Umanizzare la società

Visito per la prima volta il complesso di San Carlo Borromeo nel cuore della città lombarda. Per trenta e più anni sono passato per la Stazione centrale e aspettavo questa occasione. Milano per me, per via delle mie letture, era la città di Agostino e Ambrogio, la città che conoscevo per qualche passaggio di Manzoni o per qualche scena dell’Albero degli zoccoli di Olmi. O ancora per l’Italia dei cardinali Rossi o Montini, di padre Gemelli e don Giussani. Uno dei centri mondiali della comunità cattolica, crogiolo di un cattolicesimo che si è sempre anche intellettualmente misurato con la modernità e con tutte le sue sfide. Milano è una città dove anche i Focolari sono attivi dal lontano 1948 per costituire una presenza operante, anche se sempre assai discreta. Una sua espressione da un po’ di anni in qua è lo sforzo del dialogo con la cultura contemporanea: ed è questa che mi ha portato alla Facoltà di sociologia della Cattolica. L’invito era rivolto a SocialOne, un gruppo nato da qualche anno in seno ai Focolari, che desidera elaborare in sociologia qualche intuizione sulla vita sociale scaturita dalla lunga esperienza del movimento. Due anni fa si era tenuto un congresso che aveva avuto l’audacia di cominciare. Aveva riunito più di trecento sociologi ed assistenti sociali (focolarini e no) a livello internazionale attorno al tema: Rapporti sociali e fraternità: paradosso o modello sostenibile? Una prospettiva a partire dalle scienze sociali (i cui atti sono stati pubblicati in Nuova Umanità, 2005/6). Il convegno aveva invogliato qualche universitario a cercare un rapporto più stretto con SocialOne, e un gruppetto internazionale si era costituito per approfondire i risultati del congresso, e cominciare da un percorso scientifico o almeno un tentativo in questa direzione. Dopo qualche scambio intellettuale e qualche giornata di studio dove si era evidenziata la comunanza di vedute, ecco l’idea venuta all’allora decano della facoltà di Sociologia della Cattolica di Milano, il prof. Colasanto: organizzare una presentazione-dibattito col titolo Umanizzare la società, lo scorso 20 febbraio. Un po’ esitante il gruppo aveva acconsentito, cosciente che i lavori erano ancora embrionali, le intuizioni, anche se forti, sempre alla ricerca di una veste sociologica all’altezza dei punti di partenza. Ma la scienza si elabora sempre in dibattito e vive dell’essere messa in piazza. La Cattolica era certo un ambiente qualificato, anche se rappresenta solo una delle anime della sociologia italiana. Ci eravamo convinti di accettare la sfida. Accanto dell’Università, mi trattengo un attimo nella chiesa più che millenaria di Sant’Ambrogio, uno di quelli che aveva avuto il coraggio delle proprie idee in un mondo certo non meno interessante (e forse anche confuso) del nostro. Riusciremo a convincere il nostro pubblico accademico del valore delle nostre convinzioni, anche per la sociologia? Pensare che la fraternità possa essere di stimolo non solo come sprone alla vita sociale, ma anche come fattore da incorporare nelle teorie sociologiche? Se l’uomo riesce a vivere brani di fraternità, a costruire arcipelaghi di solidarietà, la sociologia non dovrebbe tenerne conto nel suo teorizzare, accanto ad elementi accettati come il conflitto o il peso dei sistemi? Questo il nucleo delle nostre convinzioni che tentiamo di dire in modo scientifico. Entriamo nell’auditorio sotterraneo della facoltà e ritroviamo per tre ore un pubblico attento e qualificato. Siamo accolti dal professore Cesario, molto interessato a questa iniziativa, che con acutezza parla del momento delicato della sociologia. SocialOne si presenta proponendo tre interventi e qualche nuovo paradigma, mentre la facoltà delega cinque dei suoi professori a discuterli (vedi box). Lo scambio è lungo e intenso. Fa sera. Usciamo. Un senso di gratitudine mi abita attraversando l’atrio di San Carlo Borromeo. È andata bene, i padroni di casa hanno trovato interesse al nostro tentativo e hanno arricchito con osservazioni, domande e incoraggiamenti il nostro percorso come l’hanno potuto cogliere. In effetti il primo intervento ha subito alzato il tono ai livelli più alti: si può mescolare una intuizione spirituale con una scienza che deve essere neutra in quanto ai valori, oggettiva e dunque scientifica? Il professore Gasparini non nasconde le sue perplessità. Ma grazie a questo solido attacco amichevole di uno che si dichiara vicino alle intuizioni spirituali stesse del gruppo, il pomeriggio è occasione di un dibattito accademico di livello. E dice che l’idea stessa seduce, è un’intuizione adatta ai tempi di crisi della sociologia, perché portata da un gruppo e non da un singolo, un gruppo vario come provenienza e indirizzo sociologico. Dice pure che la sociologia da sempre si è poggiata su concetti di fondo pre-sociologici sull’uomo e la società. Siamo particolarmente attenti al fatto che più di un professore rileva come il pomeriggio abbia provocato un dibattito tra i colleghi di facoltà, come non avveniva da tempo su temi al centro della preoccupazione di tutti, presi individualmente, ma che non prendevano più il tempo di parlarne assieme. Da notare anche l’interesse per le attività culturali dei Focolari che ogni partecipante aveva avuto modo di incontrare nella sua carriera, attraverso lavori di studenti, libri scientifici di Città Nuova o incontri più personali. Anche nella sociologia la biografia serve! Nell’insieme gli interlocutori sono sembrati piuttosto inclini a vedere la possibilità di un cammino fecondo. La sociologia è nata dalle idee pre-sociologiche del tempo andato, e la crisi della sociologia non si può risolvere senza uno stimolo che venga da un punto esterno al campo sociologico. Ne è testimonianza – le cita Rovati – anche l’attenzione recente di sociologi per temi come la pace, l’amore, la felicità, il dono, la libertà. Persino un difficile teorema logico-matematico come quello di Gödel viene citato (da Vecchiato) per illustrare come questa posizione di partenza non sia poi così illogica. Certo, non ci si è battuti per fondare una disciplina scientifica nel corso di 150 anni per dimenticare che il lavoro propriamente intellettuale è necessario, con metodo e rigore, misurandosi con tutta la ricchezza del patrimonio della disciplina. Ma la voglia di portare un contributo nell’odierno momento è cresciuta, dopo Milano. La sociologia, come scienza che vuole capire l’evoluzione della società non ha finito il suo compito. SOCIOLOGI IN DISCUSSIONE Alla Cattolica di Milano, Social- One ha proposto tre interventi: Vera Araújo ha presentato SocialOne e la sua genesi che si radica nell’esperienza dei Focolari. Ha parlato dell’unità e di Gesù abbandonato come punti cardini che ispirano anche i sociologi che noi siamo nel pensare la società e le sue tensioni dinamiche. Gennaro Iorio, dell’Università di Salerno, presenta un tema su Teorici, teoria sociale e nuovi paradigmi e il professore Tiziano Vecchiato della reputata fondazione Zancan di Padova, che sta assumendo una certa leadership intellettuale nell’ambito della politica sociale italiana, svilupperà un tema su Paradigmi scientifici e interventi sociali (testi che i lettori interessati troveranno pubblicati nella rivista Nuova Umanità). La facoltà di sociologia, da parte sua, ha delegato cinque dei suoi professori (Gasparini, Villa, Rossi, Morra e Rovati) a discutere i contributi proposti da SocialOne.

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