Suscitare comunità vive, fraterne e aperte

Passi promettenti di un'unità pastorale

È stato nel 2013 che il nostro vescovo, monsignor Ilídio Leandro, ha nominato don José Bento e me parroci in solidum delle undici parrocchie situate nel Comune di Fornos de Algodres, che conta circa 4.000 abitanti. Metà di loro risiede nella parrocchia più grande, in una cittadina che è il naturale punto di convergenza per le varie frazioni attorno. Facevamo vita comune nella canonica di Fornos e svolgevamo il nostro compito insieme, anche se ciascuno seguiva più da vicino determinate parrocchie. Più tardi si è unito a noi anche un giovane seminarista per uno stage pastorale.

Certo, soprattutto all’inizio, l’espressione “parroci in solidum” suscitava stupore e curiosità. L’abbiamo notato in particolare quando presentavamo il documento della nomina nelle banche e nelle varie sedi amministrative. Dicevamo allora che eravamo parroci “solidariamente, cioè alla pari” di quelle undici parrocchie e spiegavamo che era come suonare il pianoforte a quattro mani. Lo spartito da eseguire era il Vangelo che avremmo cercato di vivere, ma anche di testimoniare e annunciare.

Verso uno stile pastorale
più corresponsabile
e missionario

Eravamo nell’anno pastorale 2014-2015, quando il vescovo ha voluto farci visita nella canonica ed ha trascorso un intero pomeriggio con noi. Gli stava a cuore concretare quanto il Sinodo diocesano aveva stabilito per le “unità pastorali” e far sì che, terminata quell’assemblea, ri-
manesse però vivo e anzi crescesse in diocesi uno stile sinodale.

Ecco alcune cose che ci siamo detti in quel pomeriggio. Consideravamo insieme come lungo i secoli era andato sviluppandosi una presenza pastorale vicina alle persone e capillare: in ogni parrocchia vi era una chiesa, ogni chiesa aveva un campanile e all’ombra del campanile e al suono della campana vi era un parroco. Senza dubbio, quell’approccio a suo tempo è stato valido e c’è da essere grati e ammirati nei confronti dei parroci che ci hanno preceduti nel lavoro pastorale. Le circostanze mutate di oggi sembrano richiedere però uno stile di vita parrocchiale più “sinodale”, un cammino comune a partire dall’ascolto umile e costante della Parola di Dio e dai riflessi di questa Parola nella vita e nelle parole di tutti.

«Ai nostri giorni – ci ha detto il vescovo –, le persone non si incontrano solo perché vivono in un territorio, in una parrocchia o in un villaggio; ma si riuniscono, e forse anche percorrono molti chilometri, per un progetto in comune, per un ideale, per una causa o per una campagna da realizzare». Alla luce delle deliberazioni del Sinodo diocesano, il vescovo ci ha invitati quindi a dar vita, nella nostra unità pastorale, a uno stile più comunitario, corresponsabile e missionario, capace di suscitare comunità più vive, più fraterne, organiche e aperte.

Accogliendo con prontezza quanto era stato discusso in quel pomeriggio, abbiamo cercato di stendere un testo con alcuni orientamenti che abbiamo mandato al vescovo e che poi è diventato il punto di partenza per una riflessione con le persone impegnate nelle diverse parrocchie e con quelle che via via si sarebbero aggiunte. Mettevamo in luce che si trattava di consolidare e approfondire il percorso pastorale bello e determinato che i parroci precedenti avevano percorso assieme ai fedeli e di svilupparlo in modo che potesse portare ulteriori frutti.

Unità pastorale,
senza cadere
nel livellamento

Spiegavamo a tutti come le circostanze attuali, come il pluralismo, la mobilità e la carenza di sacerdoti, ma soprattutto la sfida di realizzare l’ideale del Concilio Vaticano II di una Chiesa comunione aperta a tutti, e dell’annuncio al Vangelo in tutti i posti e ambienti, ad ogni persona e ad ogni famiglia, ci indirizzavano decisamente verso una pastorale portata avanti più “insieme”.

