Stop alla riforma disastrosa sull’azzardo. Chi ha vinto?

Sarà materia della prossima legge di stabilità ma l’impostazione non cambia, mentre l’industria di settore si consolida. Un dibattito rivelatore organizzato dall’associazione Giovanni XXIII. Il divieto della pubblicità come leva per uscire dall’ambiguità
Protesta del M5S durante la votazione al Senato sul voto di scambio

Il 27 giugno in maniera inaspettata è stato stralciato dall’ordine del giorno del Consiglio dei ministri il decreto che avrebbe regolamentato l’azzardo in base ad una bozza che ha ricevuto molte critiche dal mondo associativo cosiddetto no slot riportate su cittanuova.it. 

Eppure le condizioni generali erano le migliori nel Paese, tra paure crescenti del terrorismo islamico, questione migranti, crisi greca e le scosse telluriche di Mafia capitale. Chi avrebbe fatto caso ad una ennesima scelta controversa sulla regolamentazione di un settore considerato, nella vulgata comune, come una male necessario? Tra i quotidiani solo Avvenire poneva in prima pagina, il 21 giugno, l’ultimatum scritto dal suo direttore, Marco Tarquinio, davanti «alla resa dello Stato alla lobby del non-gioco per eccellenza e alla logica dei burocrati che ne presidiano i ricchi affari con l’alibi di un gettito fiscale vanificato dai danni inferti alle salute delle persone e alla salute pubblica».

L’editoriale di Tarquinio concludeva con un affermazione che rinnovava l’impegno a non arrendersi.

Su altri fronti, come quello della riforma delle banche popolari, l’esecutivo di Renzi ha tirato dritto senza ascoltare i richiami di quel “mondo cattolico” al quale appartiene, per formazione, il giovane presidente del Consiglio così come il sottosegretario all’Economia con delega ai giochi pubblici, Pier Paolo Baretta.    

Al momento non si può dire che la sospensione e il rinvio a settembre dell’intera normativa rappresenti una vittoria della società civile responsabile contro l’invadenza dei gruppi di interesse privato, perché la bozza della nuova disciplina ha anche fatto emergere dissensi nella filiera produttiva e commerciale del cosiddetto “gioco legale” per motivi estranei a quelli delle associazioni. Non tutte le aziende condividono il parere molto positivo sulla bozza di decreto espresso dalle imprese aderenti a Sistema gioco Italia (Federazione dell'industria del gioco e dell'intrattenimento aderente a Confindustria) che ha organizzato un convegno nella mattinata del 25 giugno,  con la partecipazione del sottosegretario Baretta, proprio per sottolineare «le potenzialità di un settore per il quale è necessario favorire il consolidamento e la specializzazione dell’offerta di gioco nel mercato nazionale, e promuovere allo stesso tempo una maggiore presenza delle aziende italiane sui mercati esteri, sostenendo il modello di controllo telematico e, più in generale, le soluzioni industriali sviluppate nel nostro Paese».  

Sistema Gioco Italia dichiara di rappresentare e «tutelare gli interessi del settore del gioco oggi composto da 6 mila e 600 imprese, che danno vita ad un bacino occupazionale di oltre 140 mila addetti».  Tra questi bisogna considerare almeno 5 mila persone dedicate al comparto strettamente produttivo (prodotti di gioco, terminali e reti dei sistemi di controllo dei concessionari) che ha raggiunto un valore di 500 milioni di euro nel 2014.

Sono numeri che testimoniano l’effetto della crescita abnorme dell’offerta dell’azzardo legale in Italia. Un giro di affari che, è il messaggio implicito, non può essere interrotto ma destinato a crescere anche a livello internazionale se non si vogliono raccogliere le conseguenze negative a livello finanziario e dell’occupazione.

Lo stesso Baretta ha ribadito, durante un dibattito organizzato il 27 giugno a Bologna dall’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, le buone ragioni della regolamentazione sull’azzardo temporaneamente rinviata all’esame della nuova legge di stabilità perché «dobbiamo conciliare le esigenze di tutelare la salute pubblica, combattere l’illegalità e dare un apporto all’erario».  Con queste tre priorità, da tenere sempre assieme tra loro, il sottosegretario ha ribadito la linea «non proibizionista» della delega ricevuta dal Parlamento.  Nel dibattito dove sono intervenuti il deputato Lorenzo Basso e l’esperto Matteo Iori, il presidente della Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda, ha semplicemente fatto presente che i cittadini si aspettano leggi giuste dalla classe politica perché «un popolo si costruisce con politiche sociali a favore dei giovani, non con il gioco d’azzardo. Siamo con i comuni che compiono obiezione di coscienza nei riguardi delle slot machine e chiediamo da subito una moratoria per i gratta e vinci. Creare una società amante della morte attraverso il gioco è un paradosso».

A questo punto della discussione brevemente riportata, e in attesa della nuova regolamentazione generale della materia, basterebbe, per sondare la reale volontà delle forze politiche, l’accordo su una “leggina” che vieti la pubblicità diretta e indiretta dell’azzardo. Metterebbe allo scoperto gli interessi trasversali che non potrebbero nascondersi dietro il paravento ambiguo della parola “proibizionismo”.

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