Prove di pace in tempo di guerra

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“Iribelli hanno minacciato i civili e più volte fatto uso di violenza nei loro confronti. Migliaia di persone sono scappate e si sono rifugiate nei villaggi circostanti “; “Sono state riferite scene di ribelli che, abbandonate le loro uniformi, hanno indossato in fretta e furia abiti civili per non farsi identificare dalle forze governative. Un portavoce dei ribelli avrebbe però smentito il governo, sostenendo che sono loro a ripulire la città, mentre uomini dell’esercito fuggirebbero in mutande”; “I ribelli hanno un aspetto molto marziale, sembrano dei professionisti; vanno in giro indossando dei cappucci rossi. Poco dopo il loro arrivo hanno liberato i prigionieri. I ribelli però continuano a parlare di disciplina: ieri hanno giustiziato pubblicamente due dei loro perché avevano sgarrato”; “Un’altra fase dell’operazione “Licorne”, con cui la Francia garantisce l’esodo dei suoi cittadini, sarebbe in corso a Man, dove i francesi hanno ucciso dieci ribelli e uno di loro è rimasto ferito”; “Le strade di Man sono piene di cadaveri e i combattimenti sono tutt’altro che finiti “. Dispacci inquietanti, quelli dell’agenzia di stampa Misna. larmanti che ci arrivavano dagli amici dei Focolari, che proprio a Man animano una cittadella, la “Mariapoli Victoria”. Man, “la città dalle diciotto montagne”, conta 100 mila abitanti di diverse etnie, la gente vive di agricoltura. La cittadella occupa cinque ettari. Vi si trovano una dozzina di edifici, oltre alla parrocchia, a un grande dormitorio, a una tipografia che dà lavoro a una quindicina di giovani, a una falegnameria, all’officina di un fabbro. Per fortuna, tutto questo è recintato. Peggiorando la situazione politica nella regione (vedi box), il governo ha invitato gli stranieri residenti a Man a partire (e qui le notizie provenienti dai focolarini si intrecciano con le notizie di agenzia), con l’aiuto delle truppe francesi. Il centro logistico è stato fissato proprio alla Mariapoli Victoria, dove sono confluiti gli stranieri, assai terrorizzati. I giovani del movimento si sono allora dati da fare, accogliendoli, confortandoli, portando acqua fresca per i bambini e panche per gli anziani. Ma i nostri amici focolarini, di diverse nazionalità, hanno deciso di non partire, e di rimanere accanto alla “loro” gente. Senza esitazioni. 1500 rifugiati Via email, al termine dell’avventura, siamo riusciti a contattare Augusto Maria Parody, medico spagnolo di Malaga, e la tedesca Gisela Lauber, che vivono da anni sul posto. Così ci hanno descritto la situazione: “Nel perimetro della Mariapoli si sono rifugiate 1500 persone, o forse più, mentre in città impazzavano le sparatorie, sempre più ravvicinate. Erano gente del quartiere e di altre zone della città. Ma non mancava chi aveva lasciato i villaggi del nord. Abbiamo aperto tutti i locali, persino la chiesa. Molti erano i musulmani. Non abbiamo mai fatto discriminazioni: tutti potevano trovare protezione da noi. Abbiamo accolto perfino alcuni prigionieri ammalati, scappati dalle prigioni. Eravamo nella città di Maria, e dunque c’era posto per chiunque. Anche nei momenti più terribili della crisi, una piccola entrata della Mariapoli è rimasta sempre aperta”. La situazione non era delle più facili: l’elettricità era saltata, il pozzo inservibile, le riserve di cibo limitate, l’unico medico rimasto in zona era proprio Augusto Parody. E attorno alla Mariapoli si sparava e ci si ammazzava. Ma nessuno ha violato il perimetro della cittadella. Un email giunto prima della crisi finale diceva così: “È possibile che questo sia l’ultimo messaggio che riusciamo a spedire. Siamo infatti in un momento di tregua, dopo un’ora di bombardamenti con gli elicotteri e di sparatorie che, come conseguenza, hanno danneggiato il trasformatore elettrico. Non ci sono feriti, ma tutto è strapieno. Regna una grande serenità; in molti posti si prega il rosario. A dire la verità, la gente è toccata dal fatto che siamo rimasti, e questo è più di una prova che siamo davvero una famiglia”. E ancora: “Ormai, visto che la chiesa è occupata, si celebrano le messe nelle case. Sono momenti sacri. Nessuno piange, né grida. Al momento delle intenzioni, grandi e piccoli esprimono la loro riconoscenza e