Pietro, il peso della bontà

C’è qualcosa che lega tanti comuni italiani alla Città Eterna. Sono i santi patroni. Che anche per tanti di essi, come per Roma, sono Pietro e Paolo. Per la capitale il 29 giugno, solennità dei due apostoli, è giorno di festa popolare. Patrono, una parola che deriva dal latino e significa padre, difensore: è colui che protegge dal Cielo la vita della Chiesa in un determinato luogo. Festeggiare un patrono significa prenderlo come modello oltre che come protettore. Ma chi è questo Pietro, di cui si invoca la protezione? Sembra di conoscerlo così bene, per le tante volte che viene nominato, per i film che anche di recente sono stati realizzati sul personaggio. Proviamo a dire qualcosa su di lui, cominciando dal non facile tentativo d’abbozzare una sua carta d’identità. Per quel poco che sappiamo, potrebbe essere più o meno così: Nome: Shimon (Simone) Cognome: ben-Jona (= figlio di Iona), secondo lo stile semitico Data di nascita: ? Luogo di nascita: Betsaida (sul lago di Tiberiade) Residenza: Cafarnao (sul lago di Tiberiade) Professione: piccolo imprenditore: pescatore Stato civile: coniugato (o vedovo?) Religione: ebraica Secondo i Vangeli sinottici, Gesù un giorno incontra Simone mentre con suo fratello era intento a gettare le reti nel lago di Tiberiade. E gli chiede di seguirlo. Giovanni sottolinea un altro punto: Simone e suo fratello erano discepoli del Battista. Il quale aveva iniziato, per così dire, un nuovo movimento all’interno dell’ebraismo, un movimento che attirava molte persone spiritualmente sensibili e desiderose d’un autentico cammino di fede. Quindi, molto probabilmente, Simone – oltre ad essere un buon commerciante e presumibilmente un buon marito e padre di famiglia – era animato da un ardente desiderio di Dio. Forse lì, frequentando il gruppo del Battista, conosce Gesù. Per lui quell’incontro dev’essere stato qualcosa di sconvolgente. Quell’uomo, quel falegname, quel Gesù di Nazaret che suo fratello Andrea gli aveva appena presentato – solo con la parola, lo sguardo, il modo in cui si muoveva – aveva toccato le fibre più intime del suo cuore. Aveva dato ali al suo genuino, semplice, desiderio di Dio. Per quel motivo, quando Gesù lo incontra di nuovo in riva al lago e gli chiede di seguirlo, Simone non ha dubbi. Solo da lui ha udito parole di vita eterna. Per lui vale la pena lasciare reti e tutto, e imbarcarsi in una nuova avventura. Il resto della sua vita è noto. Al pescatore Shimon, Gesù darà il nome Cefa, che in aramaico significa roccia, pietra, in greco suona Petros, in latino Petrus. Egli diventerà il portavoce dei Dodici, l’apostolo più nominato nei Vangeli. Avrà un ruolo essenziale nella costituzione della prima comunità cristiana. Sarà lui ad aprire il messaggio di Gesù ai pagani. Secondo Eusebio di Cesarea, Pietro, lasciata Gerusalemme, farà poi apostolato in varie città dell’Asia Minore e infine a Roma, dove verrà crocifisso con la testa in giù. Ma a noi piace soffermarci su un tratto della sua dirompente personalità. Pietro, come appare nei Vangeli, è un uomo profondamente buono, affascinato da Gesù. Per lui avrebbe fatto qualunque cosa. Ma, come accade spesso alle persone sinceramente buone, esse, per la loro stessa audacia, si cacciano in situazioni che a volte non sono in grado di gestire. A Pietro capita più volte: s’infiamma d’ardore per le parole di Gesù, poi non regge… e la paura prende il sopravvento. Gli capita sul lago: come Gesù vuole camminare sulle acque, un po’ ci riesce… poi il timore lo fa vacillare. Gli capita a Cesarea di Filippo, sulle alture del Golan: prima riconosce Gesù come il Cristo, e questi gli offre incredibilmente le chiavi del Paradiso; poi, per i suoi ragionamenti troppo umani, viene rimproverato severamente: Gesù lo chiama addirittura satana e lo allontana bruscamente da sé. Gli capita ancora nel momento più tragico della vita del suo Maestro: promette di restargli fedele fino alla morte, poi nega persino di conoscerlo: Non lo conosco!, sono parole pesanti, preferite dalla bocca del primo papa. Quasi un’enciclica alla rovescia. Gli capita ancora ad Antiochia, quando già è guida della Chiesa: prima accetta di mangiare con i pagani convertiti al messaggio di Gesù (come ebreo non poteva prendere cibo con i pagani); poi, all’arrivo di alcuni di Giacomo che lo criticano, cede e lascia il banchetto, combinando un bel pasticcio… Questo è Pietro: così buono e focoso da non contare sulle proprie forze, così entusiasta e allo stesso tempo debole da incorrere in una serie di figuracce. Certo, non ci siamo volutamente soffermati sui suoi smisurati meriti.Ma proprio in questa sua non diplomatica capacità di combinare guai sta il bello del suo carattere, quello che ce lo rende così vicino. Impossibile non provare per lui una calorosa simpatia. Gesù, che legge nell’intimo dei cuori, lo perdona sempre con benevolenza. Anzi, proprio a lui affida la sua Chiesa. E come non essere orgogliosi di averlo come patrono?

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons