Tragedia senza fine

Ancora incerto  il bilancio ufficiale della tragedia fino ad ora, si parla di 76 morti, 187 feriti, un numero sconosciuto di scomparsi, 2.500 case completamente distrutte, 4. 000 con seri danni, e centinaia di machine bruciate.
EPA/ALEXANDROS VLACHOS

Ieri il premier Tsipras, in un annuncio televisivo drammatico, ha dichiarato il lutto nazionale di tre giorni. Ha ringraziato i leader europei per il loro supporto e ha promesso che «niente e nessuno sarà dimenticato». Ha inoltre sottolineato che «non è il momento per cercare e attribuire responsabilità perché ora la priorità e di assistere in tutti i modi possibili le vittime della catastrofe».

Anche se e vero che in questo momento ci sono altre priorità, anche se e noto che questo tipo di incendi – wild fire come li chiamano gli specialisti, cioè fuochi selvaggi – sono quasi impossibile da controllare e che il vento era troppo forte, le critiche ci sono assieme alla rabbia visto che ovviamente non c’era un piano di gestione dell’emergenza, non c’erano le infrastrutture necessarie e non c’era coordinamento tra le varie autorità.

È evidente, poi, come le stesse autorità abbiano sottovalutato l’incendio agli inizi, quando da Penteli è sceso a Mati finendo al mare e distruggendo tutto sul suo percorso. Sforzi e mezzi erano concentrati sull’incendio di Kineta, un grande fronte di fuoco vicino all’area delle raffinerie di petrolio. A Kineta il fuoco c’è ancora, anche delle case sono bruciate, ma le autorità locali hanno avuto l’accortezza di evacuare l’area e perciò non ci sono vittime.

La tristezza è profonda e diventa ancora più grande ogni volta che una tragedia personale viene diffusa, come quella dei genitori in panico che cercano ma non trovano i loro figli lasciati dai nonni per l’ estate, o quella della coppia irlandese che faceva la sua luna di miele a Mati, quella di un’altra coppia che ha salvato la propri casa ma dopo sono stati carbonizzati nella loro machina, quella della ragazza che e tornata a casa sua per salvare il suo cane ma non ce l’ha fatta, quella della ragazzina di 13 anni che si è buttata da quindici metri perché bruciava tutto e i genitori udivano le sue grida, quella di gente che, inseguita dalle fiamme, si e tuffata nel mare ma poi è annegata… E tante altre storie che sciolgono l’anima.  Ora Mati e un luogo deserto come fosse abbandonato da anni, dove non c’è più nessuna traccia di vita.

Necessitano farmaci, prodotti di igiene per bambini, pannolini, latte ed altri prodotti di lunga durata, persino acqua. C’è pure bisogno di mezzi aerei per il fronte di Kineta. L’Italia ha approvato la spedizione di due Canadair e lo stesso ha fatto la Romania. Quasi tutti i Paesi europei hanno dichiarato la loro disponibilità nonostante Il fatto che molti mezzi sono stati già inoltrati in Svezia, Paese che deve affrontare egualmente grandi incendi. Persino Turchia e Israele hanno dichiarato la loro disponibilità. C’è pure grande bisogno di volontari e di ingegneri che sappiano cercare nelle case bruciate intrappolata.

In questo contesto di caos, delusione, frustrazione, tristezza e rabbia si sono accese certe “candeline” di speranza e di fede: turisti stranieri che non hanno abbandonato i loro alberghi per aiutare la gente, profughi e migranti che hanno fatto di tutto per salvare famiglie e persone rischiando la propria vita forse perché hanno provato sulla propria pelle il senso di disperazione e abbandono, abitanti che sono rimasti nelle loro case per non abbandonare persone invalide che non si potevano muovere o correre e che grazie a Dio si sono salvate perché all’ ultimo momento il vento ha cambiato percorso…

La solidarietà della gente è impressionante. Una grande catena d’amore formata da individui, enti, imprese, industrie farmaceutiche, unioni, studenti, partiti, parlamento. Il giorno dopo, il momento della responsabilità, sarà proprio duro.

 

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