Riflessione sulla fine

I Babilonia Teatri manifestano una personalità di linguaggio innovativa e spiazzante. Fanno della parola declamata il riferimento creativo.
I Babilonia Teatri

Nel vitalissimo panorama di giovani compagnie, i Babilonia Teatri manifestano una personalità di linguaggio innovativa e spiazzante. Fanno della parola declamata il riferimento creativo. Denunciano, con pungente satira e fredda ironia, i vizi e le volgarità, i luoghi comuni, il razzismo e l’uso distorto dei media dell’Italia odierna (vedi Made in Italy). Con affondi che denunciano la perdita di valori.

 

Come nell’ultimo spettacolo The end: un bombardamento di frasi, a mo’ di rap, scandite nel vuoto della scena, da Valeria Raimondi, per parlarci del tabù della morte, della vecchiaia, della sofferenza, che la nostra società tende a rimuovere. In nome di un’eterna giovinezza. Frasi e parole sincopate che sono un pugno allo stomaco, dalle quali affiora, in una folgorante sintesi esistenziale, la poesia di Ungaretti Ed è subito sera. Sempre in posizione ferma, da attacco frontale, vestita di lustrini e con una pistola al fianco, si presenta, mani alzate, con le stimmate. Niente di blasfemo, ma il segno di una condizione di sofferenza a tutti comune. Per terra un Cristo ligneo, presto sollevato dalle funi, che campeggerà per tutto il tempo, e al quale guarderà. Ad esso affiancherà le teste di un bue e di un asino, a ricordarci, con una stella cometa, la storia di una nascita. Dal buio l’attrice ricomparirà col suo bambino in braccio, commovente atto di fede nella vita, bisogno di pietas.

 

Al Palladium di Roma.

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