, oramai disperati, lo avevano denunciato all’autorità giudiziaria. E poi l’intervento del Tribunale per i minorenni e il calvario dei trasferimenti da un istituto all’altro; infine l’affidamento al padre, dopo che i responsabili della comunità ospitante erano stati arrestati per abuso sessuale e violenza su minori.

Durante l’incontro, apprendo che Marco, che sta affrontando un periodo di messa alla prova sotto la sorveglianza del Tribunale per i minorenni, di recente, alla guida di un motorino, eludendo il controllo della polizia, nel tentativo di fuga aveva investito i due agenti.

L’avvocato che assisteva il ragazzo, appresa la notizia del nuovo reato, sfiduciato, aveva rinunciato al mandato. Dal racconto del padre non posso che confermare che la situazione è veramente pregiudicata.

Nessun giudice avrebbe potuto esprimere, a fronte di fatti così gravi, un giudizio positivo sul comportamento del ragazzo. Mi viene la tentazione di rifiutare l’incarico; ma per l’affetto che mi lega ad entrambi, assicuro la mia difesa a Marco.

Arriva il giorno dell’udienza di verifica. La relazione finale dei Servizi sociali, che si aggiunge al parere negativo del pubblico ministero, non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche: «Marco, nonostante il forte impegno di tutti, non ha più margini di recupero». La commissione del nuovo reato pesa come un macigno sulla valutazione della prova. Dopo il pubblico ministero tocca a me parlare. So bene che Marco è indifendibile. Il poco interesse dei giudici mi conferma che sono già orientati ad accogliere le richieste del pubblico ministero. La mia discussione va oltre gli aspetti tecnici; parlo di Marco, delle sue qualità, dei suoi talenti inespressi, del disagio familiare che stava, purtroppo, segnando negativamente la sua personalità. Il collegio, man mano che la mia esposizione va avanti, inizia a prestare attenzione alla discussione e a condividere le mie argomentazioni.

Con somma soddisfazione noto che, ai consensi dei giudici, si aggiunge anche quello del pubblico ministero. Comunico, infine, la mia convinzione che Marco può ancora essere recuperato.

Garantisco la mia personale disponibilità, anche fuori dalle aule giudiziarie, a che ciò avvenga.

Dopo una lunga camera di consiglio, il provvedimento tanto atteso: il presidente, anziché disporre la prosecuzione del processo, esprimendo fiducia nella possibilità di rieducazione del minore, invita me e il pubblico ministero a trovare una soluzione che consenta a Marco di proseguire il programma rieducativo. Con sorpresa noto che colui che poco prima aveva dato una spietata  valutazione sul comportamento del ragazzo, questa volta acconsente.

A conclusione dell’udienza comunico a Marco che ha ancora un’altra possibilità di uscirne fuori senza condanna. So che vorrebbe arruolarsi in Marina e lo incoraggio a raggiungere tale obiettivo. Il nuovo programma rieducativo, i continui contatti con il ragazzo, i periodici incontri con la famiglia e, non da ultimo, l’inserimento nel mondo del lavoro, hanno consentito a Marco di completare il periodo di prova con esito positivo. La commozione di tutti quanti, compreso il pubblico ministero, nel giorno in cui il tribunale ha dichiarato l’estinzione dei reati commessi da Marco, era ben visibile in aula.

Alla fine della sofferta vicenda giudiziaria sento, però, che devo richiamare Marco alle sue responsabilità, invitandolo a non sciupare quello che avevamo costruito, frutto anche di un mio personale impegno nei confronti delle istituzioni. In cuor mio, infatti, il timore che non ce l’avrebbe fatta riaffiorava di tanto in tanto.

Completato il percorso rieducativo, Marco realizza il suo sogno e parte in Marina. È un momento di grande serenità. Ma, dopo due anni, è costretto a ritornare a casa, ritrovando i problemi che aveva lasciato. Senza possibilità di lavoro, inizia a procurarsi il denaro con attività illecite. Arriva a tenere comportamenti estorsivi anche nei confronti della madre, che spesso picchia alla presenza del fratello; anche il padre viene fatto oggetto di minacce che, stanco di ciò, una sera avvisa i carabinieri che il figlio sta andando da lui e Marco viene arrestato in flagranza di reato.

Mi nomina difensore di fiducia, ma avverto il tradimento e non me la sento di affrontare la nuova sfida. Lo invito, pertanto, a scegliersi un altro avvocato.

Dopo vari anni mi giunge una telefonata dal carcere. L’operatore mi passa il detenuto e dall’altra parte del telefono la voce di Marco. Mi chiede di incontrarlo. Lo trovo provato ma più maturo. Ha vari processi a suo carico e mi chiede di accettare la sua difesa: «Sei l’unica persona che mi può aiutare e di cui ho fiducia», mi dice. Dopo qualche giorno mi giunge un sms della madre che mi conferma quanto sia importante per Marco la mia presenza. Di fronte a tale dichiarazione d’amore non posso rifiutare. Ora con Marco stiamo affrontando le varie pendenze giudiziarie e progettando un futuro che dal mese prossimo lo vedrà reinserito nella società. È una nuova sfida che, insieme, ancora una volta, vogliamo affrontare e vincere.

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