Un Festival argentino

Un forte amore per la verità è motivo comune delle pellicole presentate a Roma. La storia del paese latino-americano è protagonista con modalità espressive le più varie
Film argentino

Si è appena conclusa a Roma, al cinema Farnese, la rassegna del nuovo cinema argentino. Diciamolo subito, che ci sono opere di valore, quasi presentate apposta per festeggiare i 150 anni dell’unità italiana (del resto, una buona percentuale di argentini sono di origine nostrana). Ad aprire la rassegna, il 31 maggio, è Belgrano, film di Sebastiàn Pivotto, rievocazione della figura dell’eroe (di origini italiane) che ha che ben poco di patriottico e di retorico, ma si incentra sugli ultimi dieci anni di vita del condottiero. Anni di solitudine, malattia e ripensamento. Quando noi saremo capaci di filmare in questo modo i nostri “padri” del Risorgimento?

 

Dopo alcune commedie di successo, come Un novio para mi Mujer di Juan Taratutro – un marito non sopporta più la moglie indigesta e la vuole scacciare tramite un seduttore -, è stata la volta del tango ( poteva mancare?), nella commovente Una historia de tango: un melodramma di rivoluzione, amore e dolore. La mirada invisibile, presentato a Cannes nel 2010, fa riemergere un tema onnipresente nella filmografia argentina, ossia la rivoluzione contro la dittatura militare, qui ambientata dentro una scuola superiore, nella vicenda di una bidella piena di complessi. Ancora storia in Eva Peron, risposta argentina al musical americano – meglio hollywoodiano – Evita, molto più intensa e veridica rispetto al kolossal, made in Usa.

 

La chiusura della rassegna è stata affidata all’applaudito El hombre de al lado, premiato nel 2010 come miglior film argentino.Un piccolo festival, quello dedicato al paese latino-americano, ma fortunatamente frequentato e non solo da addetti ai lavori. La vitalità sanguigna e coraggiosa del cinema argentino, legato certo a schemi del passato, ma capace di reinterpretarli in modo originale, senza strizzare l’occhio all’Europa o agli Usa, dice la personalità vincente di un cinema nuovo, soprattutto nel modo di raccontare le proprie storie, cioè con un forte amore alla verità.

 

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