Quali sfide per la nuova evangelizzazione?

A seguito della Plenaria del Dicastero per l’Evangelizzazione con papa Francesco, abbiamo intervistato il professor Marco Ronconi, collaboratore del Centro Fede e Cultura Alberto Hurtado della Pontificia Università Gregoriana di Roma, docente di Teologia presso l’Istituto Teologico Leoniano di Anagni, insegnante di religione

Testimoniare la fede nel Signore Risorto è una delle grandi sfide del nostro tempo che invita la comunità cristiana a una testimonianza credibile, a un ascolto attento per cogliere i segni dei tempi e adattare missione e linguaggi al cambiamento d’epoca che stiamo attraversando. In che modo affrontare la sfida? Come aiutare le persone, soprattutto i giovani, a incontrare Cristo, a seguirlo per diventare suoi discepoli?

Abbiamo intervistato il professor Marco Ronconi, collaboratore del Centro Fede e Cultura Alberto Hurtado della Pontificia Università Gregoriana di Roma, docente di Teologia presso l’Istituto Teologico Leoniano di Anagni, insegnante di religione.

In che modo, come cristiani, possiamo abitare un mondo secolarizzato affrontando le sfide dell’oggi con uno sguardo di speranza verso il futuro? Come cercare di vincere l’indifferenza di molti nei confronti della fede?

Ricordando che il nostro compito non è in primo luogo vincere l’indifferenza verso la fede, ma annunciare il Vangelo, cioè metterci alla sequela di uno che, quando ha trasformato l’acqua in vino a Cana (Gv 2), non ha chiesto a Pietro di salire su una sedia e spiegare a tutti di chi era il merito; che quando ha sfamato migliaia di persone condividendo cinque pani e due pesci (Mt 14), non ha chiesto a nessuno delle migliaia di presenti di aggiungersi al suo gruppo, né ha verificato se avevano capito cos’era successo; che quando ha discusso con la Cananea (Mt 15), si è lasciato convincere senza chiedere nulla in cambio, anzi lodando e acconsentendo. Prendiamoci cura di chi incontriamo, a partire dai più poveri, serviamo il mondo senza chiedere contraccambi di nessun tipo e lasciamoci toccare da chi, per l’urgenza della sofferenza, non si confonde sulle priorità. Il resto, lo affronteremo se c’è tempo in avanzo.

Incontrando i partecipanti alla Plenaria del Dicastero per l’Evangelizzazione, papa Francesco ha parlato del tema della trasmissione della fede, evidenziando le difficoltà che affrontano le Chiese locali. A suo parere, in che modo si possono aiutare le persone, soprattutto i giovani, a sentirsi parte della comunità cristiana?

Se posso rispondere con un paradosso, sarebbe meglio smettere di preoccuparsi di “farli sentire parte” della comunità cristiana, ma concentrarci sul “farli sentire accolti”. Le faccio un esempio con la liturgia eucaristica: al suo interno c’è chi organizza i canti e chi le letture, chi presiede e chi arriva trafelato in ritardo perché ha una vita complicata, chi è lì per abitudine e chi per fervore, chi esce prima della fine per portare l’eucarestia ai malati e i malati stessi che restano in comunione, pur se a casa o in ospedale… ebbene: come fare perché tutti si sentano in ugual misura accolti? Forse “sentirsi parte” inizia da come si risponde a questa domanda.

Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di vivere l’esperienza di fede all’interno delle famiglie. Accade, però, che spesso ci sia poco tempo per l’ascolto e il dialogo tra genitori e figli. Come rinnovare l’alleanza tra genitori e figli per comunicare la fede ai giovani “nativi digitali”? 

Intravedo due questioni: da un lato la rivoluzione digitale in corso che ci obbliga tutti, di ogni età, a fare i conti con nuovi linguaggi ‒ e qui ci tocca rimboccarci le maniche, studiare, aiutandoci a vicenda ad imparare con pazienza, senza facili scorciatoie; dall’altro, la generazione di coloro che hanno oggi tra i 25 e i 45 anni è in grande crisi, da tantissimi punti di vista, in primis quello economico e lavorativo. Ne consegue che l’elemento più fragile nel meccanismo della trasmissione della fede in questo momento non mi sembrano tanto i giovani, quanto gli adulti. Provi a pensare se organizzassimo una GMA, una Giornata mondiale degli adulti: temo che faticheremmo a individuare sia chi potrebbe partecipare, sia gli argomenti da affrontare.

Come parlare loro del rapporto tra fede e libertà? Con quali linguaggi?

Parlandone solo quando serve e quando si è interpellati, da un lato, e vivendo la vita quotidiana da credenti adulti responsabili, fragilità e fatiche comprese, dall’altro.

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