Ripartiamo. Ok. Ma come?

Mentre il governo ipotizza riaperture controllate per il prossimo futuro, conviene prepararsi. Ma come? E come ci troveremo?
Ripartiamo

Ho incontrato recentemente (via Zoom, tranquilli) un imprenditore che mi ha chiesto come ci saremmo ritrovati alla ripartenza. Si parlava in particolare di Cina e di Stati Uniti, di guerre commerciali globali, di una economia come quella cinese che sprizza energia da tutti i pori e macina record su record, ma anche di un sistema borsistico mondiale che invece non vuole seguire la stessa direzione di crescita. Come ripartiamo?

In effetti cominciano a delinearsi gli scenari globali che ci ritroveremo alla ripartenza dopo il Covid. Capiremo soprattutto che enormi ricchezze si sono spostate dalle lobby del petrolio, e in misura minore delle armi, verso il digitale e il farmaceutico, mentre in stallo sono le ricchezze delle assicurazioni. Così usciranno dal digitale le 5 lobby che influenzano il governo Usa.

Grandi sommovimenti avvengono altresì nel mondo a maggioranza musulmano, a 20 anni dalle Torri Gemelle, soprattutto nei rapporti col mondo occidentale. Biden si schiera contro i sauditi – facendo un cambio di rotta a 360 gradi rispetto a Trump − e ritira i soldati dall’Afghanistan e tutto si muove, come d’incanto. L’Italia apre d’improvviso dei fronti conflittuali con l’Egitto per Regeni (nazionalità a Zaki) e con la Turchia (le parole di Draghi rispetto al “dittatore” Erdogan) approfittando della vergognosa crisi per la poltrona mancata della Von der Leyen, mentre il nostro Paese ritorna in primo piano nella vicenda libica. E mentre le onde degli immigrati dal Sud del mondo rallentano, nonostante l’orribile stato del corridoio balcanico.

L’Europa si ritrova più unita, anche se nuove tensioni nascono per la questione vaccini, dopo il grande ritorno di fiamma dovuto al Recovery Fund, tutti pronti a ripartire, anche i sovranisti, guarda un po’.

L’Africa è in stand by, risparmiata per fortuna dalla pandemia. Crescono le tensioni fondamentaliste, ma non calano i Pil e gli altri indicatori economici.

Le Americhe sono tramortite dal Covid e dai presidenti egotici ed eccentrici, oltre che negazionisti. Si evidenzia il deficit dei sistemi sanitari. Gli Stati Uniti sfruttano i loro vaccini, mentre le altre Americhe, centrale e meridionale, ne sono sprovviste. Salvo il Cile, che registra però il grave flop legato al vaccino cinese che non funziona granché.

Ci sono però delle novità globali di segno positivo. Innanzitutto, il ritorno al welfare: gli Stati riprendono a sovvenzionare le economie (e in misura minore i poveri), mentre cresce il peso del digitale, compreso l’enorme fatturato degli acquisti da remoto (i servizi di asporto, o di delivery, come si dice, Draghi se ne faccia una ragione) con consegna a domicilio, cibo compreso. Da registrare anche la crisi della mobilità sociale (compagnie aeree soprattutto) e quindi del turismo.

Altra novità di rilievo emerge nella diplomazia: meno armi e più contrattazione. Le tensioni spesso non sfociano in conflitti aperti, ma restano confinati al verbale. Anche la questione dell’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità torna nei binari delle contrattazioni diplomatiche.

Le religioni appaiono sempre più non come fattori di divisione e conflitto, ma come elementi che sono parte della soluzione. E ciò nonostante il culto venga bastonato pesantemente dalle limitazioni delle riunioni assembleari. Appaiono fattori di ricucitura sociale. Il mondo della solidarietà istituzionalizzato (le Ong) è penalizzato ma non muore, e in certi casi aumenta la propria sfera di azione, come sta accadendo in Africa.

Coraggio, il mondo della ripartenza è cambiato, ma noi siamo gli stessi.

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