Ripensiamo la scuola, non solo “mascherine” ma un nuovo patto educativo di comunità

Non si tratta di un semplice ricominciare ma di rifondare la scuola, rinnovare la didattica e la relazione educativa.  Occorre superare la subordinazione della scuola al sistema economico che ha iniettato  il virus della concorrenza e non lo spirito di cooperazione
Scuola AP Photo/Luca Bruno

Lunedì 14 settembre 2020, 8 milioni di alunni sono tornati a scuola dopo mesi di pandemia.  Rientrare in classe è una opportunità anche per le famiglie. È l’occasione per rinnovare un Patto di comunità delle scuole con le reti del Terzo Settore, anche per la Didattica a distanza.

La formazione di un ragazzo è infatti interesse civico di tutti, è un investimento in capitale umano e cittadinanza attiva che riguarda tutti, non solo scuole e famiglie. Il Patto di comunità in realtà è un Patto della società civile. La scuola italiana saprà riempire queste aule vuote da marzo di una ricchezza nuova? Saprà usare parole inedite in sostituzione di questo insostenibile silenzio?

La tragedia del Coronavirus è l’occasione, come sempre nella storia, per un cambiamento. Non ci si può sottrarre alla ridefinizione di obiettivi, mezzi, strumenti per poter vivere una nuova relazione educativa in un ambiente veramente formativo e sereno. Come sarà la scuola dopo il Covid19? Dobbiamo ripensare la didattica, la valutazione, il rapporto tra metodi e contenuti. Non si può risolvere solo in mascherine. Igienizzante e distanziamento. Si ritorna alla relazione fisica, corporea, che è alla base di ogni processo educativo e che è ciò che è mancato.

Non quindi un semplice ricominciare ma un rifondare la scuola, ripensarla a partire dalla insostituibile relazione di contatto tra insegnanti ed allievi in un ambiente dotato di senso. La scuola insegna a vincere la paura e ad affrontare il tema del limite umano e della morte per anime e corpi feriti da curare. L’insegnante è il vero antivirus se sa suscitare il desiderio di sapere, se sa attivare eros rispetto ai contenuti da apprendere.

   È lo spazio della comunità. La discussione politica è zeppa di questioni logistiche, pure imprescindibili per la sicurezza sanitaria: banchi, mascherine, temperatura da misurare, bolle da isolare. Ma come cambierà la didattica negli anni 2020 e seguenti?

Come salvaguarderemo la missione formativa della scuola? Cosa offre maggiormente la didattica in presenza? Quando utilizzare quella a distanza? La differenza è sul piano relazionale e in senso cognitivo. Non si può sostituire la relazione faccia a faccia per ottenere socializzazione con linguaggio verbale e non verbale. Gli alunni imparano infatti a codificare e a decodificare la comunicazione umana nella sua complessità anche emotiva. La classe non è solo un luogo fisico, è soprattutto un luogo simbolico. L’alunno percepisce il legame sociale ed affettivo che lo unisce agli altri in una comunità e forma la sua personalità.

Nella didattica a distanza lo spazio è virtuale. Non ci sono muri e cartelloni con i lavori. L’insegnante in classe ha una visione del gruppo, delle sue ansie, delle difficoltà fisiche e di apprendimento. In presenza si attivano l’argomentazione, la discussione, la coesistenza con altri punti di vista, l’educazione alla cittadinanza, la trasmissione dei saperi complessi.

Un primo cambiamento dovrà riguardare il corpo. Occorre valorizzare l’operatività, cioè la relazione virtuosa tra cognizione e sfera psico-motoria. Si stava troppe ore fermi nel monolite classe. Serve più relazionalità sensoriale, ad esempio in laboratori di scienze, arte, informatica, storia, geografia, diritto ed economia, spazi per lo sport all’aria aperta.

La comunicazione in una comunità significa condivisione di valori e di significati, educazione al pensiero critico e laterale. Il docente deve lasciare la lezione frontale ad alcuni momenti, anche con la DAD, per mettersi al fianco dell’alunno dotato di molti strumenti informatici e laboratoriali per scoprire la vita, il mondo, sviluppare competenze. Non può essere solo arida e noiosa trasmissione di informazioni che fa allontanare i ragazzi dalla scuola. Sarà pertanto positiva una soluzione mista di didattica in presenza e a distanza.

Un ostacolo, poi, allo sviluppo del senso di comunità è la deriva della scuola- azienda. Negli ultimi decenni si è pensato che essa dovesse soprattutto garantire uno stock di competenze tecniche da utilizzare nei processi produttivi. Si è subordinata la scuola al sistema economico iniettando il virus della concorrenza e non lo spirito di cooperazione. Scuole, insegnanti, studenti competono in una astratta meritocrazia scartando chi vive in situazione di povertà educativa. Fine dell’ascensore sociale.

La scuola invece è una comunità educante che include e forma cittadini consapevoli oltre che lavoratori capaci. Gli insegnanti e i dirigenti, intesi come leader educativi e non burocrati, da valorizzare anche sul piano economico esigendo vocazione, preparazione professionale e aggiornamento continuo, sono i veri motori del sistema formativo integrato anche con esperienze vere di alternanza tra scuola e lavoro. Il ruolo educativo poi della famiglia è insostituibile. Le famiglie vanno inserite in reti sociali di sostegno con il Terzo Settore ed Enti locali per superare le tante povertà formative emerse in questi mesi. Il successo dell’educazione passa attraverso la collaborazione tra i diversi luoghi formativi: famiglie, scuole, associazioni di volontariato, parrocchie, movimenti, uffici, imprese.

Grandi cambiamenti hanno investito la società negli ultimi quarant’anni sul piano economico, politico, relazionale, valoriale. La società chiede oggi al sistema formativo di costruire nuovi paradigmi in grado di affrontare la post-modernità. Scuola, società, Chiesa, Social, sono chiamati ad abbandonare i vecchi sistemi educativi fondati su autorità e forza per fare spazio a nuove capacità relazionali. Al centro un nuovo modo di interpretare l’uomo.

Non un individuo isolato ma un “uomo-mondo”, come lo definiva Chiara Lubich, non più concentrato nella sua realizzazione e sui piaceri ma sulla comunità. Essendo un essere sociale l’uomo si realizza infatti solo nel rapporto con gli altri all’interno del mondo unito. Questa è la risposta alle povertà educative contemporanee: una grande Patto educativo globale per un Nuovo Umanesimo, lanciato da papa Francesco per il prossimo 15 ottobre.

Chiunque abbia a cuore l’educazione delle giovani generazioni è invitato a sottoscriverlo per generare un cambiamento di mentalità su scala planetaria mediante l’educazione. Verrà sottoscritto il «Global compact on education» da vari organismi internazionali, istituzioni, mondo accademico, economico, politico e culturale. «Occorre approfondire la dimensione antropologica, comunicativa, culturale, economica, generazionale, pedagogica e sociale di questo Patto Globale».

 

 

 

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