Politiche contro la povertà ancora all’anno zero

Per il 2016 sono previsti i soliti inadeguati interventi emergenziali. Pesa il mancato coordinamento tra le proposte (Reis e reddito di cittadinanza) della società civile e la laro diversa finalità, ma il vero ostacolo resta il pregiudizio sull’uguaglianza nemica della crescita
povertà

Il 2015 è passato senza novità significative sul fronte delle politiche di sostegno ai poveri, nonostante le molte proposte in campo. E il 2016 non si presenta molto incoraggiante, con un ammontare di risorse pubbliche insufficiente, destinato a finanziare l’ennesimo “esperimento” che sarà necessariamente limitato o nel numero di beneficiari o nell’importo (o in tutt’e due gli aspetti).

Una delle possibili ragioni del tempo perso è il mancato coordinamento delle diverse proposte in campo. Il confronto analitico contenuto nel Rapporto Annuale dello Svimez dell’ottobre 2015 ha mostrato che sia la proposta di Reddito di Cittadinanza del Movimento Cinque Stelle, Libera e Gruppo Abele, sia il Reddito di Inclusione Sociale (REIS) dell’Alleanza contro la Povertà sono varianti di una stessa formula matematica, nota in letteratura come Reddito Minimo (Basic Income). In particolare, la proposta di Reddito di Cittadinanza riprende una precedente ipotesi avanzata dallo Svimez nel suo Rapporto 2013 e poi ripresa come esempio nel Rapporto Istat 2014.

Entrambe le misure hanno l’importante vantaggio di concentrare la spesa sui più poveri, riducendo la dispersione delle risorse a favore di soggetti che non sono in condizioni di bisogno. In tutt’e due i casi, inoltre, il sussidio è tanto più alto quanto più grave la situazione di disagio della famiglia. L’importo del Reddito di cittadinanza (780 euro mensili per un singolo, che aumentano per le famiglie più numerose) è vicino alla soglia di povertà assoluta misurata nelle città metropolitane. L’importo del REIS (400 euro) è significativamente al di sotto di questa soglia minima di sussistenza, tanto che, nell’ultima versione del marzo 2015, la proposta è stata aggiornata prevedendo un’integrazione per i soli inquilini, commisurata all’affitto. Questo aggiustamento, tuttavia, altera in modo sostanziale l’equità della proposta, rischiando di renderne incomprensibili le finalità e di scatenare “guerre fra poveri”.

La differenza fondamentale fra le due proposte è il loro diverso obiettivo generale: il Reis non ha effetti preventivi, mentre il Reddito di Cittadinanza si rivolge ad una platea più ampia di beneficiari ed eroga un sussidio più consistente. Per queste ragioni, ha un costo totale maggiore, a fronte di un più ampio impatto sul fenomeno della povertà. Più precisamente, il Reis appartiene alla classe delle misure anti-povertà di emergenza, che hanno l’obiettivo primario di contrastare la povertà estrema, intervenendo quando la famiglia è già molto povera. Pertanto, la loro efficacia preventiva è sostanzialmente nulla.

Il Reddito di Cittadinanza è invece un esempio di politica preventiva,che associa all’obiettivo di affrontare le situazioni di disagio più gravi quello di evitare l’inizio del processo di impoverimento della famiglia o, se questo è già in corso, di interromperlo.

Delle due proposte, quindi, il Reddito di Cittadinanza è quella che corrisponde meglio alle raccomandazioni dell’Unione Europea, che nel programma Europa2020 ha ribadito che l’obiettivo delle politiche sociali europee deve essere il mantenimento di una rete di protezione sociale dal rischio di povertà o la sua costruzione, in quei paesi membri come l’Italia dove non esiste nessuna garanzia di sostegno pubblico contro l’impoverimento.

Il costo totale è molto variabile, a seconda della fase del ciclo economico, e dipende soprattutto dal numero totale di poveri di ciascun anno. Il Rapporto Svimez stima che in anno di grave crisi come il 2013, con 4 milioni e 400 mila poveri assoluti, si sarebbe avuto il massimo livello di spesa sia per il REIS (8,4 miliardi di euro), sia per il Reddito di Cittadinanza (16,4 miliardi di euro). Negli anni in cui la povertà assoluta non superava i 2 milioni e mezzo di individui, l’ordine di grandezza sarebbe stato sensibilmente inferiore: nel 2009, anno immediatamente successivo alla crisi, il REIS sarebbe costato circa 6,0 miliardi di euro ed il Reddito di Cittadinanza ne avrebbe richiesti circa 13,3.

La preoccupazione relativa al costo della misura, pur comprensibile, sembra comunque eccessiva se si considerano i potenziali effetti positivi del reddito minimo sulla crescita. In effetti, la letteratura economica più recente considera convincente l’ipotesi che l’equità abbia effetti favorevoli sul prodotto nazionale. Il punto di vista tradizionale, che sosteneva l’esistenza di un conflitto necessario fra equità ed efficienza non ha più solide giustificazioni teoriche. Nell'Europa a quindici, per esempio, la relazione fra prodotto pro capite e uguaglianza è chiaramente positiva, mostrando quanto sia infondato, anche nei fatti, il timore che l’uguaglianza possa in qualche modo ostacolare la crescita.

L’articolo riporta le opinioni personali dell’autore e non coinvolge la responsabilità dell’Istat

Marco Di Marco è esperto di indagini sulle condizioni economiche delle famiglie e di politiche sociali.

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