Piccole città crescono

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Ne ho visitate finora una ventina di quelle che esistono in giro per il mondo, una buona media. Cominciano ormai ad entrare nell’età della maturità – la prima, come tanti nostri lettori già sanno (cf Città nuova n° 20/2004), è stata fondata quarant’anni fa -, a testimonianza della creatività della corrente di pensiero avviata nel 1943 dai Focolari: anche le più recenti sembrano godere del patrimonio di esperienza collettiva maturato nei decenni. Pianificare città è in effetti uno dei principali sviluppi della cultura di un popolo: e i Focolari sono considerati un piccolo popolo nato dal Vangelo, sparso capillarmente in 182 paesi del mondo. Da sempre Chiara Lubich ha ritenuto importante – non solo per questioni di visibilità (non si mette la lampada sotto il moggio, ma sopra il lucerniere…) ma, direi, soprattutto per la necessità di sperimentazione evangelica (da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni gli altri… ) – che la spiritualità dell’unità trovasse applicazione in un modello originale di convivenza. Una città realizzata con strade e abitazioni e fabbriche, in comunione con la natura e con gli uomini e le produzioni umane. Ecco le cosiddette Mariapoli permanenti. Non è solo l’ennesimo tentativo di creare una città ideale e in fondo utopica – seguendo le tracce auree di Platone e Campanella, Tommaso Moro e Saint-Simon e Tagore -, ma la concretizzazione di un carisma che è fatto per creare una nuova convivenza sociale. Non sono centri nati con la riga e col compasso (che quasi sempre nascono già morti), ma dalla vita, e spesso appoggiati a qualcosa di già esistente. Non a caso da qualche tempo un gruppo di architetti e urbanisti sta studiando le implicazioni urbanistiche e architettoniche del carisma dell’unità. E più di qualche studente ha già cominciato a redigere tesi al riguardo. Un affare da seguire, anche dal punto di vista economico, sociale, ecclesiale, comunicativo e così via: le cittadelle di vita comune dei Focolari stanno offrendo numerosi spunti di riflessione, come ho cercato di raccontare in un libro edito per il quarantesimo di Loppiano (Una visita a Loppiano, Città Nuova). Sono cittadelle in continua evoluzione, ognuna col suo feeling e la sua peculiarità, ma con lo stesso immancabile format, come si direbbe oggi usando il linguaggio televisivo. Mi è capitato, nell’ultimo anno, di visitare cinque di queste realizzazioni in Europa occidentale: tutte paiono incarnare, ognuna a modo suo, la via del dialogo e dell’integrazione nel territorio. Le cittadelle irlandese, inglese, belga, tedesca e portoghese non mi sono apparse certo uguali fra loro, né per la natura del loro convivere sociale, né per le caratteristiche della popolazione, né per la lingua, né per la struttura urbanistica e architettonica. Eppure lo spirito degli abitanti, certi modi di unire o di separare le componenti abitative, la semplicità di vita, l’accoglienza calorosa e via dicendo mi hanno detto che hanno la stessa radice spirituale. Irlanda A fianco della torbiera A Prosperous sorge una Mariapoli permanente Lieta di nome e di fatto, a 35 chilometri da Dublino e dal mare, e poco più da centri storici quali Glendalough e Newgrange, al limitare della più grande torbiera d’Irlanda. Tre ettari di terreno, una graziosa casa georgiana del XVIII secolo, quattro o cinque altre abitazioni. Questa è la Mariapolis Lieta, che ricorda con tale nome una focolarina che per numerosi anni si diede anima e corpo al focolare in Irlanda. Era febbraio, mese pazzerello da quelle parti (come in realtà quasi tutti gli altri mesi dell’anno). Nella giornata dell’inaugurazione della cittadella siamo passati dal gelo alla neve, poi alla pioggia e di nuovo alla neve, per concludere con un sole splendente e con la morosità del grigiore: quattro stagioni in poche ore! Chiara Lubich era presente, e c’erano il sindaco e il vescovo. Era intervenuto pure l’ambasciatore italiano in Irlanda e consiglieri e deputati e giornalisti. In una piccola sala da un centinaio di posti che una volta, guarda caso, era un rinomato pub, e nel piazzale antistante il centro, era convenuto il piccolo-grande popolo irlandese del focolare, cresciuto nella terra benedetta che san Patrizio cristianizzò già nel V secolo. Per l’inaugurazione si erano scaldati gli strumenti musicali della tradizione e non