Si trattava di raggiungere un duplice scopo: far sì che ogni parrocchia potesse mantenere la propria identità ed essere, allo stesso tempo, Chiesa nell’oggi per le persone e per le famiglie, aprendosi a un cammino condiviso con le parrocchie vicine: nell’annuncio del Vangelo, nella celebrazione della fede e nell’impegno/servizio della vita cristiana. Occorreva quindi fare in modo che l’unità pastorale diventasse un luogo ecclesiale di collaborazione stabile ed effettiva, con un progetto pastorale in comune e un unico Consiglio pastorale, ma anche di ravvivare anche la vita delle singole parrocchie.

Per raggiungere questo scopo abbiamo evidenziato cinque aree pastorali: la liturgia, l’annuncio, il servizio sociale, la pastorale familiare e quella giovanile. Convocando in ogni parrocchia un’assemblea parrocchiale, abbiamo proposto di eleggere un coordinatore per ciascuna di queste aree. Quei coordinatori, a loro volta, si sono riuniti per scegliere un coordinatore della loro area per tutta l’unità pastorale il quale avrebbe rappresentato quell’area nel Consiglio Pastorale.

Si sono formati in questo modo, a livello dell’unità pastorale, cinque équipe che si sono prese a cuore le varie aree della pastorale, e il Consiglio pastorale, presieduto da un moderatore sacerdote, con la presenza attiva di altri presbiteri, diaconi, religiosi,
religiose e laici, tra i quali almeno una coppia e un giovane. Queste persone sono divenute effettivamente corresponsabili con i parroci per una pastorale di vicinanza, una comunione con la diocesi e con tutta la Chiesa e un’apertura alla società.

A livello delle undici comunità, nell’assemblea parrocchiale si è eletta anche un’équipe pastorale parrocchiale, formata dai parroci, dai cinque coordinatori delle varie aree e da eventuali altre persone. Entrate in azione immediatamente, queste équipe erano la garanzia che ciascuna parrocchia, anche quella più piccola, continuasse ad avere la sua identità e il suo proprio cammino, e al contempo coo-
perasse nell’ambito dell’unità pastorale e della diocesi. Era impressionante vedere la gioia e la responsabilità delle persone elette nel cercare insieme – sinodalmente – cammini pastorali fecondi per la propria parrocchia.

Le sfide della comunione

Naturalmente, questo intreccio di rapporti e di comunione andava costantemente animato con lo spirito del Vangelo. Ricordavamo molte volte le parole scritte dal cardinale vietnamita Van Thuan durante la sua prigionia negli anni Settanta: «La comunione è un combattimento di ogni istante. La negligenza di un solo momento può frantumarla; basta un niente; un solo pensiero senza carità, un pregiudizio ostinatamente conservato, un attaccamento sentimentale, un orientamento sbagliato, un’ambizione o un interesse personale, un’azione compiuta per se stessi e non per il Signore. […] Aiutami, Signore, a esaminarmi così: qual è il centro della mia vita? Tu oppure io? Se sei Tu, ci raccoglierai nell’unità. Ma se vedo che intorno a me pian piano tutti si allontanano e si disperdono, questo è il segno che ho messo al centro me stesso»1.

Inconvenienti e sovrapposi-
zioni potevano succedere. Spesso si svolgevano varie attività contemporaneamente. Una sera erano programmati allo stesso orario in parrocchie diverse due incontri delle Comunità familiari (gruppi di famiglie che da alcuni anni si ritrovano mensilmente intorno alla Parola) ai quali avrei dovuto partecipare. Che fare? Andare ad entrambi? O non andare a nessuno dei due? Ho chiesto la luce dello Spirito Santo, ho parlato con un altro sacerdote ed ho risolto decidendo di partecipare all’incontro che si teneva più lontano, mentre all’animatore dell’altro incontro telefonavo promettendogli che mi sarei reso presente nel mese successivo. Ed è stato indubbiamente un bell’incontro! Ponendoci in ascolto, perché la Parola si facesse vita e la vita si facesse Parola, scoprivamo quanto sono vere le parole di Papa Francesco al n. 22 dell’Evangelii gaudium: «La Parola ha in sé una potenzialità che non possiamo prevedere. […] La Chiesa deve accettare questa libertà inafferrabile della Parola, che è efficace a suo modo, e in forme molto diverse, tali da sfuggire spesso le nostre previsioni e rompere i nostri schemi».

