Quale modello di comunità?

Quale modello di relazione c’è alla base di una legalità che si fa stile di vita comunitario? Nel libro La legalità del noi, le mafie si sconfiggono solo insieme (Città Nuova, 2013), Gianni Bianco dialoga con Giuseppe Gatti
la legalità del noi _ copertina

Gianni Bianco: È possibile tratteggiare un modello che regoli la relazione incontro?

Giuseppe Gatti: Io lo definisco “modello circolare”. È questo, secondo me, il sistema che, a differenza di quello “orizzontale”, realizza compiutamente la relazione incontro.

Il “modello circolare” si pone come obiettivo la costruzione di una comunità fondata sulla crescita e sullo sviluppo armonico di tutti i suoi membri, nella convinzione che il vero benessere della persona si realizza solo nel momento in cui ci si attiva per il perseguimento del bene di tutti: io sto bene solo quando faccio in modo che anche gli altri possano stare bene.

Questa è l’idea di fondo del “modello regolativo circolare” che, non a caso, richiama l’idea del cerchio, del girotondo, dello stare insieme guardandosi reciprocamente e tenendosi per mano. Il valore di riferimento, in questo caso, va senza dubbio individuato nel principio di fraternità, che si affianca ai princìpi di uguaglianza e libertà, costituendone un fondamentale completamento.

Un riconoscimento esplicito del principio di fraternità si è affermato nel panorama giuridico internazionale subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando, forse per la prima volta nella storia, l’intera comunità umana, lacerata da un’immane tragedia, ha cominciato a rendersi conto di costituire un’unica grande famiglia.

In tal senso, il preambolo della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo del 1948 recita testualmente: «Tutti gli uomini nascono liberi ed uguali in dignità di diritti. Essi sono dotati di ragione e coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».

È quanto mai significativo che, proprio nel più importante statuto giuridico internazionale dedicato all’essere umano, vi sia questo esplicito  riconoscimento del forte legame che esiste tra i “diritti” di libertà e uguaglianza e il “dovere” di fraternità.

Gianni Bianco: Nel modello circolare, dunque, libertà e uguaglianza creano comunità proprio perché a tenerle per mano è il principio di fraternità…

Giuseppe Gatti: È proprio quest’ultimo che trasforma la libertà e l’uguaglianza, da prerogative del singolo individuo, a patrimonio di un’intera comunità, nella prospettiva di un giusto riequilibrio dei rapporti sociali.

In un sistema regolativo “circolare”, l’attuazione della relazione incontro richiede l’affermazione dei diritti in favore di tutti, soprattutto degli ultimi, nella concreta effettività della vita di relazione. Ebbene, una tale affermazione non potrà avvenire senza il riconoscimento di un corrispondente dovere di solidarietà istituzionale e sociale.

Per questo, in un sistema di “legalità circolare”, il potere pubblico non può più limitarsi a fungere da spettatore, ma deve scendere in campo e puntare al benessere e alla crescita dell’intera comunità, facendo tutto il possibile per non lasciare indietro nessuno.

Con il “modello circolare” si può finalmente aspirare al raggiungimento di un equilibrio armonico, in cui legalità e giustizia non sono più contrapposte, ma procedono insieme, tenendosi per mano.

Fortunatamente, ai giorni nostri, sono sempre più numerose le formazioni sociali e le istituzioni che s’ispirano a un “modello regolativo circolare”: basti pensare alla famiglia moderna, fondata sulla comunione materiale e spirituale dei coniugi, alle associazioni che operano nel mondo del volontariato sociale, alle democrazie più avanzate, costruite su modelli che danno centralità alla dimensione della solidarietà sociale.

Da La legalità del noi, le mafie si sconfiggono solo insieme, di Gianni Bianco e Giuseppe Gatti (Città Nuova, 2013).

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