Suor Brambilla, segretaria del DIVCSVA: l’annuncio del Vangelo ai lontani primo compito della Chiesa

La missione, afferma suor Simona Brambilla, segretaria del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, è il fuoco di Dio. «È memoria vivente, infuocata, del mandato di Cristo ai suoi».
Suor Simona Brambilla, segretaria del Dicastero per la vita consacrata

Suor Simona Brambilla, già superiora generale delle Missionarie della Consolata dal 2011 al 2023, da qualche mese è stata nominata segretaria del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. Già infermiera professionale, ha insegnato per qualche anno presso l’Istituto di Psicologia della Pontificia università gregoriana.

Suor Brambilla, lei era già membro del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica: la nomina di papa Francesco l’ha sorpresa?
Sono stata nominata Membro del Dicastero nel 2019. L’essere membro ha comportato per me la partecipazione all’assemblea plenaria del 2021; non avevo altri compiti particolari legati al DIVCSVA. Concluso il mio secondo mandato come superiora generale delle missionarie della Consolata col Capitolo generale di maggio-giugno 2023, cominciavo a intravedere, in dialogo con la nuova superiora generale, alcune prospettive di futuro. Prima di tutto pensavo di vivere un tempo un po’ più tranquillo, sabbatico, per riprendere energie, rielaborare in preghiera il vissuto degli anni di servizio nel governo della Congregazione, raccogliere i frutti di Grazia di questo percorso: le grazie ricevute, la ricchezza e la fatica dell’accompagnamento dei processi di Congregazione, la bellezza della sinodalità vissuta e gustata, il grande dono di poter incontrare tutte le sorelle, di conoscere le nostre comunità missionarie e i popoli che le accolgono, le realtà di tante Chiese locali in Africa, America, Asia e Europa. Ecco, mentre riflettevo su tutto questo e, intanto, mi dedicavo a ripulire l’ufficio, a riordinare i documenti, a prepararmi a lasciare la casa generalizia, mi arriva una richiesta inaspettata da parte del Santo Padre. Ho sentito questa sua richiesta come una chiamata. Una chiamata che sconvolgeva le mie prospettive e mi apriva un cammino inedito, mai immaginato. E a questa chiamata, che davvero ho sentito intensamente come tale, pur con trepidazione e mille domande nel cuore, ho risposto di sì. Ed eccomi qua.

Lei era tra le 40 donne invitate al sinodo: cosa ha rappresentato per lei questa esperienza?
Le donne presenti alla prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi erano 85, di cui 54 con diritto di voto. Anche questa mia nomina da parte del Santo Padre a membro del sinodo è stata per me una grossa sorpresa. Sono arrivata alla vigilia del sinodo molto stanca e mi chiedevo come sarei riuscita a sostenere questo impegnativo cammino. La veglia “Together” e i tre giorni di ritiro a Sacrofano si sono rivelati come uno spazio benedetto nel quale noi, partecipanti all’Assemblea sinodale, abbiamo potuto fermarci, riflettere, pregare, conoscerci e sperimentare il metodo della conversazione nello Spirito. Questo momento sacro di raccordo tra il ritmo della vita quotidiana e il tempo straordinario e forte dei lavori sinodali ci ha aiutato ad entrare gradualmente e con pace nel processo, a coltivare un clima umano e spirituale che ci ha introdotto all’esperienza assembleare in spirito di dialogo, di rispetto, di fraternità/sorellanza. Così, piano piano, mentre il percorso sinodale procedeva, mi rendevo conto della grazia tutta particolare che lo animava e cresceva in me una sincera gratitudine per questa intensa esperienza dello Spirito.

