Presentata a Londra la Carta di pace per il perdono e la riconciliazione

Parlare di riconciliazione e perdono nel mezzo di quella che papa Francesco, da tempo, ha definito come “la terza guerra mondiale a pezzi”, e con lo spettro nucleare del conflitto russo-ucraino, sembra pura follia. Eppure c’è chi, in questi ultimi dieci anni testimoni di non pochi conflitti in diverse parti del pianeta, ha avuto il coraggio di concepire e realizzare una Carta di pace per il perdono e la riconciliazione
Carta di pace

L’idea di una Carta di pace per il perdono e la riconciliazione che potesse ispirare una categoria decisiva nella costruzione della pace, che tuttavia sembra scomparsa dal dizionario di molti idiomi del XXI secolo, è nata a Birmingham, in un contesto interreligioso particolarmente fecondo e orientato proprio al valore della pace.

Protagonisti iniziali sono stati il Prof. Josef Boehle, tedesco di origine ma da tempo accademico presso la University of Birmingham, e Bhai Sahib Bhai Mohinder Singh Ahluwalia, presidente dell’associazione sikh Guru Nanak Nishkam Sewak Jatha, con sede a Birmingham.

A questi due promotori, nel corso degli anni, si sono aggiunti leaders e rappresentanti di diverse religioni, come il dr. William F. Vendley, cattolico, già segretario per un ventennio di Religioni per la Pace, la dr. Azza Karram, musulmana, egiziana di origine ed attuale segreteria generale della stessa associazione internazionale. E, inoltre, il rabbino David Rosen di Gerusalemme, la rev. Kosho Niwano, buddhista e presidente designata della Rissho Kosei Kai del Giappone, lo shaykh Abdallah Bin Bayyah, impegnato a promuovere la pace nelle società musulmane.

Si tratta solo di alcuni dei molti nomi impegnati in questo progetto, espressione dell’impegno di uomini e donne di fedi diverse. Fra questi non possiamo dimenticare anche Maria Voce, già presidente del Movimento dei Focolari.

La Carta, come dichiara la sua finalità, posta al centro del documento, vuole mostrare l’impegno di persone, che sono coscienti di una umanità condivisa, a mettere in pratica e a coltivare il perdono e la riconciliazione per promuovere armonia, giustizia e una pace sostenibile nel mondo d’oggi. Il documento è semplice e lineare e, dopo una adeguata ed efficace contestualizzazione nella scena geo-politica attuale e della definizione della sua finalità, di cui abbiamo appena detto, propone diciotto principi per attuare praticamente la riconciliazione e il perdono nella vita quotidiana, favorendo iniziative capaci di generare pace grazie al perdono.

L’impegno degli autori di questa Carta, che appare oggi quasi estemporanea, ha portato alla sua presentazione in ambiti svariati come assemblee internazionali di organizzazioni che lavorano per la pace (la già ricordata Religioni per la pace ma anche il Parlamento Mondiale delle Religioni e le Nazioni Unite) ed in luoghi che, invece, parlano di pace come la città di Assisi o il Vaticano, dove il documento e l’iniziativa sono stati benedetti da papa Francesco.

Nei giorni scorsi, la Carta è stata ufficialmente presentata presso la House of Lords, centro del potere politico ed amministrativo del Regno Unito, sede, negli ultimi decenni, di serrati dibattiti sulla questione della necessità della guerra giusta per risolvere situazioni internazionali difficili.

 Alla giornata di dibattitto e riflessione sono intervenute personalità e rappresentanti di diverse fedi, ma anche dell’ambito politico e parlamentare: l’on. Fiona Bruce, inviata speciale del Primo Ministro britannico per la libertà religiosa e di credo, e Colin Bloom, consigliere per l’impegno di fede presso il Ministero delle comunità e dei governi locali.

Al di là dei discorsi di circostanza, che non mancano mai in queste occasioni, quello che ha impressionato sono i molteplici esempi di impegno – le cosiddette buone pratiche o storie a lieto fine – per realizzare la Carta del perdono e della riconciliazione. Particolarmente importanti quelle nell’ambito educativo, sia a livello di scuole elementari che di secondo grado, oltre, ovviamente, un interessante sviluppo di cattedre universitarie che si orientano non solo alla costruzione della pace e alla prevenzione dei conflitti, ma proprio alla centralità della categoria di “perdono” per arrivare alla riconciliazione, guarendo ferite e rimarginando traumi.

Un messaggio importante in un momento in cui la “gratuità” della guerra sembra mettere in pericolo il destino dell’umanità.

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