la loro sicurezza di stare insieme “. “Cibo ce n’era per tutti – hanno scritto, più tardi -, perché i vicini del quartiere, nei momenti di tregua, potevano recarsi a recuperare nelle loro case delle provviste, che hanno permesso di sfamare anche chi, venendo da lontano, non aveva più nulla. Il grosso problema era l’acqua: per la mancanza di elettricità, non potevano più funzionare le pompe che estraevano l’acqua. Il rischio di un’epidemia di disturbi intestinali era molto forte”. Aghi e siringhe E la situazione medica? “Spesso mi sono trovato davanti a persone che mi confessavano apertamente: “Dottore, sono terrorizzato” – racconta Augusto Maria Parody -. E allora sentivo che dovevo darmi interamente a chi si trovava davanti a me. I medicinali erano quelli di base, ma ci siamo dovuti arrangiare, perché l’ospedale regionale era chiuso e così le farmacie. “In questi giorni sono nati anche alcuni bambini. L’aumento degli ammalati è stato comunque controllato. Alcune persone una mattina sono andate a cercare aiuti, perché le riserve di medicinali cominciavano a scarseggiare: sono tornati proprio con quelle siringhe e quegli aghi di cui avevamo bisogno”. Si è trovato persino il tempo di festeggiare il compleanno di Augusto, “il più bello della mia vita”, con canti, danze, regali. Ne è nato uno spontaneo scambio di confidenze tra grandi e piccoli. Una donna diceva: “Quanto mi ero attaccata alle cose! Ora ho scoperto cosa vale di più”. E un giovane: “Oggi dico a Dio che voglio essere come un foglio bianco, su cui lui può scrivere”. “Nelle giornate di “assedio” – continua l’email di Gisela e Augusto – le persone, quando non erano rincantucciate nelle case e nei capannoni per ripararsi dagli spari cercavano di vivere come in un grande villaggio: si accoglievano i nuovi venuti, si attingeva e si trasportava l’acqua, si ascoltavano le notizie alla radio, si riposava durante il giorno, perché le notte erano insonni a causa dei combattimenti, mentre le mamme preparavano i pasti”. Chi ve l’ha fatto fare di rimanere? “È una domanda che tanti ospiti provvisori della cittadella hanno posto ai focolarini. Uno di loro ha risposto così: “Ero conscio di quello che poteva accaderci. Ma più forte della paura era la presenza fra noi di Qualcuno che è vivo e trasmette la sua pace, la sua serenità, il suo coraggio anche nei momenti più bui, che indica la strada da seguire. Quando, tutti insieme, abbiamo deciso di restare accanto alla nostra gente, ci siamo accorti che la scelta di rimanere era una conseguenza delle radici di vita cristiana che la spiritualità dell’unità aveva messo in noi”. La zona rimane pericolosa; approfittando di qualche giorno di tregua, molti ospiti sono ripartiti verso il sud, verso Abidjan, per la paura. Ora l’amore e il coraggio dimostrati dai focolarini vengono ricambiati: tanti hanno voluto rimanere nella Mariapoli Victoria. Hanno detto: “Prima voi avete dimostrato che eravate disposti a dare la vita per noi. Ora sta a noi proteggervi e, se necessario, dare la nostra vita”. Una grande confusione Non è semplice l’eredità lasciata da Félix Houphouët-Boigny, il primo presidente della Repubblica della Costa d’Avorio, che dal 7 agosto 1960 – data dell’indipendenza – aveva voluto fare di questa nazione dell’Africa occidentale un modello di progresso. La sua politica (non senza ombre), aveva reso la Costa d’Avorio un paese prospero, primo produttore mondiale di cacao. Poi negli anni seguenti, a causa della caduta dei corsi dei prodotti agricoli, era iniziato un periodo assai difficile. Successore di Houphouët-Boigny, Konan Bedié nel 1999 era stato destituito da un colpo militare. Nell’ottobre 2001 era avvenuta l’elezione controversa di Laurent Gbagbo. A partire dal 19 settembre scorso, una forte fazione di suoi avversari ha conquistato il 35 per cento del paese, soprattutto il nord-ovest. Non si sa ancora bene chi vi sia dietro questo colpo militare. I ribelli hanno varie volte cambiato le loro richieste. Il governo era pronto a decretare una amnistia e un accordo di cessate il fuoco era stato firmato; ma ora è stato violato. Certe loro rivendicazioni non appaiono ingiuste, come una maggiore attenzione al nord povero, la revisione della costituzione, l’opposizione alla xenofobia.

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