Social vietati agli under 16

Tra poco più di un mese, il 25 maggio, anche in Italia entrerà in vigore  una misura che dovrebbe garantire più diritti in termini di privacy e dati personali che interessa i Paesi dell’Unione europea

Tra poco più di un mese, il 25 maggio, anche in Italia entrerà in vigore il GDPR (General Data Protection Regulation, Regolamento generale per la protezione dei dati), una misura che dovrebbe garantire più diritti in termini di privacy e dati personali che interessa i Paesi dell’Unione europea. Per questo anche Facebook e i grandi colossi stanno incominciando ad adeguare le loro policy alle novità introdotte dal nuovo regolamento.

All’interno del provvedimento c’è un punto molto importante che riguarda il trattamento dei dati dei minori: nell’art. 8, infatti, viene espressa la soglia per il trattamento dei dati dei minori, fissandola a 16 anni. In soldoni, il consenso al trattamento dei dati degli under 16 dovrà essere prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale, ovvero dovranno essere i genitori a dare esplicitamente il consenso per l’utilizzo dei dati dei propri figli.

Questo provvedimento sta incominciando ad avere delle ripercussioni sulle regole e condizioni d’uso dei social network e chat che i minori utilizzano abitualmente: Facebook, Snapchat, Instagram, WhatsApp e tanti altri servizi online sono infatti al lavoro per aggiornare le loro policy per essere, almeno sulla carta, conformi al GDPR, introducendo il divieto di creazione di un account agli under 16.

Fino ad oggi il divieto per l’iscrizione dei più giovani era già fissata a 13 anni, anche in Paesi come l’Italia dove la legislazione non si è mai espressa in materia. Questo perché in assenza di elementi specifici ha fatto fede per le policy di social network e chat una legge americana approvata vent’anni fa che specifica la soglia minima a 13 anni.

Il “però” legato al GDPR è che all’interno del documento viene dichiarato che «gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni». Questo vuol dire che i Paesi che lo vorranno potranno lasciare tutto com’era, allineandosi al divieto ereditato dalla legge americana, riportando di fatto la soglia ai 13 anni.

Alcuni lati critici

Intorno a queste novità emergono però delle considerazioni di buon senso e alcuni lati della vicenda un po’ oscuri.

Partiamo dalla modalità con cui i genitori dovrebbero dare il consenso al trattamento dei dati del proprio figlio, permettendogli di fatto l’accesso e l’uso di social network e chat. Non è ancora chiaro come si muoverà WhatsApp, ma su Facebook il sistema sarà molto semplice: il ragazzo seleziona un proprio contatto o inserisce un qualsiasi indirizzo email; il destinatario riceve la richiesta e dà l’autorizzazione perché “proprio figlio” possa condividere informazioni sensibili. Facebook quindi si fida ciecamente, senza chiedere documenti aggiuntivi, che le persone indicate dai ragazzi siano i propri genitori o tutori. Questa modalità, evidentemente molto debole, apre inevitabilmente le porte alla possibilità che i bambini possano autorizzarsi la condivisione dei dati da soli, indicando un amico sopra i 15 anni o inserendo un proprio indirizzo e-mail alternativo e cliccando un bottone. Il tutto senza “fastidiosi” controlli aggiuntivi.

Il secondo aspetto parte da un dato di fatto: da sempre molti ragazzi e bambini si sono iscritti ai social network “barando” sulla propria età, perché le procedure di iscrizioni non hanno passaggi per verificare l’effettiva età ed identità di chi si iscrive. E allora, tenendo buono che la soglia sarà quella dei 16 anni, cosa succederà allo scoccare del 25 maggio agli account di chi ha meno di 16 anni? Prendendo in prestito l’immagine da Cenerentola, la carrozza si ritrasformerà in zucca? Facebook, WhatsApp e company opereranno delle azioni di bonifica per gli account diventati da un giorno all’altro “illegali”? Sembra oggettivamente una misura irrealistica, non fosse altro perché è attualmente impossibile determinare la vera età degli utilizzatori.

La terza è in prospettiva: social network e app vorranno davvero modificare le loro procedure di iscrizione con funzioni più stringenti di verifica dell’età di chi intende aprire un account?

Di fatto, l’impressione è che se da una parte i colossi della comunicazione si troveranno costretti ad inserire formalmente il divieto nelle loro policy, nulla in concreto cambierà. Fatta la legge, trovato l’inganno, la norma, infatti, potrebbe essere aggirata se l’under 16 utilizza il servizio sotto la stretta sorveglianza del genitore. Potrebbe essere infatti questa la scappatoia individuata dai diversi servizi per ottemperare alle norme, da una parte, ma evitare dall’altra misure troppo stringenti che potrebbero far perdere grosse fette di utenti (e di conseguenza di ricavi).

Qualcosa in più sarà forse più chiaro il 25 maggio. In sintesi, come già successo in passato, ciò che sembra è che WhatsApp e altri servizi potrebbero scegliere di fare il minimo sindacale alzando “nominalmente” la soglia di iscrizione da 13 a 16 anni, senza però mettere in campo adeguate misure di controllo che, ancora una volta, è bene invece che vengano messe in campo dai genitori e dal corpo educante che opera intorno ai ragazzi. Perché, indipendentemente dalle leggi, possano vivere nell’ambiente digitale un’esperienza positiva e di crescita.

 

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