Quando il Male colpisce, il Bene abbonda

Difficile resistere alla voglia di lamentarsi per le persecuzioni dei cristiani dopo l’attentato di Lahore: ma il cittadino cristiano, anche il giornalista cristiano, ha il dovere di sottolineare sempre il bene. In margine a un convegno di giovani musulmani italiani
Misano Adriatico PSM © Michele Zanzucchi 2016.JPG

Il weekend della Pasqua delle “Chiese d’Occidente” è stato particolarmente utile per riflettere, anche come giornalista, sul passaggio terribile che la nostra società post-cristiana sta vivendo, contesa tra le paure per gli attacchi terroristici in casa nostra e sdegno per gli attentati terroristici che colpiscono in modo brutale tanti cristiani nel mondo. Tutto è stato già scritto troppe volte, le parole sembrano armi spuntate. Si corre il rischio di usarle senza efficacia. Il nichilismo pratico dei terroristi non va scambiato mai per fede praticata.

 

L’efficacia della parola, ci insegna la teologia, sta invece nella sua capacità “performante”, cioè di “creare”, di agire. L’efficacia della parola cristiana sta nell’ancorarsi sempre alle tre sue fondamenta: la speranza, l’amore, la fede. Per questo la denuncia del Male non può mai andare separata dalla costruzione del Bene. Per questo le Buone Notizie sono l’elemento costitutivo per eccellenza del giornalismo dei cristiani. Anche per ottemperare al “diritto di cronaca”.

 

Nel mio piccolo le terribili notizie della strage di Lahore mi sono arrivate mentre stavo recandomi a Misano Adriatico, invitato da una attiva associazione musulmana, la PSM, “Partecipazione e spiritualità musulmana”, che ha una sua diffusione non secondaria nel Nord Italia, che riuniva i suoi giovani. 300 ragazzi e ragazze, in maggioranza marocchini ma non solo, assai motivati nel promuovere una decisa “partecipazione” alla vita civile italiana, da italiani anche se di adozione, e un ricentramento sulla “spiritualità musulmana”, intesa come «vocazione umana a migliorarsi gradualmente su tre piani: la qualità delle proprie opere, il rapporto con l’altro e il rapporto con Dio», come mi dice Brahim Baya, uno dei loro leader.

 

Confesso di essere rimasto impressionato dalla decisione di questi ragazzi e ragazze nel cercare in tutti i modi di diventare veri italiani (quindi assolutamente rispettosi delle leggi e delle tradizioni italiane) restando veri musulmani, senza tuttavia tradire le proprie origini. Una decisione che mi ha impressionato: il mondo complesso e globalizzato di oggi è siffatto che la congiunzione “e” non può mai essere dimenticata: è possibile così essere veri italiani, musulmani e marocchini di origine… Non c’è nulla di contradditorio in ciò: anzi, è semplice applicazione della nostra Costituzione.

 

Piccola-grande buona notizia, allora: c’è un Islam italiano che cresce in coscienza civica. Molto più esteso di quanto non si pensi.

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