Suor Simona Brambilla in Turchia

Abbiamo visto i partecipanti seduti ai tavoli, in gruppi di lavoro: è stata un’immagine molto suggestiva e significativa…
L’Aula Paolo VI in Vaticano si è trasformata in un grande cenacolo. I tavoli rotondi erano disposti attorno alla Parola e all’icona della Madre, la Salus populi romani che, come a Cana, vigilava con premura e discrezione sullo svolgersi del banchetto, custodendo la comunione, la gioia, la festa. Sedute alla mensa della Parola, che risuonava nella Scrittura e nella voce dell’altro e dell’altra, oltre 400 persone provenienti dai 5 continenti e dalle più diverse esperienze di Chiesa – cardinali, vescovi, preti, diaconi, consacrati e consacrate, laici e laiche – uniti da ciò che li rende profondamente fratelli e sorelle, oltre ogni ruolo, titolo, funzione, servizio, responsabilità: il Battesimo, l’immersione in Cristo, la vocazione cristiana! Al di là delle convergenze, delle questioni da affrontare e delle proposte raccolte nella Relazione di Sintesi e offerte a tutto il popolo di Dio come materiale per continuare il discernimento nel periodo che ci separa dalla seconda sessione dell’Assemblea (ottobre 2024), il clima umano e spirituale che si è creato fra i partecipanti al Sinodo lungo il mese di lavoro assieme costituisce, già di per sé, un dono straordinario, che merita assolutamente di essere contemplato, interiorizzato, fatto sedimentare e fruttificare nel cuore di chi lo ha ricevuto e in tutta la Chiesa.

Cosa significa essere missionari oggi?
Mi colpisce molto un’espressione dell’esortazione apostolica del papa Evangelii gaudium: «La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere sé stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare» (EG, 273).

Oggi e sempre, la missione appartiene al nucleo della vocazione cristiana e alla natura della Chiesa. L’incontro col Signore Gesù infiamma il cuore, ci marca a fuoco. Perché Dio è fuoco ardente. E il fuoco, per sua natura, illumina, scalda, si diffonde, purifica, trasforma… fino a rendere fuoco chi si lascia abbracciare dalla sua fiamma. Il beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, soleva dire: «Il Signore è fuoco… fate che questo fuoco si effonda in noi, ci scaldi. Chi non arde di fuoco di amore di Dio, come può incendiare gli altri? Ci vuole fuoco per essere apostoli». Ecco, la missione è il fuoco di Dio.

Suor Simona Brambilla in Mozambico

Un fuoco d’amore che in qualche caso si è trasformato in altro, ad esempio con le colonizzazioni… Qual è il vero senso delle missioni?
Nell’omelia della santa messa di apertura del sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, il 6 ottobre 2019, papa Francesco proponeva l’immagine del fuoco in questi termini: «La Chiesa sempre è in cammino, sempre in uscita, mai chiusa in sé stessa. Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra. (…) Il fuoco di Dio, come nell’episodio del roveto ardente, brucia ma non consuma (cfr Es 3,2). È fuoco d’amore che illumina, riscalda e dà vita, non fuoco che divampa e divora. Quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo. Eppure quante volte il dono di Dio non è stato offerto ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione! Dio ci preservi dall’avidità dei nuovi colonialismi. Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l’Amazzonia, non è quello del Vangelo. Il fuoco di Dio è calore che attira e raccoglie in unità. Si alimenta con la condivisione, non coi guadagni. Il fuoco divoratore, invece, divampa quando si vogliono portare avanti solo le proprie idee, fare il proprio gruppo, bruciare le diversità per omologare tutti e tutto». Anche nel Messaggio per la 97esima Giornata missionaria mondiale 2023, il santo Padre ha ripreso l’immagine del fuoco: «Non si può incontrare davvero Gesù risorto senza essere infiammati dal desiderio di dirlo a tutti. Perciò, la prima e principale risorsa della missione sono coloro che hanno riconosciuto Cristo risorto, nelle Scritture e nell’Eucaristia, e che portano nel cuore il suo fuoco e nello sguardo la sua luce. Costoro possono testimoniare la vita che non muore mai, anche nelle situazioni più difficili e nei momenti più bui».

Ecco, credo che l’immagine del fuoco possa parlarci efficacemente del senso della missione. Mi pare fondamentale non perdere di vista che l’annuncio del Vangelo a chi è lontano da Cristo è il compito primo della Chiesa (cfr EG, 15) e la missione ad gentes è memoria vivente, infuocata, del mandato di Cristo ai suoi.

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