Tutti in piedi per Usain

Parata di stelle al Golden Gala. Nella notte romana brilla l'imprevedibile Bolt, uomo copertina dell’atletica mondiale. Ma non è solo lui la star della serata
Usain Bolt

Era il 1980 quando, grazie a una felice intuizione di Primo Nebiolo, allora presidente della Federazione italiana di atletica leggera, andò in scena la prima edizione del Golden Gala. Si era nell’anno in cui alcuni Paesi occidentali boicottarono le Olimpiadi di Mosca. Nebiolo, uno dei più grandi dirigenti che il nostro sport abbia mai avuto, pensò di creare a Roma un evento che desse l’opportunità a quegli atleti che non erano potuti essere presenti ai Giochi di prendersi una rivincita. Ne venne fuori una serata ricca di sfide spettacolari, dove furono scritte le prime pagine di una storia che nel tempo ha visto protagonisti di questo meeting tutti i più grandi campioni di questo sport.
 
Oggi, a trentatré anni di distanza, il Golden Gala è diventato uno tra gli appuntamenti più importanti dell’intera stagione agonistica dell’atletica leggera internazionale e giovedì sera, a cinquantasette giorni dal via ufficiale dei Giochi di Londra, alcuni tra gli attuali migliori interpreti di questa appassionante disciplina hanno dato vita a dei ghiotti antipasti delle prossime sfide a cinque cerchi. Una serata di atletica entusiasmante, i cui ottimi risultati sono stati certamente favoriti anche dalla spinta data dal calore dei circa 55 mila spettatori presenti sulle tribune dello stadio Olimpico.
 
Il fenomeno Bolt Inutile nasconderlo. Anche se quest’anno erano presenti ben 9 campioni olimpici in carica (e altrettanti campioni del mondo), l’attenzione degli appassionati era tutta per lui, l’uomo copertina che l’atletica aspettava da anni: Usain Bolt. Il ventiseienne ragazzo giamaicano, un concentrato di muscoli e talento, divenuto una star assoluta ai Giochi di Pechino 2008 dove si aggiudico tre medaglie d’oro, ha regalato forti emozioni al pubblico romano. Prima ha fatto la sua comparsa per un improvvisato giro di campo effettuato con indosso una maglia della nazionale italiana di calcio. Poi, circa un’ora dopo, un boato assordante ha accompagnato il suo ingresso per la gara più attesa della serata.
 
Il “fenomeno” che negli ultimi anni ha spostato i limiti dell’uomo oltre barriere che solo poco tempo fa sembravano insuperabili, ha vinto con l’ottimo riscontro cronometrico di 9”76, miglior prestazione mondiale stagionale. Dietro di lui il connazionale Asafa Powell, l’atleta che ha corso più volte i 100 metri in meno di dieci secondi (con la prestazione di giovedì sera sono ben 79!), mentre terzo è giunto il francese Christophe Lemaitre, l’unico velocista bianco attualmente in grado di farsi largo nella marea di sprinter dalla pelle scura, primo uomo non di colore della storia a scendere sotto i 10 secondi in questa specialità.
 
Il riscatto di Valerie grazie allo sport Ma se la finale dei 100 metri ha catalizzato come sempre l’attenzione del pubblico, nel corso della serata si è assistito anche ad altre prestazioni di rilievo. Valerie Adams, ventisettenne neozelandese, si è aggiudicata ad esempio la gara del lancio del peso femminile con la ragguardevole misura di 21.03 (miglior prestazione mondiale stagionale e nuovo record del meeting). A vedere l’esultanza e il sorriso con cui questa ragazza ha festeggiato la vittoria in pedana, pochi sospetterebbero che Valerie da piccola era molto timida. Spesso veniva presa in giro a scuola a causa della sua stazza (oggi è una ragazzona alta quasi due metri che pesa 120 Kg), tanto che per la vergogna di apparire in pubblico non voleva fare dello sport. A 14 anni, invece, è stata praticamente costretta dal suo insegnante di educazione fisica a partecipare a una gara regionale di lancio del peso dove ha battuto un record che durava da oltre 20 anni.
 
Nel 2000, subito dopo aver visto la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Sidney, sua madre, grande appassionata di sport, morì di cancro. Così, per onorare la sua memoria, Valerie decise di mettersi a fare sul serio con l’atletica. I suoi primi giochi a cinque cerchi, ad Atene 2004, non andarono molto bene: operata di appendicite una settimana prima della gara, non riuscì ad andare aldilà di un ottavo posto. Nelle stagioni successive, però, la Adams è diventata via via la vera dominatrice di questa disciplina nella quale, dopo un bronzo iridato conquistato ad Helsinky nel 2005, ha vinto tre titoli mondiali consecutivi (2007, 2009 e 2011), oltre all’oro olimpico a Pechino 2008. Oggi Valerie ha imparato a sorridere, e quelli che una volta erano i suoi presunti “limiti fisici”, sono diventati i suoi punti di forza.
 
Ottime prestazioni, ma pochi squarci d’azzurro Un altro grande momento si è vissuto poi durante la gara dei 3.000 siepi maschili dove, ancora una volta, l’hanno fatta da padrone gli atleti keniani. Pensate che in questa specialità gli atleti cresciuti sugli altipiani di questo Paese dell’Africa orientale si aggiudicano ininterrottamente la medaglia d’oro olimpica dal 1968. Questa volta l’ha spuntata Paul Kipsiele Koech, già bronzo olimpico ad Atene 2004, che con il tempo di 7’54”31 ha stabilito la terza prestazione mondiale di tutti i tempi a meno di sette decimi dal record del mondo. Ottimo risultato cronometrico e nuovo record del meeting (nella serata ne sono stati stabiliti quattro in tutto) anche per l’etiope Abeba Aregawi, capace di fermare il cronometro, nei 1.500 metri femminili, a 3’56”54, e altri tre primati mondiali stagionali (nei 5.000 metri femminili per merito della keniana Vivian Cheruiyot, nel salto in alto maschile grazie al britannico Robbie Grabarz e nel giavellotto femminile per mano della ceca Barbora Spotakova), per un Golden Gala che si conferma davvero ad alti livelli.
 
In una disciplina sempre più universale (ai mondiali di Daegu dello scorso anno sono andati a medaglia rappresentanti di ben 41 diverse nazioni), dove sono capaci di emergere in continuazione nuovi atleti a tutte le latitudini, come ad esempio il discobolo iraniano Ehsan Hadidi, medaglia di bronzo iridata in carica e vincitore quest’anno all’Olimpico con la misura di 66.73, noi italiani fatichiamo un poco a tenere il passo.
 
Durante la nottata romana sono state davvero poche le soddisfazioni per i nostri colori. Un sorriso ce lo hanno regalato in particolare le mezzofondiste Silvia Weissteiner e Elena Romagnolo che, nei 5.000 metri, hanno ottenuto il minimo olimpico, stesso obiettivo centrato anche da Yuri Floriani nella già citata gara delle siepi. Ad oggi, con loro, sono 23 gli atleti azzurri di questo sport già qualificati per Londra. Un po’ pochini visto che a Pechino ne portammo 49. Ma da qui ai Giochi di Londra ci saranno ancora occasioni per fare bene, e conquistare un pass per poter partecipare nella disciplina “regina delle Olimpiadi” al più grande evento sportivo del pianeta. 
 

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