era mancato l’alzabandiera. E gli irlandesi mi erano sembrati più simili ai napoletani (in quanto a socievolezza) che non ai vicini inglesi. La Mariapoli Lieta a Curryhills – la collina del curry – è indiscutibilmente ancora modesta nelle sue dimensioni, ma è adeguata allo sviluppo del movimento in Irlanda. Non è isolata dal contesto, perché nell’abitato di Prosperous vivono alcune famiglie e altre persone che sono parte attiva della cittadella. È questo un elemento importante di numerose cittadelle, sempre di più: essere una testimonianza di Vangelo vissuto ma inserendosi nella vita della società civile. Come un seme che sulla torba crescerà. Inghilterra Al limitar dell’abitato La Mariapoli permanente di Welwyn Garden City, si trova ad un’ora e mezzo d’auto al nord di Londra, nell’Hertfordshire. Dentro la metropoli lo spazio si restringe nel rosso degli autobus e nel grigio dei palazzi, mentre fuori città esso si dilata nel verde della vegetazione e nell’azzurro del cielo. È giugno, e l’impermeabile è necessario. La cittadella inglese, chiamata Focolare Centre for Unity, consiste in un vasto complesso – era una scuola di suore canossiane -, compreso un edificio che all’esterno mostra la sua precedente struttura di chiesa, poi trasformata in un centro per congressi. Qui vengono accolti per i loro incontri e le loro attività oltre a gruppi del movimento, anche altri movimenti ecclesiali e civili, in quello spirito ecumenico che è stato alla base, nel 1983, di questo centro. Il tutto offerto con una calda ospitalità, apprezzata da chi vi trascorre periodi più o meno lunghi. Attorno all’edificio principale, una dozzina di abitazioni sono occupate da famiglie legate al focolare, tra cui quelle di un paio di sacerdoti anglicani, con le rispettive mogli. La Mariapoli permanente è inserita in un contesto urbano estremamente accogliente, verde e tranquillo, ordinatissimo, proprio come ci si immagina gli abitati nella campagna inglese. Viene da pensare che una volta i monasteri venivano edificati isolati nella campagna, mentre oggi i nuovi monasteri, pur non abbandonandola, si sono aggregati al limitare dell’abitato. La cittadella di Welwyn Garden City – dedicata al canonico anglicano Bernard Pawley, grande amico del focolare – sta conoscendo un momento di effervescenza. Ne sono stato testimone all’esposizione del progetto di rinnovamento e di ampliamento del complesso, assai professionale. Un progetto coerente e adeguato alle necessità, maturato da una profonda comunione, nello stile tipico dei Focolari. Prima di ideare il progetto, in effetti, gli architetti avevano consultato non solo i membri della cittadella, ma anche i vicini che non appartengono al movimento. Un villaggio dell’unità non può che essere espressione del convenire e della sensibilità di ognuno. Germania I giovani e la summer school La cittadella di Ottmaring – Begegnungszentrum, centro di incontro – si trova a due passi da Augsburg, la città della pace augustana e capoluogo della Svevia bavarese, ricca di storia, barocco e industriosità. Ottmaring, che contiene la cittadella ecumenica dei Focolari, è un borgo rurale, circondato da una campagna pettinata e fertile. Grazie al centro dei Focolari, conosce un convivere sereno e creativo, con un’architettura moderna integrata nell’ambiente. Anche se i suoi 897 abitanti sono abituati al via vai degli ospiti, quest’agosto è stata notata più del solito la presenza di frotte di giovani. Dapprima un gruppo di circa 200 ragazzi e ragazze europei impegnati in un campo estivo organizzato ogni anno per lavorare al progetto impossibile – eppure così indispensabile – di un mondo più unito. Quindi la presenza, forse appena più silenziosa, dei 200 studenti e professori provenienti dai cinque continenti della summer school, l’università estiva dell’Istituto superiore di cultura Sophia dei Focolari. Inutile dire che queste prolungate presenze hanno sorpreso non poco gli abitanti di Ottmaring, da mane a sera: la mattina, ad esempio, decine di loro sciamavano verso i viottoli della campagna per un salutare jogging mattutino, con grande allegria, ma anche con rispetto (apprezzato) dei campi e delle coltivazioni. E nei bar, la sera, la birra scorreva copiosa, anche se non proprio a fiumi, siamo in Baviera: scorreva come scusa e viatico alla conversazione e al dialogo. Originale: bevono birra e discutono dei massimi sistemi, fantastico!, commentava