Roméo et Juliette alla Scala

Fino al 23 giugno, alla Scala di Milano, il dramma dei due innamorati veronesi, nella rivisitazione di Charles Gounod
teatro alla scala di milano

La storia di Giulietta e Romeo, di tradizione novellistica italiana poi passata al dramma scespiriano, è stata arcisfruttata dai musicisti, e non solo. Nel teatro d’opera, le rivisitazioni più famose sono quelle di Vincenzo Bellini “I Capuleti e Montecchi” e quella appunto di Charles Gounod, nel 1867, attualmente – fino al 23 giugno – al Teatro alla Scala di Milano. Vi mancava da decenni, perciò è una occasione da non perdere.

 

La musica è vaporosa, brillante, molto francese, insomma. I cinque atti del “dramma lirico” non pesano, anche perché la musica si concentra sulla storia d’amore ed il resto – ovvero il conflitto sociale – Gounod lo lascia nella cornice. L’aveva fatto anche nel 1859 nel Faust, e può sconcertare.

 

Ma il grande Charles era così: distillava le sue melodie soffici, leggiadre, dentro una orchestrazione raffinata e gli bastava la storia d’amore. Così, si potrebbe dire che quest’opera è il Tristano e Isotta francese. Non si arriva come in Wagner ad un deliquio amoroso infinito e struggente – la musica francese non ama troppo le lentezze germaniche – ma il risultato è quello di un identico struggimento amoroso, di una vita a due raggiunta un attimo e subito dopo dissolta nella morte.

 

L’allestimento scaligero, proveniente da Salisburgo, è concentrato su una sola scena centrale, dentro architetture classicheggianti, fra cui si muove la folla di personaggi, vestiti un po’ stile rinascimento, un po’ settecento. La regia di Bartlett Sher, è muscolare, e cantanti attori come Vittorio Grigolo e Juan Francisco Gatell si muovono agili e scattanti come in un film di cappa e spada.

 

La parola migliore spetta alla musica. Il trentaseienne canadese Yannick Nézet-Séguin al suo debutto in Scala, tiene in pugno con morbidezza l’orchestra, ottiene raffinatezze di una tipica “sensiblerie” francese, smorza le entrate degli ottoni favorendo un impasto caldo e agile dei suoni ed accompagna con senso della misura i cantanti. Grigolo svetta con la voce acuta, fresca, sonora e l’agilità del corpo; se facesse maggior attenzione alle sfumature, sarebbe perfetto. La Juliette di Nino Machaidze è limpida, musicale e riesce bene soprattutto nei quattro intensi duetti d’amore.

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