Pescomaggiore, un anno dopo

L’ecovillaggio autocostruito da alcuni terremotati abruzzesi ha fatto progressi. La strada fatta e quella da fare, tra progetti innovativi e mancate risposte da parte delle istituzioni
Ecovillaggio - Pescomaggiore

I lettori della rivista forse ricorderanno le case di paglia di Pescomaggiore: l’idea di un gruppo di terremotati abruzzesi che per la ricostruzione ha deciso di fare da sé, ricorrendo a una tecnica edilizia economica, rapida, a basso impatto ambientale. Così, mentre a L’Aquila e dintorni è ancora tutto fermo, loro possono contare su un tetto sopra la testa. Li avevamo lasciati con il cantiere ancora aperto e tanti buoni propositi per far rinascere il paese, soprattutto sotto il profilo economico e sociale: ma che ne è un anno dopo?
 
«La costruzione del villaggio è ormai ultimata – ci riferisce Antonio –: a giugno sarà abitabile l’ultima delle cinque case previste, e anche la vasca di fitodepurazione è ora funzionante». Case che hanno retto benissimo anche al rigido e nevoso inverno appena trascorso: «Con un metro di neve e una temperatura di -20 gradi all’esterno, dentro ci si stava benissimo: 20 gradi, e senza nemmeno accendere la stufa tutto il giorno». Determinante è stato e ancora sarà il sostegno dei volontari: «L’estate scorsa sono arrivati quelli del servizio civile nazionale – prosegue – ma anche quest’anno ne accoglieremo diversi, che non necessariamente arrivano tramite canali “strutturati”: spesso si iscrivono a Misa, l’associazione di volontariato di Pescomaggiore, soltanto una volta qui».
 
Ora che le case sono ultimate, il loro lavoro sarà prezioso soprattutto nei campi. Per affrontare la pressoché totale assenza di qualsiasi attività economica a cui avevamo accennato lo scorso anno, gli abitanti dell’ecovillaggio hanno avviato una serie di coltivazioni biologiche: dai frutteti, alla patata turchesa, al grano solina, al farro, fino al pregiato zafferano, i nostri aderiscono a vari consorzi di tutela delle varietà locali. L’anno scorso i buoni propositi in questo senso erano ostacolati dalla necessità di andare almeno fino ad Ancona per la lavorazione di questi prodotti: «Ora possiamo farlo nelle vicinanze – ci aggiorna Antonio –, e pensiamo di consorziarci con altri produttori locali per acquistare i macchinari necessari».
 
Prima, però, è necessario individuare un luogo per queste lavorazioni: e proprio la scarsità di infrastrutture – anche qui, come a L’Aquila, i lavori non ripartono – è l’ostacolo maggiore alla vita non solo economica, ma anche sociale del villaggio. Per questo gli abitanti hanno recentemente lanciato una petizione perché venga restituita all’uso collettivo la vecchia scuola del paese. Concessa dal comune in comodato d’uso alla provincia de L’Aquila nel 2008, avrebbe dovuto rientrare nel progetto “Albergo diffuso” dell’Unione europea: peccato che il progetto sia ormai chiuso e rendicontato, senza che se ne sia fatto nulla. Per questo viene chiesta «la restituzione dell’edificio all’uso collettivo del popolo di Pescomaggiore, al fine di agevolare la ricostruzione fisica, economica e sociale dell’abitato e della comunità». Petizione che è attualmente ancora in attesa di una risposta.
 
Tra le infrastrutture che invece funzionano c’è il forno del paese, in fase di sistemazione ai tempi della nostra visita: non è ancora stata avviata una produzione regolare di pane, ma è comunque a disposizione di chiunque si voglia cimentare per le necessità familiari. In sospeso resta invece la presa in carico del rifugio montano all’interno del Parco nazionale, altra questione ancora in attesa di risposta da parte delle istituzioni. Risposta che rimane comunque urgente: per quanto l’avvio delle produzioni biologiche abbia risollevato le sorti occupazionali del paese, non tutti gli abitanti hanno ad oggi trovato o ritrovato un lavoro.
 
Quello della rinascita di Pescomaggiore è un percorso ancora non concluso; ma i successi ci sono, tanto che questa frazione è stata recentemente scelta per un progetto pilota di pianificazione partecipata patrocinato dal comune de L’Aquila e dal Wwf: una serie di ricognizioni, questionari e incontri che portino a un progetto condiviso per la ricostruzione, individuando insieme le necessità e le problematiche da affrontare. Un laboratorio non solo edilizio, ma anche civile.
 

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