Sesquenza angelica

L’ho visto incedere celere e lieve, sospinto da un vento, da ali segrete. Al suo cospetto la parola costretta al silenzio, rapito lo sguardo. Dell’uomo la postura, il vento, della donna le ali e il passo. Di velluto bianco la voce suadente priva di flessione. Ho cercato nel suo volto un’ombra d’imperfezione. L’ho cercata nella linea della bocca quando cambia espressione per passare dalla serietà al riso, ho prestato attenzione ad ogni minuscola deformazione dei muscoli labiali. Sono scivolato sulla sua pelle d’avorio senza incontrare neppure un’impurità, ho percorso il profilo esatto del naso in attesa anche solo di un leggero sbuffo, magari per liberarsi da un pensiero, dar sfogo a un’emozione. Ho sperato nella malcelata ineleganza delle sopracciglia, nel loro inevitabile aggrottarsi. Ho evitato gli occhi troppo azzurri, i capelli corvini perfettamente lisci. Ed ho osservato le orecchie, dove la natura, seppur prodiga di bellezza, a volte si rilassa, lasciandosi sfuggire qualche millimetro di troppo, una svista pendula, oppure si contrae un istante privando la cartilagine della sua aura di carne. Ho tracciato infine una linea immaginaria che attraversa il volto dalla fronte al mento, dividendolo in due metà perfette, quasi ad implorare una vaga asimmetria. Non ho trovato neanche quella. Ed ho avuto orrore della sua bellezza asettica. Luciferina. Era lui l’angelo più bello. Non perdonò mai a Dio d’essersi maculato d’uomo.

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