Politica e testimonianza

Il posto dei cattolici in politica vista da un laico
ANSA/ MAURIZIO D'ARRO'

Partecipo volentieri al dibattito auspicato dall’articolo di Città Nuova di gennaio 2019 su “Il posto dei cattolici”, premettendo che sono un normale cittadino che legge la stampa e vede la televisione, senza nessun titolo di competenza politologica specifica.

Parto dalla considerazione iniziale dell’articolo e cioè che il Pd a quella percentuale stimata dalle previsioni, sia per il numero in se sia per una serie di altre ragioni  ( alcune delle quali considererò dopo ) non rappresenti più una parte cospicua del mondo cattolico che non vede affrontati in modo realistico i problemi dell’emigrazione ( oggi addirittura annullati da una volontaria cecità, con quel che ne consegue) della povertà ( affidata alle “Caritas” in supplenza di uno stato sempre più avaro ) della pace ( vedi questione di continuare a vendere armi a Paesi belligeranti )  perfino della famiglia ( ho sott’occhio il caso di una con quattro figli)  e vedo illustrata la motivazione del cosiddetto problema dei nidi vuoti, nonostante tutte le attuali demagogie di inconsistenti provvedimenti a favore della natalità.

Le nostre istituzioni sono poco sensibili alla natalità generale, di cui perfino ci si dimentica gli scarsi provvedimenti. Si parla ormai del tempo in cui, così andando le cose, non ci porremo il problema della nostra esistenza come nazione entro questo secolo.

Per amor di brevità ( e quindi con il rischio di grossolane semplificazioni ) posso azzardare l’opinione che il mondo cattolico che potrei dire “religioso” e “temporale” ( cioè quello che si accontenta di simboli esteriori di una società cristiana)  è corposamente rappresentato nella attuale composizione politica italiana, soprattutto in quella ipotizzata dai sondaggi.

Per quanto sia personalmente ideologicamente “laico”, non voglio esser confuso né con i laici devoti né fra quelle maestre che non fanno il presepe perché non vogliono offendere i nostri musulmani o i nostri cinesi di casa, perchè pensano che manifestare i simboli di un universo civile e quindi anche religioso sia perciò stesso un atto di arroganza o di violenza politica e sociale .

Sono del parere che ( come ha scritto Stuart Mill nel suo “Saggio sulla libertà” ( 1858 !) che mi sembra ormai non contrastare neppure col Vaticano II ) che la libertà di coscienza sia un diritto inalienabile per tutti in ogni società, non attenuabile dalle possibili “tolleranze ristrette o concesse” dalle maggioranze possibili e/o reali :  il solo limite che il potere pubblico può concedersi di oltrepassare non  è quello per bene dell’individuo ( che se lo sceglie da sé ) ma è dato dal male che il soggetto  potrebbe arrecare agli altri, come aveva intuito un secolo prima il nostro Beccaria.

Se la tolleranza è un valore da non disprezzare, occorre riflettere sul fatto che, bene o male, in questo mondo il relativismo tutela gli individui e le minoranze, non le “volontà generali” che di solito il potere lo esercitano senza tanti complimenti, anche con violenza esplicita e perfino senza il rispetto della vita, come ben sanno i cristiani di questo mondo.

Da noi lo spazio politicamente non rappresentato è quello definito nell’articolo ( prendendo a prestito un termine di papa Francesco ) “martiriale” ( cioè di testimonianza) che tra l’altro non riguarda solo il mondo cattolico ma una larga parte del mondo cristiano, almeno quello che si riconosce in una visione ecumenica. Senza voler scomodare Tertulliano, per il cristianesimo  non è una situazione nuova.

Questa per il momento mi sembrerebbe la possibile testimonianza civile della fede, senza nessuna imminente evoluzione di potere o di trionfo : l’espressione di una consapevole minoranza nella attuale società italiana. Forse quegli uomini “di fede” si renderebbero consapevoli che in una posizione di minoranza dovrebbero professare, ma non avrebbero la tentazione di imporre norme vincolanti ad una società secolarizzata, come in passato hanno preteso di fare. Intendiamoci neanche la maggioranza “religiosa” ha il diritto di “imporre”, ma quella il potere se lo prende in barba al papa, alla ostituzione e a Stuart Mill: vera espressione qualcuno pensa di relativismo, io credo di  intolleranza .

Domani potrebbe cambiare, ma oggi il campo per la discesa politica mi sembra questo e non altro. E comunque  sarebbe, di per sè, un contributo di altissimo valore per qualsiasi democrazia.

Devo dire che quel mondo diciamo così appartato, tuttavia anche oggi fa sentire la sua voce, ma alla fine ha riconosciuto dopo brevi illusioni di essere senza rappresentanza politica. Mi chiedo se ( quelli che ho chiamato )  i cristiani di fede e non di religione sono disponibili ad occupare coscientemente quello spazio “martiriale”, oggi  in condizioni di minoranza,  senza il potere di dettare l’agenda politica e sapendo di entrare in un evitabile concorrenza ( che  potrebbe essere anche non pacifica)   con il cosiddetto mondo “religioso”, abituato alle guerre, ora espresso dalla ex certosa di Trisulti (concessa ai seguaci dell’ideologo sovranista Bannon,ndr), ma che domani si potrebbe concretizzare in un 42% dell’elettorato, o preferiscono di rimanere nella penombra dei comunicati dell’Avvenire ?

Da qualche mese, quel mondo si è accorto di non avere una rappresentatività : allora dopo le elezioni europee il nodo ha bisogno in una maniera o in un altra di essere sciolto.

 

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons