Rai, tagli alle sedi estere

Nulla può sostituire la capacità del giornalista di raccogliere le notizie sul posto.
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«Tutti possono ormai scrivere di tutto da ogni dove. Ma nulla può sostituire la capacità di un giornalista di cercare e raccogliere le notizie sul posto dove si formano». È il cuore dell’appello lanciato ai vertici Rai dalla Federazione nazionale della stampa, insieme a più di 2200 firmatari, fra cui privati ed enti no-profit, per scongiurare la chiusura di cinque sedi di corrispondenza estera: Beirut, Il Cairo, Nairobi, Nuova Delhi, Buenos Aires, strategiche per l’informazione dalle aree in via di sviluppo, e del canale Rai Med, piattaforma di dialogo con i popoli del Mediterraneo.

Chiudere questi uffici, cancellando ogni presenza stabile al di fuori dell’Europa e degli Usa  – dice l’appello – «vorrebbe dire chiudere gli occhi degli italiani sul mondo, in un tempo in cui grandi sfide mondiali ci impongono una crescente attenzione e impegno. Questi uffici sono un elemento indispensabile non solo della Rai ma del nostro sistema democratico».

E se per i vertici aziendali la decisione è frutto di necessari tagli al bilancio, decisa si leva la voce dei missionari, che attraverso la Federazione della stampa missionaria italiana definiscono il provvedimento «grave e controproducente» perché colpisce il Sud del mondo, già marginale nei circuiti informativi italiani, e perché ispirato «a criteri economicisti che, come tali, dovrebbero essere estranei a un servizio pubblico», proponendo piuttosto di vigilare «sugli esosi compensi alle star o sugli sprechi».

 

«Non è questione di costi, ma di priorità», fa eco il sindacato dei giornalisti Usigrai che precisa: «Sette, ottocento mila euro l’anno è il costo di quelle cinque sedi contro contratti milionari che vediamo quotidianamente riproporsi».
Considerazioni sulla gestione del denaro pubblico che richiamano il tema della qualità del prodotto audiovisivo – che rischia di scadere nel provincialismo e nella autoreferenzialità – particolarmente attuali a fronte del recente aumento del canone Rai.  

 

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