Solo per oggi

II diario intenso e scanzonato di una ragazza, Annapia Villani, che sapeva di essere malata di linfoma.
Annapia Villani

Non un solo diario. Ma molti. Ordinati con cura nella sua stanzetta. Ora, per l’amore dei genitori, raccolti in un libro che ripercorre la storia di una semplice ragazza di oggi che ha saputo affrontare la malattia con serenità e coraggio. La famiglia Villani è originaria di Gargano, ma si trasferiscono a Latina a metà degli anni Ottanta. Annapia non aveva ancora un anno ed aveva già due sorelle, Mariella e Giovanna, che la precedevano. Il papà Franco, perito agrario, trova lavoro come insegnante nell’Istituto San Benedetto e lo stesso avrebbe voluto fare la mamma, maestra, che trova un impiego migliore: casalinga a tempo strapieno con la nascita di altre due sorelline dopo Annapia, Francesca e Sara. Ci sono tutti gli elementi per una vita felice nel quartiere Borgo Piave, e tale, è veramente stata. Ripercorrendo le pagine di Annapia, adolescente, ragazza e poi donna non si può non restare ammirati per come sia riuscita a tramutare la sofferenza in letizia. Il testo che segue è l’introduzione al libro di Annapia Villani, Solo per oggi, scritta da Caterina Ruggiu, redattrice di Città Nuova.

 

«Aveva appena 30 anni, Annapia, quando il sipario è calato sulla sua giovane vita, che tuttavia lei ha vissuto da protagonista, amata e ammirata da quanti hanno avuto la fortuna di incontrarla, di passare qualche tempo con lei. Soprattutto da coloro che ne hanno ricevuto le confidenze, hanno intravisto il suo animo, conosciuto i suoi sogni, le sue speranze, i suoi desideri.

È stato il morbo di Hodgkin, il tumore che colpisce le cellule del sistema linfatico, ad assalirla all’età di 26 anni pregiudicando drammaticamente un futuro che sembrava splendido, viste le sue doti di mente e di cuore.

 

Mentre la sua giovinezza esplodeva, la sua vita ebbe un’improvvisa virata.

Era il gennaio 2002, e Annapia accusava una fastidiosa febbricola. Potevano essere i postumi di un’influenza, ma quel freddo invincibile e quegli improvvisi sudori notturni erano inspiegabili. Forse era lo stress della preoccupazione per la sorellina, Francesca, ricoverata al Gemelli. Lei aveva preso un permesso dal lavoro per poterla assistere. Una dottoressa amica, vedendo lo stato in cui si trovava, le consigliò di fare delle analisi.

 

Ci volle del bello e del buono per convincerla. Non era lei, in quel momento, ad aver bisogno di tutte le attenzioni della famiglia. Perché non si può immaginare Annapia senza le sue quattro sorelle: Maria, Giovanna, Francesca e Sara. Lei era la terza, quasi anello dì congiunzione tra loro, se si pensa che tra la prima e l’ultima delle sorelle corrono ben diciotto anni di differenza.

Seguì un mese di analisi, spesso dolorose. Tra alti e bassi, venne il responso. Fu un fulmine a ciel sereno.

 

Poi, a febbraio, il primo ciclo di terapie. Nel suo diario, con precisione cronometrica, prese ad appuntare sintomi, impressioni, sensazioni Mentre il tumore avanzava, era proprio lei, con un fine senso dell’umorismo che giungeva sino all’autoironia, a prendere in mano la sua vita. A riorganizzare, con coraggio insospettato e con infinita pazienza, i puzzle di una esistenza così diversa da come l’aveva sognata.

 

Quegli attimi, ricomposti con intelligenza d’amore, lasciavano intravedere un disegno inedito della sua vita che le si era mostrato nel volgere di quei brevi istanti.

Annapia attraverso i suoi diari – che iniziò a scrivere dall’età di 15 anni – ci ha fatto dono di migliaia di questi istanti, percepiti in modo diverso, quasi ingigantiti, a partire da quello, indimenticabile, di un giorno e un’ora precisi, che avrebbero segnato per sempre la vita della ragazza e della sua famiglia.

 

Il 29 agosto 2002 Annapia comunica a Linda (l’amica da sempre, la "soda" a cui sono indirizzate tante pagine dei suoi diari) l’inizio di una pagina nuova, da vivere con intensità e con quel pizzico di avventura che l’ignoto reca sempre con sé: “Questa sera a mezzanotte inizio la terapia e, come sempre, i sentimenti dentro di me sono contrastanti. Ho paura, però so che questo è un passo che devo fare e prima inizio prima finisco; sono fiduciosa, ma continuo ad alimentare la consapevolezza che non c’è certezza della guarigione! Mi sento intrappolata in questo momento: io sto bene, ma domani?”.

Sul foglio, è appuntata anche l’ora: le 20,14. Dopo la firma, un «N.B. ti invio la parola di vita di agosto, a me è piaciuta moltissimo e mi ha anche aiutata». Si riferisce al commento mensile ad una frase del vangelo proposto da Chiara Lubich.

 

Leggo le poche righe appuntate da Annapia il 18 gennaio 2006, quasi a conclusione di quella intensa esperienza di vita che è la malattia. Anche se nessuno ne prevede l’imminenza dell’epilogo, le sue condizioni si sono aggravate.

«lo credo che per ogni cosa ci sia una spiegazione, tutto quello che viviamo nasconde significati profondi ed intrinseci, comprensibili solo a distanza di tempo. Quello che sto vivendo…quello che stiamo vivendo, svela poco a poco un progetto meraviglioso!!

Sono convinta che tutta la sofferenza passata e futura sarà solo preludio di una vita bellissima, basata sull’Amore.(…)».

Si spegnerà serenamente, nella sua casa, all’alba del 23 aprile 2006, festa della domenica in Albis».

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