Se in Europa vince il più forte

Il surplus della bilancia commerciale tedesca mantiene l’inflazione sotto il minimo previsto, mentre la Francia ha superato il deficit consentito da Maastricht, eppure la Commisione europea non interviene. Si temono forse le reazioni dei due paesi fondatori dell'Ue e dei suoi cittadini
Economia tedesca

Il mondo affronta il 2015 navigando in acque agitate da varie tempeste, una delle quali è dovuta al crollo del prezzo del petrolio, che modifica molti equilibri economici, alleggerendo la bolletta energetica dei Paesi importatori, ma appesantendo i bilanci dei Paesi esportatori.

Il primo suo risultato è la fuga dal rublo, il cui valore in dollari è dettato dall’equilibrio di mercato tra quanti dollari sono necessari per le importazioni e quanti dollari entrano nel paese grazie alle esportazioni, questi ultimi adesso dimezzati per il calo del prezzo del greggio. L'equilibrio poi, può essere fortemente sbilanciato dai  capitali in fuga dal paese  nel timore di ulteriori svalutazioni o restrizioni nei loro movimenti.

Per bloccare la svalutazione del rublo al sessanta per cento del valore di cambio precedente, la banca centrale russa, ha dovuto sacrificare 100 miliardi di dollari, un quarto delle sue riserve, per trasformare in dollari i rubli dei russi che volevano mettere al sicuro i loro capitali nelle banche di Londra, Zurigo o New York; non potendo continuare a svenarsi per mantenere il valore del rublo. Adesso la Russia dovrà tirare la cinghia, adeguando le importazioni e gli investimenti ai futuri introiti in moneta internazionale, ridotti non solo per il valore delle esportazioni, ma anche per il minor credito estero.

Questa è la logica di uno stato che ha una sua banca centrale ed una sua moneta, ma quando diciannove stati europei, ognuno con un governo, un programma di investimenti e sistema fiscale condividono una stessa moneta, le cose si complicano: ognuno deve gestire le sue finanze entro confini che assicurino il valore dei risparmi dei cittadini nella moneta comune, senza che quelli dei cittadini di uno stato accorto siano compromessi dal comportamento di uno altro stato spendaccione.

Così chi ha aderito all’Euro si è impegnato con il trattato di Maastricht a non aumentare il proprio debito in termini monetari oltre il tre per cento e a mantenere una inflazione media attorno al due per cento (con scarti tra paesi di non oltre l’1,5 per cento) tramite la quale il valore del debito pubblico preesistente si sarebbe ridotto ogni anno di altrettanto.

Se per non superare il deficit di bilancio e la massima inflazione ogni stato avesse dovuto contenere le spese, per mantenere la inflazione al due per cento occorreva che venissero aumentate le spese negli stati come la Germania, che grazie alla moneta comune riuscivano ad esportare valori molto superiori al valore delle loro importazioni.

Secondo il trattato di Maastricht attualmente chi non rispetta le regole dovrebbe essere sanzionato con penali, la Francia per superamento del deficit e la Germania per un surplus della bilancia commerciale che mantiene l’inflazione sotto il minimo previsto.

La comunità europea si astiene da sanzionare entrambi i casi. Il problema è che se uno stato che non rispetta i limiti del deficit di bilancio è penalizzato dall’aumento dei tassi quando rinnova i suoi titoli, chi non rispetta il surplus della bilancia commerciale non ha penali.

Quindi in Europa il più forte può evitare di rispettare le regole?  Gli statisti che hanno ideato la comunità europea la vedevano come un obiettivo comune, un'unica Europa di molti popoli, faro di civiltà. Quelli del presente sembrano aver dimenticato questo ideale.   

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