Tanto rumore per nulla?

Sussistono forti dubbi sui fondamenti giuridici del ricorso contro il papa per crimini contro l'umanità, presentato alla Corte penale internazionale da due associazioni americane
Papa Bendetto XVI

Il ricorso è stato presentato alla Corte de L’Aia soltanto ieri, ma tra gli esperti – nonostante la presidente di una delle associazioni promotrici, Barbara Blaine, abbia dichiarato al Washington Post che «le 20 mila pagine di documentazione raccolta soddisfano pienamente i criteri della Corte penale internazionale» – le perplessità sui fondamenti giuridici della questione sono considerevoli. Stiamo parlando dell’accusa rivolta al papa e a tre alti esponenti del Vaticano – il segretario di Stato card. Bertone, il suo predecessore card. Sodano, e il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Levada – di crimini contro l’umanità per aver coperto cinque casi di abusi sessuali su minori, avvenuti nella Repubblica Democratica del Congo e negli Usa ad opera di preti belgi, indiani e statunitensi.

 

Le ragioni che fanno dubitare che la Corte si dichiarerà competente sul caso sono diverse. Innanzitutto, questa ha giurisdizione soltanto sui 117 Stati che ne hanno ratificato lo statuto: e né gli Stati Uniti né il Vaticano l’hanno fatto. In secondo luogo, la Corte giudica su crimini di guerra, genocidio e crimini contro l’umanità: e sussistono forti dubbi sul fatto che gli abusi sessuali ricadano sotto quest’ultima categoria, in quanto – come ha spiegato al New York Times Mark Ellis, direttore della International Bar Association – «i crimini contro l’umanità consistono in un attacco diffuso e sistematico verso una popolazione. Si tratta quindi di un atto politico, in cui un governo o un’autorità pianifica questi atti». E, come ha affermato al Washington Post Giorgio Sacerdoti, docente di diritto alla Bocconi, «non ci troviamo davanti ad un attacco “sistematico”».

 

Si tratta quindi solo del «solito tentativo anti-cattolico», come definito dall’arcivescovo di Napoli card. Sepe, «di offuscare un’immagine che, dal punto di vista umano, è quanto di più prestigioso abbiamo nella nostra società»? Può darsi. Un docente di diritto internazionale, interpellato da Città Nuova, ha ritenuto di non commentare la questione perché «è evidente che tutto ciò che vuole chi solleva queste cause, che non hanno solide basi giuridiche, è che se ne parli». Il silenzio sia da parte del Vaticano che della Conferenza episcopale americana è senz’altro significativo in questo senso.

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