Il re Lear di Glauco Mauri

Teatro e danza negli appuntamenti dei prossimi quindici giorni

Il re Lear di Glauco Mauri

Il grande attore affronta per la terza volta, dopo il primo allestimento nel 1984 e il secondo nel 1999, con le sue regie, la più titanica delle tragedie di Shakespeare. Oggi è diretto dal regista Andrea Baracco. “Non ho mai smesso di credere che bisogna sempre mettersi in discussione – dichiara Mauri –, accettare il rischio pur di far sbocciare idee nuove per meglio comprendere quel meraviglioso mondo della poesia che è il teatro. Ed eccomi qui per la terza volta, alla mia veneranda età, impersonare Lear. Perché? Mi sono sempre sentito non all’altezza ad interpretare quel sublime crogiolo di umanità che è il personaggio di Lear. In questa mia difficile impresa mi accompagna la convinzione che per tentare di interpretare Lear non servono tanto le eventuali doti tecniche maturate nel tempo quanto la grande ricchezza umana che gli anni mi hanno regalato nel loro, a volte faticoso, cammino. Cosa c’è di più poeticamente coerente di un palcoscenico per raccontare la vita? E nel Re Lear è la vita stessa che per raccontarsi ha bisogno di farsi teatro”. I tormenti di Lear, di Gloucester, i turbamenti di Edgar, i desideri di Edmund, i tremori e i terrori delle tre figlie del Re, Cordelia, Goneril e Regan, attraggono da sempre perché la complessità e in alcuni casi la violenza che produce il conflitto generazionale è per forza di cose universale. “Re Lear”, di William Shakespeare, traduzione Letizia Russo, riduzione e adattamento Andrea Baracco e Glauco Mauri, regia Andrea Baracco, con Glauco Mauri, Roberto Sturno, Dario Cantarelli, Enzo Curcurù, Linda Gennari, Paolo Lorimer, Francesco Martucci, Laurence Mazzoni, Aurora Peres, Emilia Scarpati Fanetti, Francesco Sferrazza Papa, Aleph Viola; scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, musiche Giacomo Vezzani e Riccardo Vanja, luci Umile Vainieri. Produzione Compagnia Mauri Sturno e Fondazione Teatro della Toscana. A Roma, Teatro Eliseo, fino al 2/2.

Il Venezuela della Batsheva Dance Company

La Batsheva è una delle compagnie di danza contemporanea più famose ed acclamate del mondo. In Venezuela, di Ohad Naharin, il conflitto tra dialogo, corpi e culture è in atto. Attraverso la sua colonna sonora, lo spettacolo fa riferimento a uno specifico contesto socio-culturale (e politico): la prima parte include canti ecclesiastici, con luci che illuminano il palco, mentre la seconda parte introduce il rap di The Notorious B.I.G. e musica araba.
Ancora una volta, il coreografo israeliano mette in mostra le capacità tecniche dei suoi danzatori in una performance fisicamente estenuante e sorprendente. Attraverso le incredibili qualità della Compagnia – creatività, musicalità e passione – il pubblico viene trasportato in un viaggio affascinante e irresistibile. Dopo quasi 30 anni alla direzione della Compagnia, Naharin ha lasciato le sue funzioni di direttore nel 2018, mantenendo la figura di coreografo residente all’interno di Batsheva, che continua ad essere per lui il laboratorio creativo, di ricerca e di insegnamento del metodo GAGA. Venezuela”, di Ohad Naharin,
disegno luci Avi Yona Bueno (Bambi),
soundtrack design and edit Maxim Waratt,
consulenza musicale Nadav Barnea,
 costumi Eri Nakamura.
Produzione Batsheva Dance Company,
coproduzione Théâtre National de Chaillot, Paris; Hellerau – European Center for the Arts, Dresden. A Reggio Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli, il 29/1, e a Vicenza, Teatro Comunale, il 31/1.

Serata van Manen e Petit alla Scala di Milano

La nuova tappa del progetto di balletti su musica da camera celebra Hans van Manen e Roland Petit, due icone della storia della coreografia che hanno segnato la danza del nostro tempo con la originalità di uno stile inconfondibile che qui si declina in lavori legati in modo imprescindibile al tessuto musicale. E se il genio di Petit viene esaltato nel capolavoro esistenzialista Le Jeune homme et la Mort e con l’evocativo e intenso duetto maschile da uno dei suoi magistrali successi Proust ou les intermittences du coeur, quello, vivente, di van Manen, scaturisce da uno dei suoi pezzi-simbolo, ormai un classico del XX secolo, Adagio Hammerklavier, e da due brani mai eseguiti prima dal Balletto scaligero, Sarcasmen eKammerballett, e ne rivela la maestria nell’uso dello spazio e della struttura, di uno stile puro ma con un substrato fortemente espressivo, nell’attenzione alle dinamiche, anche conflittuali, anche ironiche, mai astratte. Roberto Bolle danzerà, nel ruolo del Giovane, in Le Jeune homme et la Mort, insieme a Nicoletta Manni. Nelle altre coreografie saranno impegnati, tra gli altri del Corpo di Ballo scaligero, Claudio Coviello, Domenico Di Cristo, Gabriele Corrado, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Agnese Di Clemente, Gioacchino Starace. Milano. Teatro La Scala, il 23, 24, 25, 28, 31/ e 1, 5, 7, 8/2.