il gestore di una delle birrerie del borgo. Nel centro di congressi della cittadella, progettata da Hans Gebauer ancora negli anni Sessanta, ma rimasto modernissimo – l’architettura pulita non tramonta mai -, e nei locali comuni dalle ampie vetrate, che riflettono sole e prati, la cittadella, nata con una vocazione ecumenica per la collaborazione tra i Focolari e due Brudershaften – fraternità della Chiesa riformata -, ha conosciuto la grande sfida della gioventù, mostrando una generazione naturalmente ecumenica. Portogallo Verso il monte, insieme A 45 chilometri da Lisbona, sulla strada verso Porto e a pochi chilometri dal futuro aeroporto internazionale della capitale lusitana, ecco il Monte Junto, che si può tradurre anche monte insieme (tra l’altro, era una tenuta reale adibita alla fabbricazione del ghiaccio). Ai suoi piedi la Cidadela Arco Iris, cittadella arcobaleno, è baciata dalla luce cristallina d’un novembre freddo e sereno. I suoi edifici giocano tra il bianco e i colori della terra, come da sempre insegna la tradizione architettonica locale, sull’esempio della pittoresca chiesa parrocchiale poco distante dalla mariapoli permanente. Ha una storia breve, la Cidadela Arco Iris, lunga non più di nove anni. Il sito di circa dodici ettari, adiacente all’abitato rurale di Abrigada e circondato da pini ed eucalipti, era praticamente privo di costruzioni, salvo un vecchio capannone per l’allevamento avicolo e una piccola abitazione, nella quale si trasferì una famiglia di pionieri. Nel giro di sette anni, grazie all’esclusiva comunione dei beni della comunità del movimento che è in Portogallo, sono sorti diversi edifici, tra cui un moderno e luminoso centro per congressi (circa 4 mila persone vi sono passate nell’ultimo anno). Oggi vi vivono in pianta stabile 46 persone, tra cui tre famiglie. E, adiacente al terreno vero e proprio della citta- della, degli imprenditori hanno voluto attrezzare una zona industriale per impiantarvi le loro aziende, legate al progetto per una Economia di Comunione. Le cittadelle dei Focolari spesso sono in effetti come questa portoghese: hanno nel sangue la novità e l’apertura. Nascono col contributo di tanti, si sviluppano secondo le necessità e offrono spazi adatti alla convivenza armoniosa dei suoi abitanti, senza promiscuità ma nella vicinanza, alternando la comunione alla distinzione dei ruoli e delle vocazioni. È questa una caratteristica che è spesso apprezzata dai visitatori, anche di rango, come ministri e deputati, ma anche dal sindaco socialista e dalla sua giunta, che collabora attivamente per lo sviluppo della cittadella. Belgio La vita, sì proprio la vita Il viaggio si conclude in Belgio, in un gennaio uggioso e freddo. Dico questo perché, visitando il centro di congressi appena inaugurato – con la visita graditissima della regina Fabiola e di altre personalità – in una giornata veramente da lupi, ho avuto invece l’impressione che gli spazi interni dell’edificio fossero inondati dalla luce. Maestria degli architetti e dei decoratori, certamente, ma anche espressione di una way of life, di un modo di essere che tende a creare la luce all’interno della comunità, quale segno della presenza di Gesù in mezzo ai suoi. Il cuore dell’edificio, uno spazio che – grazie ad ardite paratie lignee curve – funge alternativamente da palco o da salotto, o ancora da smistamento per le 250 persone e più che può contenere, testimonia tale perizia, ispirata dalla vita degli uomini e delle donne del Belgio vicini al focolare. Fu nel 1989 che la cittadella – che ha preso il nome di Mariapolis Vita, anche per sottolineare un certo carattere ecologico del sito – prese il via, dalla donazione di un insigne umanista, il professor Bouts, che aveva dato origine a una associazione (chiamata Sol et Vita) dedita alla armonia complessiva dell’esistenza. Nell’incontro col focolare trovò le persone che avrebbero potuto continuare lo spirito della sua fondazione. Ora un centinaio di loro abita nella cittadella, inserita nel tessuto sociale esistente. Si sta sviluppando pure un centro di attività commerciali e artigianali poco distante. Manifestazioni di vario tipo – arte, ecologia, politica, economia, comunicazione… – per persone di ogni età mostrano quanto questa cittadella sappia esprimere la bellezza della natura e quella delle opere dell’uomo.

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