Un legame che viene dall’alto

Il papa in visita alla Sinagoga sulle orme di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Sul rapporto tra cristiani ed ebrei, riproponiamo un brano tratto dal libro di Paolo Loriga: Francesco e Gerusalemme
Sinagoga

Bergoglio si rifà subito al suo vissuto, parlando, nella prestigiosa sede del Gran Rabbinato d’Israele, di fratelli e di amici. Elenca fatti, non considerazioni. «Come sapete, fin dal tempo in cui ero arcivescovo di Buenos Aires ho potuto contare sull’amicizia di molti fratelli ebrei. Oggi sono qui due rabbini amici. Insieme ad essi abbiamo organizzato fruttuose iniziative di incontro e dialogo, e con loro ho vissuto anche momenti significativi di condivisione sul piano spirituale». Poi è arrivato a Roma.

 

«Nei primi mesi di pontificato ho potuto ricevere diverse organizzazioni e diversi esponenti dell’ebraismo mondiale. Queste richieste di incontro sono numerose» e attestano «il desiderio reciproco di meglio conoscerci, di ascoltarci, di costruire legami di autentica fraternità». Rileva che un tale cammino «rappresenta uno dei frutti del Concilio Vaticano II», ma ritiene che «quanto è accaduto negli ultimi decenni nelle relazioni tra ebrei e cattolici sia stato un autentico dono di Dio». Non manca di apprezzare «l’im­portanza assunta dal dialogo tra il Gran Rabbinato d’Israele e la Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l’ebraismo. Un dialogo che, ispirato dalla visita del santo papa Giovanni Paolo II in Terra Santa, prese inizio nel 2002».

 

Bene sin qui, sembra dire tra le righe Francesco, ma a noi ora è chiesto qualcosa di più, molto di più, anche se può risultare scomodo a entrambi. C’è infatti da tener conto di una precisa iniziativa di Dio. «Non si tratta solamente di stabilire, su di un piano umano, relazioni di reciproco rispetto: siamo chiamati, come cristiani e come ebrei, ad interrogarci in profondità sul significato spirituale del legame che ci unisce. Si tratta di un legame che viene dall’alto, che sorpassa la nostra volontà e che rimane integro, nonostante tutte le difficoltà di rapporti purtroppo vissute nella storia». In buona sostanza, siamo legati indipendentemente dalle nostre intenzioni. E così tira subito, come gli è congeniale, alcune conseguenze operative.

 

«Da parte cattolica vi è certamente l’intenzione di considerare appieno il senso delle radici ebraiche della propria fede», prendendo così un preciso impegno. Ma non gli basta. E coinvolge gli interlocutori. «Confido, con il vostro aiuto, che anche da parte ebraica si mantenga, e se possibile si accresca, l’interesse per la conoscenza del cristianesimo, anche in questa terra benedetta in cui esso riconosce le proprie origini e specialmente tra le giovani generazioni». Guarda avanti il papa, e pensa alla gioventù di oggi.

 

«La conoscenza reciproca del nostro patrimonio spirituale, l’apprezzamento per ciò che abbiamo in comune e il rispetto in ciò che ci divide, potranno fare da guida per l’ulteriore futuro sviluppo delle nostre relazioni, che affidiamo alle mani di Dio». Il programma che ora propone ripete tre volte un termine, espressione di un auspicato nuovo corso. «Insieme potremo dare un grande contributo per la causa della pace; insieme potremo testimoniare, in un mondo in rapida trasformazione, il significato perenne del piano divino della creazione; insieme potremo contrastare con fermezza ogni forma di antisemitismo e le diverse altre forme di discriminazione».

 

Brano tratto da: Paolo Loriga – Francesco e Gerusalemme – Città Nuova 2014

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