Raggi: troppo presto e troppo tardi

A novanta giorni dalle elezioni del sindaco di Roma, in una sola giornata, sono arrivate le dimissioni del capo di Gabinetto Carla Raineri e dell'assessore al Bilancio Marcello Minenna, oltre ai vertici di Atac e Ama. Segnali di una città difficile da governare ma che resta da salvare con il contributo di tutti
campidoglio

Appena eletta, avevo scritto che bisognava lasciare alla Raggi, o a chiunque avesse vinto le elezioni capitoline, il tempo necessario per poter dimostrare di saper governare. Avevo pure scritto che in realtà destra e sinistra non avevano voluto vincere sul serio a Roma, una città troppo difficile da governare, in preda a un deficit catastrofico, con un'amministrazione incapace di efficienza e minacciata da troppa malavita organizzata.

 

I campanelli di allarme purtroppo sono già scattati. Certamente tutti i perdenti (nessuno escluso) stanno remando contro Virginia e la sua équipe, con cinico disprezzo e consumata esperienza; ma nel contempo l'inesperienza governativa dei pentastellati, e una certa alterigia, emerge in tutta la sua cruda banalità.

 

Che fare allora? Tornare alle urne? Mi sembra troppo presto. Commissariamento? Egualmente è troppo presto e non ci sono i presupposti per avviare le procedure. Giudizio definitivo sulla Raggi dopo le cinque illustri dimissioni di ieri? Mi sembrerebbe impietoso esprimerlo già ora, dopo appena poche settimane di governo capitolino e con l'eredità di due sindaci imbarazzanti, seppur per motivi opposti.

 

Purtroppo la domanda vera è un'altra: come salvare Roma? A tanti sembra troppo tardi. Eppure la Roma dei cesari e dei papi nasconde risorse insospettabili, che però sono difficili da attivare: per farlo, il popolo capitolino andrebbe coinvolto nella rinascita della città. Chi ha la ricetta giusta si faccia avanti.

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