Un minuto unico di “rombi”

Domenica scorsa a Valencia il motomondiale ha ricordato il pilota Marco Simoncelli, scomparso lo scorso 23 ottobre, con un’insolita e toccante iniziativa
Marco Simoncelli

Se la vita deve essere vissuta al massimo delle nostre possibilità, allora la si può paragonare senza mezze misure ad un motore potente, grintoso, veloce. Sta a noi girare la chiave, piegare all’ingiù la mano destra per dare gas a manetta, scendendo in pista pronti a dare spettacolo, pronti “per dire la nostra”.

 

Domenica scorsa a Valencia, la stagione del motomondiale 2011 si è chiusa in un’atmosfera surreale. Nessuno lo scorso 20 marzo, quando la rassegna iridata prese il via in Qatar, si sarebbe immaginato un simile epilogo. Domenica, nell’istante in cui le saracinesche dei garage lungo la pit lane si sono chiuse, un box era terribilmente vuoto, ma allo stesso tempo ricco di significati, amori, passioni e poesie. In quel garage, pulsava al ritmo indiavolato di un motore da 800cc di cilindrata il numero “58”, quello di Marco Simoncelli. Il “nostro” Marco se n’è andato in una semplice domenica di fine ottobre, a causa di una misteriosa e rocambolesca fatalità.

 

Non occorre discutere troppo sulla dinamica di una caduta all’uscita di una curva, che vede una moto prendere una traiettoria innaturale, contro le leggi della fisica. Piuttosto, è doveroso chiedersi se la morte di Marco, ha contribuito a lanciare un messaggio forte e deciso in questo tempo, concedendo l’opportunità di capire ancora una volta ciò che veramente vale. Un insegnamento che è alla portata di tutti, indipendentemente dal fatto di essere appassionati o meno delle corse in motocicletta.

 

«Dicono che Dio trapianti in cielo i fiori più belli per non farli appassire» sono state le parole di papà Paolo al termine dei funerali del figlio che si sono tenuti il 27 ottobre nella chiesa di Coriano, piccolo centro in provincia di Rimini. Un momento dove le lacrime di un grande fiume di amici e gente comune, si sono mescolate alla ferma e semplice dignità di due genitori, che amavano il proprio figlio al punto di essere pronti a perderlo per sempre, senza sapere né il giorno né l’ora. Il coraggio di papà Paolo e mamma Rossella, che ancora oggi accolgono nella loro casa tutte quelle persone che suonano il campanello per un saluto e un breve ricordo, è l’emblema di una nazione intera che non vuole cadere in ginocchio, ma continuare ad andare avanti a testa alta.

 

Fato, destino o divina volontà. Marco se n’è andato così come era arrivato sotto le luci della ribalta: in punta dei piedi e con il gas a martello. Marco non era uno qualunque. Era famoso, frizzante, genuino, ma era soprattutto un giovane ragazzo italiano di 24 anni, che nell’anima coltivava il sogno di una vita autentica spesa bene, tesa a regalare attimi di veloce e furioso spettacolo dentro le piste, senza dimenticare l’importanza degli altri attorno a sé.

 

Chi era Marco Simoncelli? Un’intera generazione, se scava dentro gli angoli dell’ anima può rispondere: «Marco è uno di noi, uno come noi;Italia tutta si è fermata per un attimo di fronte alla morte di un giovane, tesa più di altre volte a fare notizia, con la voglia di ritrovare le radici di un senso, che la cultura e la politica di quest’epoca hanno contribuito a smarrire. Se è vero che Marco “è uno di noi” per tanti giovani italiani, allora può darsi che l’ombra grigia della morte possa essere solo la notte prima di una nuova e splendente alba. Perché andandosene Marco, ha lasciato si un sedile di una moto vuoto, ma ha contribuito a risvegliare le coscienze, l’opinione pubblica, l’unità nazionale, infiammando ancora di più i cuori di tanti giovani che desiderano un futuro semplice, radioso, ricco di ideali. Lo stesso futuro che tra l’altro, sognava di vivere Marco. Domenica scorsa a Valencia, tutti i piloti del motomondiale prima di “scatenare l’inferno”, sono scesi in pista, l’uno accanto all’altro in parata, fermandosi sulla linea del traguardo, accelerando poi al massimo per un minuto di rombi assordanti. Un omaggio unico, sensazionale, mai visto nella storia dei motori, neanche dopo la morte di grandi miti come Ayrton Senna o Gilles Villeneuve.

 

Quel minuto di “casino”, apparentemente avvolto dalla patina di un doloroso ricordo, ha urlato in questo tempo, con la potenza di migliaia di cavalli di fronte agli occhi del mondo, che i giovani belli e forti esistono ancora e sono pronti a scendere in pista con la manopola del gas all’ingiù pronti per dare spettacolo giocandosi tutto. Grazie anche all’esempio di qualcuno! Forse Marco non se n’è andato per caso…

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