Il nuovo piano Mattei, tra gas e diritti umani

La riscoperta di un nuovo protagonismo internazionale dell’Italia, sulla linea tracciata da Enrico Mattei nel dopoguerra, non può ignorare i diritti dei migranti violati in Libia come denunciato da rapporti Onu. Un nodo irrisolto, dal Memorandum Gentiloni del 2017 all’accordo Meloni del 2023
Libia Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse

I voti, come i giudizi, non si contano ma si pesano. La valutazione prevalentemente positiva dell’Economist, testata britannica liberal liberista, è come un suggello ufficiale sui primi 100 giorni di governo di Giorgia Meloni coronati dall’accordo strategico concluso sabato 28 gennaio con Tripoli.

Roberto Monaldo / LaPresse

Parliamo, in verità, di un obiettivo raggiunto dall’Eni di Claudio De Scalzi che si è mosso con autonomia e intraprendenza nel difficile contesto del Paese nord africano senza abbandonare mai il campo. Neanche nel pieno della guerra del 2011 trascinatasi, poi, in conflitti permanenti tra i clan che hanno preso il sopravvento dopo la fine tragica di Gheddafi. Una parte di “caoslandia” contrassegnata dallo scontro tra il generale Haftar, che controlla la Cirenaica, con il sostegno di Russia ed Egitto, e il governo formalmente unitario presieduto da Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh con sede a Tripoli.

È con quest’ultimo che il governo italiano ha concluso un accordo definito “storico” per l’estrazione del gas da esportare verso il nostro Paese che vuole accreditarsi come il luogo principale di snodo energetico verso l’Europa in concorrenza con altri soggetti che ambiscono allo stesso ruolo.

Regista dell’intera operazione resta l’Eni che ha stretto un accordo con la Noc, la corrispondente società energetica controllata dallo stato libico. Un investimento di oltre 8 miliardi di euro destinato ad avvantaggiare l’economia del Paese nordafricano in termini di consumi e industrie dell’indotto.

Rientra in questa strategia anche l’accordo commerciale concluso precedentemente con l’Algeria, che è tra i principali fornitori di gas destinato a sostituire il rapporto principale finora intrattenuto con Mosca. Una linea di condotta perfettamente in linea con il governo Draghi che ha aperto tutte le strade possibili per sottrarsi dalla dipendenza dalla Russia di Putin.

Ma l’intera operazione non prevede dei vantaggi per tutti. Come ha detto Giorgia Meloni, «noi oggi, in questa importante giornata, abbiamo adottato un’intesa firmata dai nostri rispettivi ministri degli Esteri, che ringrazio, con l’obiettivo di potenziare le capacità e la cooperazione con l’autorità libica in relazione alla Guardia costiera».

Foto Cecilia Fabiano /LaPresse

Non è, infatti, una novità l’accordo collaterale che il governo di Roma ha definito con quello di Tripoli per frenare il flusso di migranti. Aveva anche questa finalità il piano elaborato da Berlusconi nel 2010, celebrato trionfalmente a Roma, e lo è esplicitamente il Memorandum siglato da Gentiloni nel 2017, rinnovato di recente, per rispondere al “rischio di tenuta democratica” evocato dall’allora ministro degli Interni Marco Minniti.

Nell’accordo concluso dal presidente del consiglio Meloni è prevista la fornitura di motovedette alla Guardia costiera libica che, come confermano le inchieste dell’Onu, non può essere definita un’autorità garante del rispetto dei diritti umani dei migranti. Tutt’altro.

Il quotidiano Avvenire, ad esempio, non ha remore nel denunciare, in un articolo firmato da Nello Scavo, che «Mohammed al-Khoja, accusato da varie organizzazioni internazionali e dalle agenzie Onu d’essere legato al business del traffico di persone, ora guida il Dipartimento contro l’immigrazione illegale che gestisce i campi di prigionia statali». Luoghi dove, come riporta la relazione del 9 dicembre firmata dal segretario generale Onu Antonio Guterres, le persone «continuano a essere detenute arbitrariamente in condizioni disumane».

Il portale “Speciale Libia”, prodotto da diversi media partner tra cui notizie geopolitiche.info, riporta per esteso le terrificanti conclusioni degli esperti della FFM, la missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite compiuta a Tripoli dal 23 al 26 gennaio 2023. D’altra parte, come ricorda l’agenzia di stampa Nova, la Libia «non ha mai ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati e richiedenti asilo».

Dall’opposizione il senatore dem Graziano Delrio, tra i pochi ad opporsi all’interno del suo partito al rinnovo del memorandum del 2017, denuncia l’esistenza di “un patto con il diavolo” con le autorità di Tripoli e denuncia il fatto che non sia stata proposta, in questa occasione, «la trasformazione della missione Ue Irini, nata per fermare il traffico di armi, in una missione di addestramento di un nuovo corpo della guarda costiera in Libia, sottraendolo al controllo dei trafficanti». Proposta, ad ogni modo, che non è stata sostenuta neanche dai precedenti governi italiani che si sono alternati in questi anni.

©lapresse
anni ’50
Enrico Mattei con alcuni operai

Lo scambio tra fornitura di gas e diritti dei migranti non pare aver riscosso grande attenzione nel dibattito pubblico anche perché il protagonismo italiano in Libia è stato presentato come una continuazione e ripresa del “piano Mattei” e cioè la strategia politica internazionale adottata nel secondo dopoguerra dal presidente e praticamente fondatore dell’Eni, Enrico Mattei, in chiave di collaborazione con i Paesi emergenti africani e del Medio Oriente in contrasto con l’egemonia prevaricatrice delle grandi compagnie petrolifere occidentali.

La morte tragica di Mattei nel 1962, dopo una rapida archiviazione dell’incidente per avaria dell’aereo su cui viaggiava, è stata oggetto di una nuova inchiesta della magistratura, durata dal 1994 al 2003, che ha appurato la natura dolosa dell’incidente, lasciando tuttavia indefinita l’identità di autori e mandanti dell’omicidio. Intorno a questo mistero ne ruotano altri ad esso collegati, a cominciare dalla scomparsa nel 1970 del giornalista Mauro De Mauro che indagava sulla morte del presidente dell’Eni.

L’interesse rinnovato per la figura di Enrico Mattei è espressione, oggi, di un orgoglio di politica nazionale da ritrovare in una figura che appartiene, tuttavia, non alla cultura di destra ma a quella della sinistra Dc presente in molte formazioni della Resistenza antifascista.

Una questione che può sovvertire schemi precostituiti e che obbliga a misurarsi sul ruolo da riconoscere alle grandi imprese controllate dal capitale pubblico e alla definizione di obiettivi condivisi di politica industriale.

Ma prima ancora, il riferimento alla storia di Mattei pone la questione dell’ancoraggio di ogni politica nei valori della Costituzione e quindi della dignità umana che ne costituisce il fondamento.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons