Ricordando Alex

Ci sono personalità profetiche il cui ricordo non si offusca, ma meglio si comprende e si precisa col passare del tempo. È così per Alexander Langer, poliedrico leader dell’ambientalismo, cittadino del mondo, sofferente testimone delle guerre balcaniche, altoatesino/sudtirolese refrattario ai censimenti etnici, e… molto altro ancora. L’elenco degli interessi di Alexander Langer apparirebbe collezione di enciclopedista se, avendolo conosciuto, non si dicesse che per lui centrale era la relazione e lì, nella relazione, tutto diventava unitariamente interessante: la tensione nord/sud, l’approccio all’ambiente, il rapporto fra etnie, generi, generazioni, la politica come testimonianza di amore all’uomo, ad ogni uomo. È un ricordo vivo e bellissimo l’inizio della nostra amicizia, profonda, intensa, vera! Nel giugno ’87, appena eletta alla Camera, mi avevano fatto un’intervista ad una tv trentina; il discorso era inevitabilmente – anche allora – andato sulla difficoltà di sintesi tra valori e quotidianità della politica. Lui mi aveva sentita e aveva scritto di getto: Mi sei piaciuta! Vuoi sperimentare i valori dell’uomo come possibilità di costruire ponti tra culture diverse? Eccomi! Mi interessa, vediamoci!. E così, pochi giorni dopo ci siamo trovati tra un suo e un mio viaggio in un tristissimo bar della stazione di Trento. Ci siamo dimenticati di tutto! Raggiunta una comunione d’anima impensata, abbiamo sognato a lungo insieme il mondo unito e in pace che volevamo; volevamo essere insieme a costruirlo, da posizioni così diverse, sicuri entrambi che lo avremmo raggiunto, per la nostra fede nel dialogo come lavoro comune. Pensandoci adesso, forse c’è una parola che potrebbe sintetizzare la filosofia che ha sempre mosso tutta la vita di Alex: la fratellanza universale. Lui si sentiva legato a tutti gli uomini, per questo lavorava in prima persona per la pace, per questo si interrogava in prima persona sulla difesa della vita in tutte le sue manifestazioni, per questo non lasciava intentato nessun rapporto. Il bisogno di ricordarlo è un’esigenza di riconoscenza e di testimonianza alla verità del suo pensiero. Mi lega a lui, anche, una corrispondenza attorno al tema della vita. Un giorno, per dare seguito alla nostra decisione di fare rete sempre e su tutto, mi spedì in anteprima un suo testo destinato alla pubblicazione su Azione nonviolenta, che sintetizzava le sue riflessioni rispetto all’aborto e a quelle che chiamava emergenze-vita. Sono pagine datate 1988, eppure vanno bene per l’oggi. Tutto ciò che contengono è più che mai attuale, specie l’invito al dialogo e l’obiettivo di recuperare un’etica biofila, amica della vita, a guida delle scelte politiche. E inoltre sono pagine che ci parlano di Alex, della sua anima, del suo stile, della sua onestà intellettuale. Un invito ad una politica che, per essere sé stessa, sappia essere anche profezia. Verdi e questione aborto Troverei ipocrita – oltre che impossibile – ogni rimozione della grave questione dell’aborto, da parte dei verdi: non avevamo detto che volevamo parlare a nome delle piante, dei fiumi, degli animali, della madreterra … di chi nelle istituzioni non ha parola e la cui vita e salute è intimamente legata alla nostra? Non avevamo detto che la terra ci era data in prestito dalle future generazioni? Non avevamo scelto l’impegno di fondo di ridurre il peso e l’incidenza della violenza in tutte le sue forme? E cosa risponderemmo a chi ci domanda – come a me spesso è stato chiesto, e non sempre con malizia – come mai ci preoccupiamo dei ranocchi e della selvaggina, e non ci accorgiamo invece dei milioni di vite umane soppresse prima di venire alla luce del sole? Non potremmo mica cavarcela – se non vogliamo ridurci a protezionisti senz’anima – distinguendo tra specie minacciate e non! Se l’obiettivo dei verdi è quello di promuovere dovunque condizioni più biofile, più amiche e favorevoli alla vita, e di disinquinare la società dalle tante e varie forme di violenza, non potremo non riconoscere anche nella questione dell’aborto una delle molte e rilevanti emergenze-vita. Per giunta è un’emergenza che ci tocca molto da vicino, perché – come poche altre – alla fin fine si risolve in maniera decisiva e definitiva attraverso una scelta diretta e personale – soprattutto, ma non solo, della donna. […] Proprio per chi propone un’etica dell’autolimitazione – personale, di civiltà e di specie – in nome del rispetto di equilibri che non vogliamo ritenere a disposizione dell’arbitrio del più forte, anche la volontaria interruzione di gravidanza dovrebbe costituire oggetto di attenzione e di valutazione in questa chiave. […] Basterebbe forse, come contributo valido ad un’inversione di rotta, un sostanzioso apporto verde ad un’affermazione di quell’etica biofila cui sopra accennavo: assumere e far proprio l’obiettivo di ridurre complessivamente la carica di violenza e di arbitrio degli esseri viventi contro altri esseri viventi; schierarsi dalla parte dei più deboli nelle diverse emergenze-vita che si stanno moltiplicando, ed in particolare di coloro che non sono rappresentati (e forse neanche compiutamente rappresentabili) a nessun tavolo di negoziazione tra parti contraenti; accogliere la sfida di tutti coloro che hanno deciso – per ragioni profonde e in maniera non strumentale – di dare voce a vite che poco o nulla pesano sul mercato (dai non nati agli animali, dagli handicappati agli anziani, dai popoli indigeni alle future generazioni minacciate dai disastri ecologici che lasciamo loro in eredità) ed accettare di inter-agire con loro, senza illudersi che esistano soluzioni facili o che bastino le affermazioni di principio per ridurre davvero l’incidenza delle imposizioni violente e dettate dal trionfo dell’economia e delle diverse leggi dei più forti. Chiunque agirà in questo senso, avrà diritto di chiedere agli altri protagonisti di simili battaglie di misurarsi con quella particolare emergenza- vita di cui si è fatto carico, e di ricercare insieme condizioni e modalità per rafforzare le ragioni generali della vita contro le ragioni della forza (economica o politica o militare o di specie o sessuale …). Chi invece saprà cogliere nelle altrui battaglie per la vita (contro il nucleare, contro l’aborto, contro la manipolazione genetica, contro il militarismo, contro il dominio sessista, ecc.) solo gli aspetti ideologici o strumentali, e non saprà interloquire nel profondo con le ragioni che vi stanno alla base, si vedrà inevitabilmente condannato ad essere poco ascoltato e poco creduto ed a riprodurre sterilmente schieramenti e incomprensioni paralizzanti. Spero che ai verdi non succeda questo. Le contraddizioni dei Verdi Una cultura feconda e ricca di prospettive per il futuro viene messa a rischio dalle attuali scelte del partito. Il decimo anniversario della scomparsa di Alexander Langer giunge in un momento difficile per quel partito dei Verdi del quale egli fu tra i fondatori. La difficoltà consiste in una profonda contraddizione, emersa nei mesi scorsi, in occasione della campagna referendaria sulla procreazione artificiale. Il partito si schierò ufficialmente per quattro sì, abbracciando una visione manipolativa della vita e della natura che fa a pugni con l’ispirazione ideale che ha fatto nascere i Verdi. Voci autorevoli, all’interno del partito e dell’area ecologista, si sono opposte a questa scelta, senza riuscire a modificarla. Spero che le cose si sviluppino diversamente, che i Verdi mantengano la loro coerenza. Infatti, la cultura dalla quale essi sorgono è feconda e ricca di princìpi e prospettive che consentirebbero, in futuro, lo sviluppo di un lavoro intelligente e critico volto a riformare aspetti fondamentali della nostra società. È una cultura che ragiona sulle cause dei problemi, e che la sinistra dovrebbe fare di tutto per conservare. Ad esempio, a proposito del dibattito sugli organismi geneticamente modificati (Ogm), i Verdi rifiutano l’argomento che vorrebbe giustificare le manipolazioni genetiche sostenendo che la maggiore quantità di produzione che esse permettono sarebbe necessaria per sconfiggere la fame e la povertà. E lo rifiutano sottolineando che fame e povertà sono, prima di tutto, causate da ingiustizia e ineguaglianza nella distribuzione delle risorse già esistenti e prodotte con i metodi tradizionali, non manipolativi. Senza entrare nel merito della questione, l’elemento che voglio sottolineare riguarda il metodo, la logica che i Verdi utilizzano per valutare la questione. I Verdi infatti mettono in questione le cause della povertà, pongono un problema che riguarda il sistema: sottolineano che aumentare la produzione, applicando tecniche che un giusto principio di prudenza e di precauzione fa guardare con sospetto, non rimuove i meccanismi perversi che continueranno a generare povertà e ingiustizia anche in un mondo caratterizzato da maggiore abbondanza. L’abbondanza c’è già; quel che manca è la giustizia. La stessa, condivisibile, logica trovo nella proposta di legge dell’on. Laura Cima (Disciplina degli interventi medici sulla sterilità umana, Camera dei Deputati, n° 195) che sorge, spiega l’esponente dei Verdi dal confronto sviluppato all’interno del Convegno internazionale Madre Provetta (Bologna, 1988): Anziché indurre con spensieratezza queste tecniche che non curano la sterilità, né risalgono alle cause […] sarebbe più conveniente che l’intervento legislativo indirizzasse la ricerca verso la scoperta della causa della crescente sterilità maschile e femminile e le cure atte a superarla […] Non si tratta soltanto di cause di tipo fisiologico e patologico ma, molto spesso, di tipo psicologico, ambientale e sociale; è pertanto evidente che almeno una parte consistente della crescente diffusione del fenomeno di sterilità, di infecondità o di infertilità può essere eliminata mettendo in atto gli interventi di natura non medica necessari per rimuoverle e, in determinati casi, addirittura per prevenirne l’insorgenza. Da questa cultura, da questa logica, non può in nessun modo discendere la decisione dei quattro sì ai referendum, come molti, tra i Verdi, hanno sottolineato. Tra i vari documenti che hanno espresso, nei mesi scorsi, il dissenso rispetto la linea ufficiale del partito, riporto alcune frasi della lettera aperta, indirizzata alla direzione nazionale del partito, scritta da alcuni Verdi dei Castelli Romani: Proprio perché ambientalisti e verdi, non possiamo accettare di dare sostegno ad una società che percepisce se stessa come illimitata e onnipotente. La impostazione che ci ha fatto decidere alla militanza in questo strano partito è proprio quello di far rientrare il limite nella percezione politica. Non è questo il motivo per cui veniamo derisi quando affermiamo che non si può andare avanti senza un limite? […] Esiste un pregiudizio anti-cattolico all’interno delle strutture di partito dei Verdi? La cosa non è affatto nuova, dato che anche Langer incontrò questo problema, quasi vent’anni fa. Alcuni Verdi fiorentini avevano steso un documento di apprezzamento per l’Istruzione della Congregazione per la dottrina della fede (card. Ratzinger) sulla bioetica, in quanto, scriveva Langer, rifiuta ogni forma di manipolazione genetica […] e riafferma il primato dell’etica sulla scienza e le sue applicazioni. L’idea della illimitata perfettibilità tecnologica delle specie viventi, quella umana compresa – proseguiva Langer -, e dell’emergere di un nuovo e spaventoso potere di predeterminazione e di costruzione artificiale di esseri viventi su misura dei desideri dei committenti (industriali, militari, politici) è oggi assai vicina alla sua concreta realizzazione su scala prima sperimentale e poi industriale. Se vogliamo, come credo si debba volere, fermare la violazione inconsulta di questa soglia […] e contrastare un’avanzata ormai pressante dei padroni del bios, della vita, bisognerà unire tutte le forze che vogliono e possono perseguire quest’obiettivo. La Chiesa cattolica e la sua gerarchia può avere certamente, non da sola e non unica, un peso determinante o comunque molto forte in proposito: la sua […] sensibilità sui temi della difesa della vita, e la sua capacità di incidere su milioni di coscienze e su molte istituzioni sono un patrimonio ineguagliabile in questa battaglia, da molti ancora non intuita o non capita […] Peccato che sulla questione della lotta contro la manipolazione genetica la presa di distanza dai verdi amici di Ratzinger abbia offuscato talvolta la vera posta in gioco (Alexander Langer, il manifesto, 7 maggio 1987). Langer, fin da allora, aveva lucidamente riconosciuto gli importanti punti di contatto tra la prospettiva ecologista e la cultura cristiana. Una cultura che parte, nel suo fondamento biblico, proprio dalla considerazione della profonda frattura che l’uomo introdusse nel creato attraverso il peccato originale; una spaccatura che riguarda anzitutto i rapporti fra gli uomini, e che si manifestò nella maniera più radicale possibile attraverso il fratricidio di Caino su Abele; e che, a partire dal conflitto umano, estende il conflitto alla natura stessa. Tutta la rivelazione ebraica e cristiana successiva è rivolta proprio al risanamento di questa frattura, al recupero della fraternità violata e, a partire dalla fraternità tra gli uomini, ad estendere la fraternità con la natura: il fratello sole, sorella luna di san Francesco si comprende pienamente solo in questa prospettiva di redenzione. Redenzione che non rimane confinata alla dimensione della spiritualità interiore ma, proprio perché investe tutte le relazioni umane e i rapporti fra uomo e natura, deve trovare anche una adeguata espressione politica. E molto, in questo, può dipendere dai Verdi. Per questo chiediamo: che cosa avete deciso di diventare?

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