Sinodo, è il momento della gratitudine

La lettera dei giovani a papa Francesco dimostra quanto impegno essi vogliano continuare a mettere per proseguire il cammino intrapreso. Lo stesso impegno si riflette nel documento finale del 27 ottobre, approvato quasi all’unanimità

La XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi, vissuta in una forma del tutto inedita e innovativa, giunge alle battute finali. Dopo il pellegrinaggio nel quale i padri sinodali, i giovani, gli uditori hanno percorso gli ultimi 6 km della via Francigena per arrivare alla Basilica di S. Pietro, la penultima giornata di lavori ha visto un momento di festa organizzato dai giovani per papa Francesco nell’atrio dell’Aula Paolo.

È il momento della gratitudine: “Grazie, Santo Padre”, è l’espressione di ogni cuore. Canti in ogni lingua, tanta gioia e un flash mob dal titolo Eis-me aqui hanno caratterizzato un pomeriggio fuori dal comune. Ad accompagnare i presenti anche la musica di Debussy, suonata al pianoforte dal card. Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Gratitudine è stata manifestata anche dal papa che ha voluto impartire su tutti una benedizione “dal cuore”, ha detto in lingua spagnola. In questi giorni i giovani hanno sperimentato la bellezza di riconoscersi fratelli anche se arrivati da Paesi ed esperienze diverse, ma tutti parte dell’unica Chiesa che accoglie, ascolta, viene incontro. Si è creato un clima di fiducia reciproca, di fraternità, durante i lavori del Sinodo ma anche nelle serate trascorse insieme, mangiando una pizza, passeggiando nei giardini vaticani.

Pope Francis

Viene letta anche una lettera, che porta in calce le firme dei ragazzi in vari colori. «Desideriamo dirti che siamo con te e con tutti vescovi della nostra Chiesa, anche nei momenti di difficoltà», scrivono i giovani nel breve messaggio nel quale si rivolgono a papa Francesco dandogli del “tu”. Un tempo importante, quello del Sinodo, durante il quale si è fatto insieme un «piccolo pezzo di storia». I giovani ne sono consapevoli e per questo scrivono: «Le idee nuove necessitano di spazio e tu ce l’hai dato. Il mondo di oggi, che presenta a noi giovani opportunità inedite insieme a tante sofferenze, ha bisogno di nuove risposte e nuove energie di amore. Ha bisogno di ritrovare la speranza di vivere la felicità che si prova nel dare più che nel ricevere, lavorando per un mondo migliore».

«Condividiamo il tuo sogno: – prosegue la lettera – una Chiesa in uscita, aperta a tutti soprattutto ai più deboli, una Chiesa ospedale da campo. Siamo già parte attiva di questa Chiesa e vogliamo continuare a impegnarci concretamente per migliorare le nostre città e scuole, il mondo socio-politico e gli ambienti di lavoro, diffondendo una cultura della pace e della solidarietà e mettendo al centro i poveri, in cui si riconosce Gesù stesso».

Ti preghiamo di proseguire il cammino che hai intrapreso e ti promettiamo il nostro pieno sostegno e la nostra preghiera quotidiana.

Nel pomeriggio del 27 ottobre il documento finale – composto da tre parti, 12 capitoli, 167 paragrafi, 60 pagine – viene approvato in tutti i suoi punti con una maggioranza largamente superiore ai due terzi previsti. Lo ha reso noto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione.

L’episodio dei discepoli di Emmaus è il filo conduttore: è importante camminare con i giovani, dialogare con loro, evitando “risposte preconfezionate e ricette pronte”. Un ruolo fondamentale rivestono le istituzioni educative cattoliche – chiamate ad affrontare il rapporto tra la fede e le istanze del mondo contemporaneo – e la parrocchia, “Chiesa nel territorio”, che deve ripensare la sua vocazione missionaria. All’interno della famiglia, “Chiesa domestica”, si evidenzia il ruolo dei nonni nella trasmissione della fede e si richiama l’attenzione sul rischio dell’indebolimento della figura paterna.

Ampia la riflessione sui “diversi tipi di abuso” e il “fermo impegno per l’adozione di rigorose misure di prevenzione che ne impediscano il ripetersi, a partire dalla selezione e dalla formazione di coloro a cui saranno affidati compiti di responsabilità ed educativi”.

Viene trattato anche il tema del ruolo della donna, che deve essere valorizzato, perché la loro assenza impoverisce il cammino ecclesiale. Si auspica, quindi, “una presenza femminile negli organi ecclesiali a tutti i livelli, anche in funzioni di responsabilità”. “Si tratta di un dovere di giustizia”, afferma il documento.

Ci si sofferma sul tema dell’affettività, della sessualità, riconoscendo la difficoltà della Chiesa nel trasmettere oggi “la bellezza della visione cristiana della corporeità e della sessualità”. “Occorre proporre ai giovani un’antropologia dell’affettività e della sessualità capace di dare il giusto valore alla castità” per la crescita della persona, “in tutti gli stati di vita”. È necessario, a tal fine, formare operatori pastorali credibili e maturi da un punto di vista affettivo-sessuale.

Il documento si conclude con l’appello ad accogliere la chiamata alla santità: “Le diversità vocazionali si raccolgono nell’unica e universale chiamata alla santità. Purtroppo il mondo è indignato dagli abusi di alcune persone della Chiesa piuttosto che ravvivato dalla santità dei suoi membri, per questo la Chiesa nel suo insieme deve compiere un deciso, immediato e radicale cambio di prospettiva! I giovani hanno bisogno di santi che formino altri santi, mostrando così che “la santità è il volto più bello della Chiesa” (Gaudete et exsultate, n. 9). Esiste un linguaggio che tutti gli uomini e le donne di ogni tempo, luogo e cultura possono comprendere, perché è immediato e luminoso: è il linguaggio della santità».

Il percorso, tuttavia, non è concluso: a partire da lunedì si inizierà a lavorare nelle diocesi, nelle parrocchie, nei movimenti ecclesiali, per dare concretezza alle idee e continuare a camminare insieme.

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