Secoli di gioventù

Il romanzo-diario non è stato mai un genere facile, in quanto ad un ritmo apparentemente temporale si sovrappone una realtà che attraversa il tempo, dettata da scansioni interiori fatte di pause, riflessioni, ricordi, commenti. Anche Eraldo Affinati, uno dei più autentici scrittori dell’ultima generazione, conosciuto per Campo di sangue, Il nemico degli occhi e Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Bonhoeffer, nonché per aver curato per I Meridiani l’opera completa di Rigoni Stern, ci prova col suo ultimo romanzo Secoli di gioventù, finalista al Premio Grinzane Cavour 2005. Il diario è scritto da un insegnante di italiano e storia in una delle tante scuole professionali di Roma.Ad esso però si aggiunge una serie di messaggi che egli invia a Mayer e Magdaleine, genitori separati di Helmut, un ragazzo tedesco scomparso dopo aver conosciuto la storia di suo nonno militare in una corazzata tedesca in Italia durante l’ultima grande guerra; i resti del nonno sono stati ritrovati alla periferia dell’Urbe, proprio dal docente e da un gruppo di suoi allievi. Ai genitori di Helmut, conosciuti in un suo viaggio scolastico in Germania, il docente scrive dopo aver accettato l’invito di mettersi sulle tracce del ragazzo partito per l’India. A loro racconta il suo impegno a entrare nel difficile mondo degli alunni svantaggiati, così ricco di contraddizioni: Insegnare italiano e storia ai ragazzi difficili, caro signor Mayer, mi ha cambiato la vita forse nello stesso modo in cui la sua cambiò quando decise di vederci chiaro affidandosi a me… Li ho chiamati ragazzi difficili: ma loro sono semplici come operazioni a due cifre.Mi creda: è il nostro sguardo a complicarli. È un modo indiretto per comunicare loro che se Helmut ha abbandonato la sua patria e i suoi affetti è perché, forse, si è sentito respinto da una società divenuta per lui estranea. La lotta quotidiana che il docente – in quanto educatore – deve fare con i suoi alunni si interseca col suo viaggio in India alla ricerca di Helmut. Da una parte il lavorare affinché non si spezzi con gli alunni un legame di stima e di fiducia reciproca senza il quale non c’è scuola né società né storia, dall’altra le tappe di un’avventura nella sorprendente nazione indiana accompagnato dal più sgangherato dei suoi alunni, soprannominato dai compagni: Rosetta. Questo ragazzo mi chiama in causa in quanto essere umano. C’è un groviglio sotto di noi, da cui nascono tutte le piante: la radice comune… nelle disattenzioni di Rosetta, nelle sue apatie, nelle sue svogliatezze, individuo i guasti dell’impianto generale e, anche se non riuscirò mai a ripararli,m’illudo di poterli riconoscere. Il lungo viaggio si rivelerà un esperienza fondamentale nella vita del docente e dello sgraziato adolescente, in quanto entrambi, a livelli diversi, percepiranno che per la trasformazione della società, e per il superamento delle violenze accumulate nei secoli, occorrono tempi lunghi: Occorre saper attendere anni e anni prima che le azioni compiute dagli uomini acquistino un senso visibile: e non bisogna illudersi di poterlo sempre trovare. L’India in questo, ci può insegnare qualcosa. Il loro ritorno a Roma, pur carico di nostalgia per quanto hanno vissuto, è ricco di prospettive: Forse siamo cresciuti. O siamo diventati più piccoli. È questa la scoperta che il docente si porta dentro e che, in certo modo, rende anche Rosetta più attento a chi gli sta accanto, nonostante le ferite che la vita stessa gli ha inflitto. Ora il ragazzo lavora in un’officina di Centocelle. Prepara da mangiare alla madre, tiene pulito, fa la spesa. Ha preso le redini della carovana. Sulle ceneri di un disastro mondiale, sembra dirci Affinati in questo libro scritto con passione e ricco di riferimenti letterari, può rinascere un destino di vera umanità: a condizione che gli adulti sappiano affiancare i giovani con atteggiamento di collaborazione e ricerca comune. Pasquale

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