Tutto è luce?

Il richiamo dell'ignoto. Entusiasmi e attese per le possibili scoperte del nuovo acceleratore di particelle.
Scenza

Hanno “spremuto” il loro vecchio e glorioso acceleratore, il Tevatron, fino ai limiti massimi di potenza e oltre, gli scienziati statunitensi del Fermilab, vicino Chicago. Hanno tentato di tutto per arrivare primi alla meta, approfittando dei mesi di stop forzato di Lhc, il nuovo e più potente acceleratore di particelle dei loro colleghi europei che, appena inaugurato al Cern di Ginevra, si era subito guastato.

L’obiettivo era aumentare, anche di poco, l’energia con cui si scontravano i fasci di protoni e antiprotoni, sperando che bastasse a rivelare le fantomatiche nuove particelle che tutti cercano, ma che nessuno finora ha trovato. Qualche flebile traccia è stata rilevata, ma non sufficiente.

Finché, ai primi di dicembre 2009, Lhc è finalmente ripartito e, in appena pochi giorni di funzionamento, ha già stracciato l’energia massima finora raggiunta dal Tevatron. Ogni mattina potrebbe essere quella buona per trovare sui giornali nuove scoperte.

La competizione tra i due acceleratori è fatta di intelligenza, fortuna e grossi finanziamenti. Una gara feconda per il progresso della conoscenza umana.

 

Meraviglia

 

Mai come in questo momento, infatti, gli occhi di tutti gli scienziati e più in generale degli uomini di cultura e di “curiosità”, sono rivolti verso Ginevra. Tra gli scienziati, non solo quelli che si occupano dell’infinitamente piccolo, ricercando le particelle fondamentali della materia, ma anche, per esempio, gli astronomi che con i loro telescopi scrutano le regioni più lontane dell’universo. Pure loro sono col fiato sospeso, perché sperano che le risposte alle loro domande arrivino da Lhc.

Le eventuali scoperte potrebbero confermare una delle molte teorie escogitate dai teorici per spiegare la struttura “a grana fine” del reale; ma, più probabilmente, ci stupiranno facendoci intravedere qualcosa di parzialmente o assolutamente imprevisto.

In fondo è quello che sperano i più, perché il motore vero della ricerca scientifica, come di qualsiasi forma di conoscenza, è prima di tutto il senso di stupore, la meraviglia per le sorprese dell’ignoto. Poi, solo poi, vengono gli interessi economici e ideologici o la voglia di vincere il premio Nobel. Lhc, infatti, come i suoi predecessori, nasce prima di tutto da curiosità e cooperazione tra scienziati di tutto il mondo.

 

 

Campi ed eccitazioni

 

Ma perché tutto questo interesse per l’esperimento? La colpa è di Newton: quando scoprì le famose leggi della gravitazione universale che permettono di prevedere con precisione i movimenti dei pianeti in cielo, rimase perplesso sul meccanismo con cui queste forze di attrazione si potevano trasmettere da un pianeta all’altro.

Un’azione a distanza, senza contatto tra i corpi celesti, non era ammissibile. D’altra parte le leggi funzionavano benissimo. Quindi? Newton ci pensò a lungo; poi alla fine gettò la spugna, accontentandosi di definire le leggi.

Einstein fece passi avanti enormi, introducendo l’equivalenza tra massa ed energia e il concetto di spazio-tempo, deformato dalla presenza dei corpi, i quali a loro volta sono perturbati nelle loro traiettorie rettilinee dalle deformazioni provocate da altri corpi.

Oggi si pensa che tutto lo spazio, macro e microscopico, sia permeato da “campi” (elettro-magnetico, quantistico, gravitazionale), entità invisibili che lo riempiono, estendendosi alle più grandi distanze. Anche lo spazio vuoto, quindi, sarebbe… “pieno” di una specie di griglia, come la chiama qualcuno, strutturata a vari livelli (i campi appunto).

E una particella non sarebbe altro che un’eccitazione, una perturbazione di questa griglia, come un’onda che corre, a 300 mila chilometri al secondo, sull’oceano di energia che costituisce l’ingrediente principale della realtà che ci circonda.

Un’onda che può nascere, sparire o interagire con altre onde, cioè altre particelle, altri grumi di energia. Il tutto come una “danza” senza fine – è difficile trovare un termine migliore per dare l’idea – di configurazioni sempre varie di particelle, stelle e galassie, che si muovono in questo oceano increspato, mai statico e in parte imprevedibile.

Fanno quasi sorridere le previsioni di Laplace, l’astronomo di Napoleone, che solo pochi secoli fa sosteneva la possibilità teorica di prevedere il futuro, visto che l’universo non sarebbe altro che un rigido meccanismo, quasi un orologio, di forze e resistenze.

Che differenza rispetto alla nostra visione di oggi! Grazie ad Einstein e alla strumentazione tecnica di cui disponiamo, pensiamo che tutto quello che ci circonda sia energia in movimento. Certo, «l’oceano inesplorato dell’ignoto» si estende ancora davanti a noi. Gran parte della materia e dell’energia dell’universo è, per ora, invisibile ai nostri telescopi. Ma forse, sulla base delle attuali teorie e in attesa di conferme da Lhc, possiamo già azzardarci ad affermare: la realtà profonda dell’universo è luce, una danza di luce.

 

Astri e particelle

L’attuale descrizione di campi e particelle fondamentali è completa? La materia visibile con i telescopi è sufficiente a spiegare il movimento delle galassie? La risposta ad entrambe le domande sembra essere “no”.

Ci sono forti indizi che portano a ipotizzare nuove forme di materia, ancora da scoprire. Lhc potrebbe rispondere a parecchie domande, come per esempio perché esiste la massa. Qualcuno però sostiene che, non essendo abbastanza potente, sarà una delusione. Vedremo.

Nell’attesa, possiamo goderci la mostra Astri e particelle, aperta a Roma, al Palazzo delle Esposizioni fino al 14 febbraio 2010 (Catalogo Codice edizioni). Raggi cosmici, curvatura dello spazio-tempo, neutrini, satelliti italiani e galassie a portata di mano. Una mostra interessante e divertente anche per giovani e non esperti, che ha l’unico difetto di concludersi troppo presto.

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