Piemonte, Cota al capolinea

Il presidente della giunta e 39 consiglieri sono indagati, mentre sono state annullate dal Tar le elezioni e bocciati il bilancio e i tagli al trasporto. Le contraddizioni di un modello di governo
Torino

La Regione Piemonte è al capolinea. O meglio il suo governo di centrodestra guidato dal leghista Roberto Cota. L'ultima tegola è giunta dal Tar che ha detto stop ai tagli che la Regione aveva imposto sul trasporto locale, di fatto quasi azzerando la possibilità del servizio. Il Tar ha accolto l’istanza cautelare presentata dall'Atap, la società che gestisce il trasporto pubblico nei territori di Biella e Vercelli, sospendendo la delibera della Giunta del 6 maggio 2013 con cui venivano ridotti drasticamente i trasferimenti, in alcuni casi anche del 50 per cento.

Ma è solo l'ultimo capitolo di una settimana "horribilis" per il governatore del Piemonte. Giovedì la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato per Roberto Cota e per altri 39 consiglieri regionali che siedono a Palazzo Lascaris, alcuni componenti della Giunta Cota. Alcuni dovranno rispondere anche di truffa nell'inchiesta delle "spese pazze" dei gruppi consigliari, un milione e mezzo di euro non giustificati andati per pranzi (anche diversi contemporaneamente in diverse città d'Italia, come è imputato a Cota), cene, feste, conti dal macellaio, tosa erba, vestiti lussuosi, regali, gioielli, profumi, vacanze, e una montagna di caffè e croissant, fino all'ormai famoso paio di mutande verdi acquistato in America dal governatore leghista.

Martedì il Collegio dei revisori dei conti aveva boccita senza possibilità di replica il bilancio della Giunta regionale perché è stato ampiamente superato l'indebitamento consentito. Secondo i tre professionisti che compongono il Collegio, organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione, che opera in raccordo con la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, il “Bilancio di previsione per l’anno finanziario 2014, bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016” con l’iscrizione di 435 milioni di euro tra mutui e prestiti supera il tetto consentito dalla legge, fissato a un massimo del 20 per cento sulle cosiddette “entrate libere”. Una bocciatura in una Regione già controllata per il Piano di rientro verificato dai ministeri sulla Sanità, che registra uno dei più grandi indebitamenti del Paese.

Ma il colpo di grazia era arrivato venerdì scorso quando il Tar ha annullato le elezioni regionali del 2010 e rimandato al voto la Regione dopo quattro anni di legislatura e polemiche. Il Tar ha accettato il ricorso della perdente Mercedes Bresso, prendendo atto della falsità delle 17 autenticazioni di altrettante candidature nella lista Pensionati per Cota, così come è stato stabilito in sede penale dalla Cassazione contestualmente alla condanna dell’ex consigliere regionale Michele Giovine a 2 anni e 8 mesi per falso. E hanno annullato le elezioni sulla base del fatto che i voti dei Pensionati furono decisivi a maggio 2010 per il successo di Cota. Infatti con i loro 25 mila voti spostarono la bilancia sul centrodestra che vinse di appena 9 mila voti di differenza.

La Giunta regionale ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, ma la sentenza del Tar è simile a quella espressa qualche anno fa in Molise, dove si andò poi di nuovo a votare, e dunque tutto fa presumere che i piemontesi saranno chiamati al voto in primavera, oltre che per amministrative ed europee, anche per le regionali.

Cota chiede giustizia e critica la scelta sia del Tar che della Procura: «Riaffermo la correttezza delle mie azioni e la limpidezza delle mie intenzioni, farò valere le mie ragioni. Non commento la circostanza della richiesta di archiviazione dell’indagine di Mercedes Bresso, rinvio alla lettura delle disinvolte e benevole motivazioni del colpo di spugna. Registro che nessun esponente di una parte politica andrà a giudizio».

Gli fa eco Mario Carossa capogruppo della Lega : «Non posso fare a meno di notare, leggendo le sintetiche motivazioni delle richieste di archiviazione di cui ha beneficiato l’intera compagine di sinistra, che fattispecie assimilabili e a volte identiche hanno determinato in taluni casi la richiesta di rinvio a giudizio e in tali altri hanno invece costituito la prova dell’assenza di intenzione appropriativa. Mi pare quanto meno illogico e poco coerente».

E dello stesso tono la maggior parte delle forze di maggioranza del centrodestra. La Procura ha di fatto rinviato a giudizio buona parte del centrodestra assolvendo il centrosinistra in un primo tempo interessato dalle indagini. Della minoranza sono accusati solo i cuneesi Tullio Ponso dell'Italia dei Valori e Giovanni Negro dell'Udc. Dura la risposta del Pd, che da tempo ha iniziato una vera e propria campagna “Cota a Casa" con il segretario regionale Gianfranco Morgando: «La richiesta di rinvio a giudizio è un colpo mortale per un rapporto già abbondantemente deteriorato con la comunità piemontese, che si aggiunge a quelli determinati dalla vicenda delle firme false, con la conseguente sentenza del Tar, e dall’incapacità della Giunta di governare».

Cosa aspetta Cota a dimettersi? Cosa ancora deve succedere? Non penserà davvero di andare al Consiglio di Stato? È lo stesso Roberto Cota che diceva ai magistrati, nel primo interrogatorio, che non avrebbe potuto restare in carica anche solo con l’ombra di un avviso di garanzia?

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