Riccardo III si confessa

In un luogo pieno di fantasmi, rivive la vicenda del malvagio più malvagio, ma, al tempo stesso, più terribilmente simpatico mai creato dal genio umano, e dei suoi omicidi seriali. Il testo rilegge in chiave contemporanea un grande classico di Shakespeare, Riccardo III, oggi demone recluso e indomito, che è qui sottratto al medioevo inglese, e diventa abitante del presente, dando vita a una messa in scena che non è una pura variazione sul tema ma qualcosa di “meno rassi­curante”. La seconda parte del titolo, L’avversario, è un esplicito riferimento al romanzo verità di Emmanuel Carrère che racconta un’altra vicenda, a noi contemporanea, di “male assoluto”, quella del pluriomicida Jean-Claude Romand. L’ambientazione ricorda molto da vicino la stanza di un ospedale. Forse ci troviamo all’interno di un ospedale psichiatrico o un manicomio criminale e forse stiamo per assistere a una terapia sperimentale che porterà un paziente ad affrontare gli orrori di cui si è macchiato. O forse, siamo proprio dentro la sua mente, abitata da incubi e fantasmi. “Riccardo 3 – L’avversario”, di Francesco Niccolini, regia e con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, e Giovanni Moschella; scene e costumi Mela Dell’Erba, luci Max Mugnai. Arca Azzurra Produzioni e Emilia Romagna Teatro in collaborazione con Le tre corde/Compagnia Vetrano Randisi. A Napoli, Teatro Nuovo, dal 22 al 26/1; Roma, Teatro Palladium, dal 7 al 9/2.

Dialogo tra Don Sturzo e Salvemini

Il testo, del giornalista e scrittore Giovanni Grasso, immagina un incontro tra Don Sturzo e Gaetano Salvemini nel loro esilio americano, a Brooklyn, nel ’44. Rappresentanti rispettivamente dell’anima cattolica e del liberalsocialismo d’Italia, si ritrovano a discutere delle sorti del Paese ancora occupato al Nord dai nazifascisti e liberato al Sud dagli Alleati. Il confronto è acceso: diversissime e contrapposte sono le posizioni ideologiche di partenza. Impossibile conciliare la visione liberalsocialista e quella cattolica che, allora come oggi, rende problematica una condivisione di strategie e soluzioni di governo. Due filoni di pensiero destinati a non convergere mai, se non nella amara presa d’atto di «una classe dirigente troppo stupida e troppo malvagia, che non è stata in grado di dare consistenza all’idea di uno Stato democratico». Al di là dei conflitti, il rapporto tra i due intellettuali trova fondamento nella stima reciproca, nella comprensione delle ragioni dell’altro, nel tentativo di trovare una strada comune per la rinascita di un paese piegato dalla guerra e dalla dittatura. Fuoriusciti”, di Giovanni Grasso, regia e impianto scenico Piero Maccarinelli, con Luigi Diberti e Antonello Fassari, e Guia Jelo, musiche Antonio Di Pofi, luci Cesare Agoni, costumi Mariella Visalli. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale / Centro Teatrale Bresciano / Anele Srl. A Torino, Teatro Gobetti, dal 28/1 al 2/2.

Il deserto dei Tartari

Nel testo La Fortezza – Momento unico per tre attori soli, Massimo Roberto Beato cura l’adattamento della vicenda del tenente Giovanni Drogo, narrata da Buzzati nel Deserto dei Tartari. La drammaturgia colloca l’intero racconto nella stanza della locanda dove Drogo, malato, è appena giunto. Costretto suo malgrado, dal Maggiore Simeoni, a lasciare la Fortezza sotto assedio e inchiodato su una poltrona, mentre osserva fuori dalla finestra la sera e la notte incombente, Drogo rievoca l’intera sua esistenza, arrivando a domandarsi se essa poteva o doveva essere vissuta diversamente. E’ in quest’ultimo attimo di lucidità che precede la morte che egli combatte la sua “vera battaglia”, anelata e cercata per tutta la vita come coraggioso atto di riscatto dalla mediocrità che lo circonda. La regia affida alla drammaturgia sonora originale di Giorgio Stefanori e alle animazioni digitali di Marta Bencich, il compito di evocare le diverse ambientazioni e sottolineare i passaggi temporali della vicenda che si snoda per più di trent’anni. “Il deserto dei Tartari”, di Dino Buzzati, regia Elisa Rocca, adattamento e riduzione Massimo Roberto Beato, con Massimo Roberto Beato, Alberto Melone, Matteo Tanganelli. La Compagnia dei Masnadieri e La Bilancia Produzioni. A Roma, Teatro de’ Servi, nell’ambito della “Stagione Fuoriclasse”, dal 27 al 29/1.

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