Sartori e l’homo videns

Il politologo e polemista se ne va a 92 anni, sazio di libri e di invenzioni semantiche. Suoi il “Porcellum” e il “Mattarellum”. E anche l’“homo videns”

«Il genio matto della politica», lo definisce Giuliano Ferrara su Il Foglio, che aggiunge: «Era impossibile essere d’accordo con lui, ci mancherà». Angelo Panebianco, invece, sul Corriere della sera lo elegge «maestro della politica». Spiegando che non è stato solo un politologo, ma anche «un organizzatore di cultura». Su la Repubblica, Filippo Ceccarelli sostiene che Sartori ha inventato «la gaia scienza della politica»: aggiungendo che «per vent’anni almeno allegramente si è scagliato contro il ceto politico in nome di quella democrazia liberale che pure, nella sua testa, doveva fare i conti con le debolezze umane». Infine, Antonio Carioti, sempre sul Corriere della sera, il “suo” giornale, lo definisce «professore della politica» elogia le sue «reprimende rigorosamente bipartisan, rivolte a tutti i settori della destra e della sinistra», dalla sua cattedra alla Colombia University, in collegamento skype per qualche congresso o dalle pagine del giornale.

Nessuno, o quasi, lo ricorda come autore di un libro del 1997 dal titolo strano per un politologo: Homo videns, un piccolo capolavoro per le scienze della comunicazione. Con un sottotitolo esplicativo: “Televisione e post-pensiero”. Cosa offriva in questo libercolo il politologo toscano? Una spietata analisi della progressiva stupidità indotta dallo strapotere della televisione nel formare le coscienze della gente. Dopo aver fatto un’analisi dell’irruzione nel sistema massmediatico dei media “ad immagine” (in tutte le loro forme più o meno evolute, più o meno invadenti), Sartori individua nella televisione il principale veicolo della «stupidità globalizzata». Scrive: «Oltre che delle false statistiche e delle interviste casuali, la disinformazione è alimentata da due tipiche distorsioni di un informare che deve essere a ogni costo “eccitante”: il premiare l’eccentricità e il privilegiare l’attacco e l’aggressività» (p. 64). Cioè la spettacolarizzazione.

Si arriva quindi, con questi metodi di comunicazione visiva e televisiva a creare una «opinione tele diretta», costituita da meno informazione e più disinformazione, basandosi sul fatto che «anche l’immagine mente», e che la conoscenza per immagini ha dei limiti enormi. Riassumeva così la sua tesi, Giovanni Sartori: «Primo, il vedere non è conoscere. Secondo, il conoscere può essere aiutato dal vedere. Terzo, il che non toglie che conoscere per concetti si dispiega tutto quanto oltre il visibile» (p. 149).

Conclusione di Sartori: la conoscenza per immagini veicolata dalla televisione porta gli utenti a un progressivo “istupidimento”, arrivando a creare una “video-politica” che distrugge i partiti e il radicamento nel territorio, aprendo la strada a derive di «politica del consumo, politica consumista».

Non vi sembrano profetiche queste affermazioni, vedendo la politica dei saltimbanchi, dei tycoon, dei comici, degli imbonitori pubblici?

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