Apertura
alle attese sociali

Saper articolare la vita e i rapporti in modo diverso è stato decisivo per avvicinarci a uno stile di Chiesa più sinodale. Il fattore più importante non erano però i confini geografici, ma l’attenzione all’habitat, ovvero ai luoghi in cui si svolge la vita, dove si intrecciano i rapporti, i ricordi, i riferimenti simbolici e affettivi. Occorreva guardare alle persone e ai loro problemi concreti. Le circostanze ci hanno guidato a scegliere due vie preferenziali, ritrovando poi nelle parole di Papa Francesco conferma della nostra decisione: «I problemi più gravi di oggi sono la disoccupazione giovanile e la solitudine degli anziani». Negli incontri delle équipe pastorali parrocchiali e nel Consiglio pastorale, ci domandavamo quale potesse essere il contributo delle comunità cristiane nella ricerca della soluzione a questi e ad altri problemi sociali.

Per quanto riguarda la pastorale giovanile, è stata importante e indimenticabile la partecipazione di un gruppo consistente di nostri giovani, assieme a quelli della Fazenda da Esperança, al meeting dei giovani del 1° maggio alla Cittadella Arco Iris del Movimento dei Focolari, ad Abrigada. Ne è nata l’idea di un campo estivo, nel mese di agosto. In seguito si sono moltiplicati i gruppi giovanili, tra cui quello musicale Cantus Fraternus che è già intervenuto in numerosi incontri nelle parrocchie e anche in altre diocesi.

Per diventare più attenti alle situazioni di povertà e più capaci a rispondervi, con l’aiuto della Caritas diocesana è stato possibile dare una formazione adeguata ai membri dell’équipe per la pastorale sociale. Abbiamo iniziato a lavorare assieme alle altre istituzioni, partecipando attivamente al Consiglio generale della scuola pubblica e al Consiglio locale di azione sociale. Sono nate molteplici iniziative. Tra i frutti di questa collaborazione è la bella e accogliente Bottega sociale che riceve e mette a disposizione vestiario, scarpe, materiale scolastico, mobili, elettrodomestici, attrezzi per la manutenzione della casa e materiale informatico, e che offre pure l’opportunità di scambiare libri, cd, dvd ed altro ancora. Cerchiamo così di contrastare la povertà, venendo incontro ai bisogni delle famiglie in necessità, stimolando la loro partecipazione. Il servizio è assicurato da volontari e rappresenta un significativo passo in avanti nell’impegno sociale in atto nel Comune di Fornos de Algodres.

mons. Nuno Manuel
dos Santos Almeida

 

1) Preghiere di speranza. Tredici anni in carcere, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, pp. 44-45.

Nell’unità pastorale di Fornos de Algodres della diocesi di Viseu in Portogallo, undici parrocchie avviano un cammino insieme. Rispondono così al desiderio del vescovo che l’esperienza del Sinodo diocesano si traduca in uno stile pastorale più partecipato. L’organizzazione ha richiesto fantasia e coraggio. Decisive la cura dei rapporti e la valorizzazione delle storie di ciascuna delle componenti dell’unità pastorale. Sentore di una svolta necessaria nella gestione della pur necessaria organizzazione ecclesiale, che non può prescindere oggi dalla condivisione delle scelte e dalla vitale apertura alle realtà vicine. L’autore, a suo tempo parroco in solidum, da un anno e mezzo è vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Braga.

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